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“Futura” e quella storia d’amore immaginata da Lucio Dalla

Ci sono canzoni che raccontano delle storie vere ed altre immaginate. Quest’ultimo è il caso di Futura, uno dei tanti diamanti grezzi di Lucio Dalla. Che suona come una speranza di vita e libertà, di coraggio e paura per un mondo oltraggiato e ferito.

Berlino 1979. Una città divisa da una cinta muraria che separava la parte Ovest dalla parte Est. Una “cortina di ferro” che spezzava, sia concettualmente che politicamente, l’Europa occidentale dal blocco orientale durante la cosiddetta “guerra fredda”. Una popolazione, quella di Berlino, lacerata e sfinita da quel braccio di ferro che non vedeva fine. Eppure qualcuno, dieci anni prima della sua caduta, ai piedi di quella distesa di cemento, aveva avuto la lungimiranza di immaginare una storia d’amore.

E’ stato Lucio Dalla che, seduto sulla panchina sul confine fra due culture, nei pressi del famoso Checkpoint Charlie – punto di controllo per i pochissimi privilegiati che potevano viaggiare tra le due zone di Berlino – scrisse una delle più belle e romantiche poesie che si ricordino. “Chissà, chissà domani…”, è questo l’inizio di Futura. Un incipit di speranza e vita. E’ l’anteprima del racconto di una nascita.

Il brano di Lucio Dalla è contenuto nell’album “Dalla” del 1980, uno dei più belli della discografia italiana, nato in un periodo congeniale all’artista che ha dato alla luce anche La sera dei miracoli eCara, per esempio. Come svelato dal cantautore bolognese in un’intervista, inizialmente il brano era una sceneggiatura per un film, divenuta successivamente una canzone.

Il testo di Futura nacque come una sceneggiatura, poi divenuta canzone. La scrissi una volta che andai a Berlino. Non avevo mai visto il Muro e mi feci portare da un taxi al Charlie Check Point, punto di passaggio tra Berlino est e Berlino Ovest. Chiesi al tassista di aspettare qualche minuto. Mi sedetti su una panchina e mi accesi una sigaretta. Poco dopo si fermò un altro taxi. Ne discese Phil Collins che si sedette nella panchina accanto alla mia e anche lui si mise a fumare una sigaretta. In quei giorni a Berlino c’era un concerto dei Genesis, che erano un mio mito. Tanto che mi venne la tentazione di avvicinarmi a Collins per conoscerlo, per dirgli che anch’io ero un musicista. Ma non volli spezzare la magia di quel momento. Rimanemmo mezz’ora in silenzio, ognuno per gli affari suoi. In quella mezz’ora scrissi il testo di Futura, la storia di questi due amanti, uno di Berlino Est, l’altro di Berlino Ovest che progettano di fare una figlia che si chiamerà Futura.»

Nel testo, gli scontri e le parole al veleno tra americani e russi passano in secondo piano. La paura lascia il posto all’ottimismo che un mondo più giusto e senza rancori possa davvero esserci. Che nessuna guerra è più forte dell’amore, di un amore tra due anonimi berlinesi, per esempio, pronti per farsi il più grande regalo: un figlio.

E se è una femmina si chiamerà Futura”.

Ed è proprio l’immagine di una nuova nascita e la fantasticheria di un nome particolare e impegnativo, che reca in sé la grande speranza di una popolazione e di una generazione che non vuole cedere il passo agli eventi storici, e quindi vuole lottare e amare, vivere e conquistare la libertà. Per questo motivo, la nascita di un figlio può essere visto anche come un riferimento metaforico per il raggiungimento di uno status di beatitudine che, in quel contesto storico, era lontano, quasi irraggiungibile.

Lucio Dalla

Non sappiamo se ci sia stata realmente uno storia d’amore divisa, dei sentimenti segreti tra una ragazza e un ragazzo tra “le due Brlino”. Ma senza dubbio possiamo dirvi che Futura rappresenta, ancora oggi, a distanza di 40 anni, un inno alla speranza di un mondo nuovo. Dove la “paura del domani” non può cancellarsi, ma può lasciare il posto a nuovi progetti di vita.

— Onda Musicale

Tags: Genesis, Lucio Dalla
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