In primo piano

Beatles: quella volta che minacciarono di non suonare se i neri non si fossero seduti vicino ai bianchi

I Beatles, quando tennero il concerto in Florida l’11 settembre 1964 al Gator Bowl di Jacksonville, avevano fatto un “out out” agli organizzatore: o la popolazione nera si sedeva accanto a quella bianca, oppure non avrebbero suonato. 

Una richiesta arrivata quando hanno saputo che il pubblico doveva essere segregato razzialmente. La politica di allora, era in contrasto con lo storico Civil Rights Act del 1964, che era stato firmato in legge dal presidente Lyndon Johnson a luglio, vietando la segregazione negli alloggi pubblici. Per il gruppo, fortemente influenzato dalla musica afroamericana, l’idea che i neri fossero divisi dai bianchi non gli andò a genio. Così, rilasciarono una dichiarazione cinque giorni prima dello spettacolo, in cui dichiaravano:

Non appariremo a meno che i neri non siano autorizzati a sedersi ovunque”.

La storia di questa netta presa di posizione dei Fab Four su una questione molto calda negli Stati Uniti – ancora oggi attuale – è stata raccontata nel documentario di Ron Howard del 2016 The Beatles: Eight Days a Week – The Touring Years.

Tutti loro, tra l’altro, erano molto enfatici su Jacksonville“, ha detto Larry Kane, un giornalista radiofonico che ha accompagnato la band nel suo tour estivo negli Stati Uniti del 1964. Ma nonostante il loro voler suonare in quel luogo, erano fermi sulla loro posizione di non voler suonare a quelle condizioni.

Da quel momento in poi, i Beatles chiesero per contratto un pubblico integrato. Nel 2011, ad esempio, nel contratto del loro concerto del 1965 al Cow Palace di San Francisco una clausola recita: “Gli artisti non saranno tenuti a esibirsi davanti a un pubblico separato“. La dottoressa Kitty Oliver, che faceva parte della comunità nera e che ha assistito al concerto in Florida da adolescente, ha ricordato quella serata. Lei, come molti altri, era ignara che il gruppo avesse chiesto che la folla fosse integrata, si aspettava di essere seduta in una sezione separata senza una buona visuale.

Invece, ha scritto:

La stanza si è gelata mentre camminavo in un mare di facce bianche. Mi sono seduta con i gomiti stretti, per non toccare accidentalmente un bianco”.

Il concerto filò liscio, senza scontri tra culture e incidenti tra bianchi e neri. Tuttavia, gli spettatori e i Fab Four dovettero fare i conti con una minacci, se vogliamo, ancora più pericolosa: l’uragano Dora. Il maltempo e la tempesta in arrivo e che minacciava tutta l’area di Jacksonville, non solo fece ritardare l’arrivo dei Beatles sul luogo del concerto, ma costrinse 9 mila dei 32 mila possessori di biglietti a rimanere a casa.

Durante le proteste di Black Lives Matter del 2020, Paul McCartney ha ricordato quell’evento.

Nel 1964 i Beatles avrebbero dovuto suonare a Jacksonville negli Stati Uniti, e abbiamo scoperto che ci sarebbe stato un pubblico separato. Sembrava sbagliato. Abbiamo detto: ‘Non lo stiamo facendo!’ E il concerto che abbiamo fatto è stato per il primo pubblico non segregato. Poi ci siamo assicurati che fosse nel nostro contratto. A noi sembrava buon senso”.

Ringo Star ha ritwittato il messaggio di McCartney e ha aggiunto:

Come ha detto mio fratello Paul, i Beatles sono sempre stati per uguali diritti e giustizia, e da allora non ho mai smesso di lavorare per la pace e l’amore. Mando la mia pace, il mio amore e il mio sostegno continuo a tutti coloro che marciano e parlano per la giustizia e un mondo migliore”.

— Onda Musicale

Tags: The Beatles, Paul McCartney, Ron Howard
Sponsorizzato
Leggi anche
All Things Must Pass: la transitorietà delle cose terrene secondo George Harrison [Prima Parte]
Il Kent e Canterbury: il magico mondo dei Caravan