Siamo nel 1980 e la formazione degli Yes sta per ricevere uno dei tanti scossoni che la caratterizzeranno in futuro, l’uscita di più componenti della storica band.
In questo caso non sono certo due da poco, ovviamente stiamo sempre parlando degli Yes, e sono il cantante Jon Anderson ed il tastierista Rick Wakeman. Due artisti che avevano reso unico il sound del celebre combo progressivo albionico. Al loro posto arrivano il cantante e bassista Trevor Horn assieme al tastierista Geoff Downes, praticamente i Buggles di “Video Killed the Radio Star”, ma non durano più di quest’album, “Drama”, eccetto Downes che ritornerà negli anni 2000.
Il tastierista inoltre milita tuttora nella band in cui confluì dopo l’uscita dagli Yes, gli Asia, assieme allo storico chitarrista Steve Howe dato che gli Yes si sciolsero momentaneamente. Da ricordare che Horn decise di mollare la band per dedicarsi alla sua carriera di produttore discografico. La band propone un sound decisamente più ammorbidito rispetto agli standard progressivi, infatti viene accolto positivamente dai nuovi fan al contrario degli affezionati, anche se la copertina è opera del fido grafico Roger Dean. Detto questo diamo un’occhiata alle tracce che compongono “Drama”:
Machine Messiah: l’inizio è come un lento ed inesorabile avvicinarsi intervallato da picchi di synth e riff di Howe. Le tastiere poi introducono la voce di Horn. Voce che tenta, non poco, di imitare quella dello storico Jon Anderson. Il sound del resto del brano, dieci minuti, ricorda abbastanza gli Yes classici anche se si comincia ad intravedere quello che accadrà dopo a livello musicale e stilistico.
White Car: il sound degli anni ’80 è decisamente più marcato in questo breve pezzo, neanche un minuto e mezzo, ma sono comunque interessanti i piccoli interventi acustici di Howe.
Does It Really Happen?: il coinvolgente giro di basso ad opera del compianto Squire fa quasi scordare le atmosfere meno progressive della band in questo particolare periodo. I cori e le tastiere sono comunque da non perdere e la voce di Horn, checché se ne dica, qui dà veramente il suo meglio. Interessante anche il brevissimo intermezzo esclusivamente vocale, leggermente effettato, verso il quarto minuto.
Into the Lens: qui la chitarra lapsteel, nonché quella elettrica appositamente ricca di effetti, di Howe la fa da padrone assieme alla delicata intro tastiera – voce firmata Downes – Horn. La voce poi viene appositamente distorta dal vocoder di Downes mentre le chitarre di Howe distribuiscono riff a profusione.
Run Through the Light: synth ricchi di effetti e riverberi sono la base di questo pezzo regalando ulteriori virtuosismi verso la fine. Crescendo, cambi di tempo ed interventi spaziali regalano emozioni uniche!
Tempus Fugit: brano conclusivo del disco che esalta finalmente la vera natura degli Yes, quella progressiva. Cinque minuti serratissimi dove la chitarra di Howe, il basso di Squire e la batteria di White non lasciano scampo. Ascoltatevelo a tutto volume!
Giudizio sintetico: probabilmente non sarà tra i massimi capolavori degli Yes, ma è comunque un disco che merita almeno più di un ascolto
Copertina: delle pantere nere e degli uccelli bianchi corrono verso una spiaggia misteriosa alle cui spalle si ergono delle rocce monumentali. Un altro classico di Roger Dean.
Etichetta: Atlantic Records
Line up:
- Trevor Horn (voce e basso),
- Chris Squire (basso, cori e piano),
- Steve Howe (chitarre e cori),
- Geoff Downes (tastiere e vocoder)
- Alan White (batteria e cori)