Il duo statunitense degli Everly Brothers, i fratelli Don e Phil, resta indimenticabile per il contributo alla musica rock e folk e l’eredità lasciata alle generazioni future che vi si sono ispirati nel tempo.
Ventuno album registrati in studio dal debutto nel 1956 al 1973 e innumerevoli concerti dopo una pausa decennale fino al 2014 quando il 3 gennaio viene a mancare Philip con il cordoglio dei molti estimatori: stile, musica e armonie vocali hanno indirizzato cantautori come Paul Simon e Art Garfunkel, Neil Young, gli stessi Beatles verso la ricerca di suoni autentici. I loro brani sono sognanti, eleganti, mai banali, persino impegnati dietro armonie apparentemente facili e ottimiste.
Country rock/Folk rock
La critica li colloca nello scaffale del genere country rock e folk rock, da cui indubbiamente partono e che risuonano nell’album del 1958 “Songs our daddy taught us”. Come tutti i musicisti si evolvono per esplorare nuove sonorità che diventano a loro volta spunto per declinazioni di genere come il rockabilly e persino il rock psichedelico. I migliori album del duo sono probabilmente quelli che si concentrano nel biennio del 1966 – 1968 anche se non immediatamente colti dal pubblico e dalla critica, perché in quegli anni erano messi in ombra dall’emergente e sferzante musica proveniente dal Regno Unito; eppure proprio da quegli album si percepisce il nuovo indirizzo che prenderà la loro musica, ma anche quella dei vicini anni ’70 che determineranno il ritiro dalle scene degli Everly.
Gli album che vale la pena rispolverare e rivalutare sono: The Hit Sound Of The Everly Brothers, The Everly Brothers Sing e Roots che sono stati riuniti nel triplo CD “Down In The Bottom: The Country Rock Sessions 1966-1968”, pubblicato nel 2020.
The Hit Sound of Everly Brothers
Il primo dei tre album del triplo CD fu pubblicato nel 1967 con session registrate nel 1966: è una collezione antologica di cover scelte dal duo e rivisitazioni di brani più o meno noti. Il produttore era Dick Glasser e vi parteciparono molti altri musicisti, come i membri della Wrecking Crew, tra cui Terry Slater e Glen Campbell. Nonostante l’album non riscontrò il successo sperato, è pieno di brani dagli arrangiamenti sofisticati e il riconoscibile trademark delle loro armonizzazioni vocali come Oh Boy!, Sea of heartbreak, Trains and Boats and Plains cover di Burt Bacharach, The House of the rising Sun. Nell’album, però, vi sono anche brani scritti da altri autori per i fratelli come Devil’s Child, sull’onda delle sonorità beatlesiane e She never smiles anymore scritta da Jimmy Webb.
The Everly Brother “Sing”
Sing è l’album del 1967 prodotto sempre da Glasser, ma con un taglio sul contributo esterno fatta eccezione del chitarrista James Burton, che all’epoca era il musicista di Elvis Prestley. Don e Phil si proiettano verso sonorità più rock, brillanti e “psichedeliche” rispetto al loro stile. Tra i brani che balzano all’attenzione c’è Bowling green, scritto da Terry Slater e Jacqueline Ertel. Slater in quegli anni era il bassista del duo nei concerti e contribuì alla stesura di quasi la metà dei brani contenuti in questo album, tra cui A voice within con un sound chiaramente influenzato dalle band britanniche del tempo, e le rockeggianti Talking to the flowers e Mary Jane. I brani composti dai fratelli portano il loro marchio e la loro tempra anche nel testo, come l’orecchiabile I don’t want to love you e la ballad It’s all over.
Anche in questo album, il duo introduce delle cover rivisitate alla loro maniera come Deliver me di Danny Moore in una versione più ritmata e coinvolgente e la cover di Somebody help me del gruppo di Steve Winwood, Spencer David Group. Particolarmente interessante è la scelta del duo di rivisitare il brano A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum e Mercy Mercy Mercy di Joe Zawinul.
Roots
Il terzo album che compone il triplo CD è Roots del 1968, forse quello che rappresenta meglio la svolta musicale del duo negli anni del fermento musicale. Continua la collaborazione con Terry Slater e altri membri della Wrecking Crew, mentre la produzione è affidata a Lenny Waronker che qualche anno più tardi sarà uno dei produttori più richiesti sul mercato discografico, così come lo stesso Slater che diventerà un raffinato talent scout negli anni ’80. L’album Roots contiene solo un brano inedito scritto dai fratelli: I wonder If I care as much, un esperimento verso un sound più distante dal country che può piacere o meno all’ascoltatore tipo degli Everly Brothers così come il brano scritto da Venetia Stevenson – all’epoca la moglie di Don – dal titolo living too Close to the ground. L’album, quindi, è ancora una volta una raccolta di cover e di grand i classici della musica folk e country statunitense con alcuni brani scritti da terzi come l’inedito Illinois di Randy Newman.
Anche “Roots” non ottenne il successo sperato e gli Everly Brothers – a parte alcune sporadiche esperienze da solisti – pubblicarono dopo il 1968 altri 5 album: due negli anni ’70 e tre negli anni ’80; eppure riascoltare i loro brani permette di capire e gettare una luce nuova su tanti brani di successo proprio nei decenni successivi.

Ciascuno degli album contenuti nel triplo CD contiene tracce bonus, demo e altre chicche da riscoprire, un motivo in più per rivalutare il duo e capire meglio da dove proviene ciò che si ascolta oggi.
(a cura di Annalisa Maurantonio)