15 dicembre del 2019. Sull’account Instagram dei Red Hot Chili Peppers compare un post destinato a far felice i loro fan in tutto il mondo: John Frusciante, storico ex chitarrista, rientra nel gruppo, prendendo il posto di Josh Klinghoffer, che ne aveva preso dignitosamente il posto dieci anni prima.
Non è la prima volta che Frusciante esce e rientra nei RHCP. Dal 1988, anno dl suo ingresso nel gruppo, John instaura una vera e propria simbiosi con il bassista Flea (che meriterebbe una rubrica a parte), che risulta subito determinante per la costruzione del caratteristico sound funky della band. Interrompe la sua collaborazione nel 1992, per problemi di dipendenza da stupefacenti e per le difficoltà a sostenere la popolarità raggiunta dal gruppo, venendo sostituito da Dave Navarro.
Dopo un periodo di riabilitazione, rientra nel 1998, collabora alla lavorazione di Californication, l’album in assoluto più venduto dal gruppo e a tutti gli altri successi dei Red Hot fino al 2009, quando abbandona nuovamente il gruppo, per seguire dei progetti solistici. L’ultimo rientro avrebbe dovuto coincidere con il tour mondiale dei Red Hot Chili Peppers del 2020, che comprendeva una data italiana a Firenze, ma che è stato sospeso per la pandemia da COVID-19.
Ora che Frusciante è finalmente rientrato, cerchiamo di comprendere quegli aspetti stilistici che lo hanno reso così popolare: lo stile dei RHCP è legato indissolubilmente alla vena creativa del suo chitarrista storico, tanto che chi ha provato a sostituirlo nella band ha faticato (e alla fine ha rinunciato) a imporne uno proprio.
Nonostante tutto, molti ritengono Frusciante un chitarrista sopravvalutato, accusandolo di produrre musica troppo semplice, a differenza di altri ipertecnici mostri delle sei corde. In effetti, da questo punto di vista, Frusciante è un musicista che non fa nulla di più di ciò che è funzionale al pezzo che sta suonando: mai lo sentirete cimentarsi in assoli barocchi alla Yngwie Malmsteen, ad esempio. Più probabilmente avvertirete alcune imprecisioni nei suoi riff, ma è proprio questa apparente imperfezione che rende inconfondibile il suo sound, fatto di passionalità e istinto.
Nello stile di John Frusciante è evidente l’influenza del lavoro di Jimi Hendrix. La plettrata è forte ed aggressiva, mentre la pressione sul manico è quasi impercettibile, in confronto. Il risultato è un suono sporco e grezzo, fatto di bending fuori tono, una tecnica che Frusciante usa spesso e che consiste nell’arrivare lentamente alla nota esatta, tirando le corde verso l’alto, dando ai brani una sensazione di sospensione. L’intro del brano Give it away fa ampio uso di questa tecnica.
Un altro elemento fondamentale dello stile di Frusciante è l’uso della chitarra come uno strumento ritmico, necessario ad una band che fa del funk la sua cifra stilistica principale: non è infrequente sentirgli battere il tempo sulle corde mutate, alternando questa tecnica ad accordi o a fingerpicking. Nel complesso, Frusciante è un chitarrista che ha esplorato molto le possibilità dello strumento, spaziando dal rock più duro a melodie dolcissime e orecchiabili.
Se volessimo ritrovare nei brani dei RHCP le varie sfumature dello stile di Frusciante, ne proponiamo tre che possono fare al caso nostro. Il primo è Dani California, tratto da Stadium Arcadium. Qui la ritmica funky in avvio di brano evolve in un assolo finale decisamente hard rock, in cui emerge il suono grezzo di Frusciante. Sulla stessa linea, forse in maniera anche più coinvolgente è Don’t Forget Me, che qui proponiamo in versione live. Il brano si regge sul suono sporco e cattivo di Frusciante, e sul giro potente e sincopato del basso di Flea.
Se invece vi interessa esplorare un risvolto più melodico ed essenziale, vi suggerisco l’assolo di Scar Tissue tratto dall’album Californication, efficace quanto privo di fronzoli. Il lato più funky e ritmico, invece, regge quasi tutto l’album Blood Sugar Sex Magik, del 1991, considerato uno dei capolavori del gruppo californiano.