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Il Balletto di Bronzo, storia di una band di culto del progressive

Il Balletto di Bronzo è un complesso napoletano dalle mille vite, reso di culto dal loro breve periodo prog. Dopo un esordio interessante ma che risente ancora dell’impronta beat, YS del 1972 assurge da subito allo status di cult. Questa è la loro storia.

In quell’incredibile calderone creativo della musica italiana di fine anni Sessanta sono tante le correnti che si intrecciano. Il beat vive gli anni di massimo splendore coi successi di Equipe 84, Camaleonti e Dik Dik; il pop propone grandi personaggi come Adriano Celentano e Mina. La musica d’autore, tra la raffinata scuola genovese e gli arrangiamenti orchestrali di Ennio Morricone, sta per dare la stura al fenomeno del cantautorato.

Sono tempi frenetici e le influenze che arrivano dall’estero cambiano le carte in tavola continuamente; specialmente la Gran Bretagna guida le tendenze mondiali. Dal beat si passa così velocemente attraverso il blues, l’hard rock, la psichedelia e il nascente rock progressivo. Tra quei complessi in continua mutazione, tra cantine e piccoli locali, ce n’è uno napoletano; si fanno chiamare i Battitori Selvaggi.

Il gruppo è guidato dal chitarrista Raffaele Cascone; con lui ci sono Michele Cupaiolo al basso, Marco Cecioni alla voce e Giancarlo Stinga alla batteria. Di lì a poco Cascone lascia per diventare D. J. e avrà successo col programma radiofonico Per Voi Giovani. In ossequio ai continui rimescolamenti dell’epoca, arriva Lino Ajello, ruvido chitarrista dei Volti di Pietra, altra band partenopea.

Stabilizzatosi come quartetto, il complesso decide di darsi un nome più accattivante. La scelta cade su un dipinto di Edward Wadsworth del 1940, esposto alla Tate Gallery di Londra. L’opera è intitolata Bronze Ballet, Il Balletto di Bronzo.

Bronze Ballet, il dipinto da cui la band prese il moniker

Per l’etichetta ARC, la band esce con due singoli che mescolano atmosfere tardo beat con un rock più ruvido e grezzo, grazie soprattutto alla chitarra di Ajello. Neve Calda/Cominciò per Gioco è del 1969, Sì, mama mama/Meditazione dell’anno dopo.

Nel 1970, stavolta per la più prestigiosa RCA, Il Balletto di Bronzo incide il primo album. L’esordio è intitolato Sirio 2222 e rispecchia in pieno il momento di transizione del rock italiano; di impianto sostanzialmente beat, propone suoni duri, debitori al coevo hard rock di matrice inglese. La chitarra di Ajello suona grezza e sciorina fraseggi blues raramente sentiti in un disco italiano.

La produzione è minimale, per non dire artigianale, ma efficace; la voce di Cecioni risulta non del tutto matura ma molto particolare. I testi inneggiano quasi sempre a una blanda controcultura, tra hippie e surrealismo. Un posto apre le danze con un hard rock nuovo per il periodo, Eh eh ah ah parte acustica e decolla verso lidi psichedelici, con uno stile un po’ alla Led Zeppelin. E proprio alla band del dirigibile si ispira in parte anche Neve Calda, che ricorda a tratti Communication Breakdown.

Ma ti aspetterò è di nuovo divisa tra blues e hard psichedelico, mentre Meditazione chiude il primo lato con una ballata a tratti un po’ melensa. Il break centrale offre squarci di rock e gli archi preludono a certi lavori prog che arriveranno di lì a poco. Il secondo lato propone ancora atmosfere hard all’inglese. Si segnala la lunga e minacciosa Incantesimo, dal testo quasi fantasy. Ti risveglierai con me, altro rock sostenuto, è invece scritta in collaborazione col grande Piero Umiliani.

La canzone viene inclusa nel cult movie di Mario Bava Cinque Bambole per la Luna d’Agosto, dando ulteriore risalto alla band.

È però la mini-suite Missione Sirio 2222 il pezzo che più impressiona all’epoca, coi suoi cambi di ritmo e di atmosfera; è un vero assaggio di quello che il prog offrirà di lì a qualche mese. Sirio 2222 è comunque un lavoro eccezionale per l’epoca, vario e ben suonato. La rivista Rolling Stone, nella sua immancabile classifica, lo posiziona 64mo tra i dischi italiani di tutti i tempi.

Il pubblico, però, complice una distribuzione non certo ottimale, ignora quasi del tutto il lavoro. La RCA non rinnova il contratto e per Il Balletto di Bronzo paiono arrivare tempi cupi. Nel frattempo, però, da una band concittadina, arriva un nuovo tastierista. Il complesso è quello chiamato Città Frontale, da cui nasceranno gli Osanna; il musicista è Gianni Leone, istrionico fuoriclasse dei tasti bianchi e neri.

