Conosciamo tutti il valore di Andy Summers come chitarrista. Che si tratti dei suoi riff chitarristici al servizio del sound dei Police o dei suoi lavori solistici, a volte da solo, a volte con compagni di viaggio dell’importanza, per esempio, di “un certo” Robert Fripp o, ultimamente, in coppia con Robert Giles nel suo ultimo progetto: i Circa Zero.
Decisamente meno conosciuta ai più è, invece, la sua bravura e la sua passione come fotografo, anche se in realtà Andy si occupa di fotografia praticamente da sempre.
Abbiamo avuto l’occasione di incontrarlo presso la Leica Galerie Milano, proprio a due passi da Piazza del Duomo. Ecco cosa ci ha raccontato, nei pochi minuti a nostra disposizione, della sua passione per la musica e per la fotografia.
«Più vado avanti nella mia vita e più le due cose viaggiano parallele. Metto la stessa sensibilità nei due mondi e, in fondo, cerco di trasmettere le stesse cose utilizzando i due diversi strumenti. Ho iniziato a fotografare “ufficialmente” nel 1979. Quando eravamo in tour con i Police eravamo letteralmente circondati da fotografi e ho iniziato ad appassionarmi. Ho comprato una Nikon e sono diventato ossessionato dalla fotografia in pochissimo tempo. Poi ho scoperto le Leica che sono diventate il mio strumento preferito. Dopo non ho mai usato nient’altro. In realtà, già quando avevo 14 o 15 anni ero affascinato dalla fotografia e, d’estate, facevo qualche lavoro come fotografo, ritraendo bambini o ragazze in spiaggia. Un’altra importantissima influenza, che mi ha portato ad amare in particolar modo la fotografia in bianco e nero sono stati i film del neo-realismo italiano ed europeo: Fellini, Pasolini, Antonioni, Godard. Da adolescente ero particolarmente coinvolto da quel periodo, che è stato così importante per la filmografia artistica e così emozionante per me. Così, credo che il mio modo di fotografare e di utilizzare l’immagine monocromatica sia proprio un modo per ricreare le emozioni che quei film mi hanno trasmesso. Per me la fotografia è in bianco e nero. La foto a colori è bellissima, è molto illustrativa, ma è il bianco e nero quello che mi emoziona sempre di più».
Perché hai voluto chiamare questa tua ultima mostra: Mysterious Barricades?
«Il nome originalmente viene da un lavoro di François Couperin (ndr. Les Baricades Misterieuses, una composizione per clavicembalo scritta nel 1717) ed è il titolo del mio primo disco solista, realizzato dopo i Police. È stata mia moglie a suggerirmi di riutilizzarlo dato che, spesso, il carattere delle mie fotografie porta il pubblico a chiedermi cosa rappresenti quella foto o, ancora, come sia stata scattata quell’altra immagine. In effetti, le mie foto sono spesso enigmatiche a volte un poco misteriose ed è la cosa che mi piace, anche nella mia musica. Qualcosa di ambiguo che ti costringa a pensare, che non sia di così facile fruizione, che ti stupisca».
Hai realizzato tantissimi dei tuoi scatti a Shanghai. Cosa ti ha colpito maggiormente di quei posti?
«Sono stato parecchie volte in Cina e a Shanghai e mi ci trovo sempre molto bene. Mi sento a mio agio quando sono là. Anche se scopro di essere ancora in giro a ore tarde, mi sento sempre tranquillo. Shanghai mi piace in maniera particolare. È un posto così moderno e sofisticato e il cibo poi… È incredibile il salto che hanno fatto, da una cultura comunista a una realtà così consumista e affamata di novità. Mi piace vedere come la Cina stia ritornando importante. Dopo le distruzioni operate dalla rivoluzione culturale come tutta la potenza della loro incredibile cultura stia ritornando a galla. La Cina è veramente incredibile e i cinesi sono un popolo eccezionale. Hanno attraversato questi trenta, quarant’anni di ammodernamento caotico, ma adesso stanno veramente esprimendo sempre più tutta la loro potenza ed è veramente difficile girare per la Cina senza essere continuamente colpiti da qualcosa di bello».
Anche in Italia hai realizzato molte bellissime foto.
«Sì, e infatti anche adesso me ne andrò a Roma per un po’ di tempo. Roma è un altro posto dov’è impossibile non rimanere costantemente impressionati da quello che si vede attorno. Credo di poter dire che Roma sia veramente la mia città preferita».
A questo punto abbiamo iniziato a parlare di musica, ma di questo vi racconterò più avanti.
di Pippo Panenero
(tratto da www.strumentimusicalinews.it)