Forte di una tecnica strabiliante – le sue mani sono completamente indipendenti tra loro – e di una vocalità particolare, Gianni ribalta le dinamiche del complesso.

Con una presenza scenica dirompente e una forte personalità, Leone porta Il Balletto di Bronzo in pieno territorio progressivo. Il primo risultato è che Cupaiolo e Cecioni abbandonano, con quest’ultimo che emigra in Svezia.

Mentre Leone e Stinga collaborano anche a I mali del Secolo di Adriano Celentano, facendosi un nome come turnisti, arriva un nuovo bassista; si tratta del romano Vito Manzari, proveniente da Quelle Strane Cose Che e di impostazione jazzistica. Passati alla Polydor, i ragazzi de Il Balletto di Bronzo incidono YS, uno dei capolavori indiscussi del prog italiano.

YS è un concept album, incentrato su un racconto medievale francese. L’Histoire d’Ys, opera di origine celtica, narra l’angosciante vicenda dell’ultimo uomo sulla terra. La Polydor affida la produzione a Detto Mariano, che lascia mano libera ai musicisti che ben conosce; tre coriste femminili, con interventi stranianti ma perfettamente organici, completano il progetto. Una di loro è Giuni Russo.

L’atmosfera visionaria del concept è resa alla perfezione dalla band; il talento di Gianni Leone, che mischia prog, jazz e musica classica, fa da collante col resto del gruppo.

La chitarra di Ajello incide profondamente coi suoi abrasivi break, mentre la ritmica pompa in modo ossessivo e quasi opprimente. La voce di Leone, molto particolare, non è apprezzata da tutti, ma risulta molto espressiva e adatta al tema angosciante.

Il disco – specie se paragonato a Sirio 2222risulta ostico; a tratti la totale assenza di melodia e le atmosfere claustrofobiche lo rendono di difficile ascolto. Tuttavia, YS è forse il risultato più originale dell’intero movimento progressivo italiano; senza dimenticare che nel 1972 l’ondata del prog era praticamente all’inizio.

YS viene sostenuto da un adeguato battage pubblicitario, anche se la distribuzione è zoppicante. Non vende molto ma Il Balletto di Bronzo diventa comunque la band sulla bocca di tutti. Suonano al Davoli Pop a Reggio Emilia, al Be-In di Napoli e a Controcanzonissima, manifestazione organizzata dalla rivista Ciao 2001. Gianni Leone, inoltre, è un personaggio che fa parlare di sé sempre e comunque.

Il momento per la band napoletana pare buono, la Polydor vuole subito produrre un terzo album per sfruttare l’onda virtuosa di YS. Come usa all’epoca tra i grandi gruppi inglesi, il complesso affitta un cascinale di campagna per vivere assieme e preparare il disco. L’affiatamento sperato, invece, non arriva; anzi, in breve tempo le tensioni interne si acuiscono e il gruppo si scioglie.

Leone, in dichiarazioni più recenti, ricorda il periodo come momento di grande creatività ma anche di paurosi eccessi e poca lucidità.

Il cascinale di San Martino Monte L’Abate finisce per essere il luogo della fine de Il Balletto di Bronzo. C’è ancora il contratto con la Polydor da onorare e ci pensano i soli Leone e Stinga; a nome del gruppo pubblicano due singoli, La tua Casa Comoda e Donna Vittoria. Sono brani che replicano solo in parte le magiche atmosfere precedenti. Donna Vittoria – curiosità – era il nome della moglie di Giovanni Leone, Presidente della Repubblica.

Il Balletto di Bronzo è imploso sotto la forza della sua stessa creatività. Gianni Leone va a cercare fortuna in America e in parte la trova; nel 1977 incide Vero a New York, col nome di LeoNero e bissa con Monitor nel 1980, registrato a Los Angeles.

Ajello e Stinga seguono le orme di Cecioni in Svezia, dove aprono uno studio di registrazione a Stoccolma. Lo Studio Hulman ha buon successo e negli anni Ottanta viene utilizzato da Roxette e Europe.

Nel 1990 la rivista spagnola Raro! pubblica Il re del Castello, album con rarità e alcuni pezzi incisi in spagnolo. Dalla fine degli anni Novanta Il Balletto di Bronzo torna a pubblicare e a tenere concerti con diverse formazioni, spesso all’insegna di un po’ di confusione. Nel ’99 esce Trys, live col solo Leone delle formazioni storiche; nel 2016 è la volta di Cuma 2016 D.C, disco di robusto hard rock registrato dai redivivi Cecioni e Ajello, con l’onnipresente Leone come ospite.

Le due band continuano a coesistere, testimonianza vivente di un periodo di creatività irripetibile per il rock italiano.

— Onda Musicale

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