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Bobbie Gentrie, come scomparire completamente o quasi

Qualcuno la ricorderà per la sua folta chioma di capelli neri, oppure come Jimmie Heskell l’arrangiatore dei suoi più grandi successi, come la ragazza dalle gambe bellissime, del resto Bobbie era davvero una bella ragazza del profondo sud degli Stati Uniti proveniente da quel Delta del Mississipi che ha dato alla luce tanti bluesman, folk singer e jazzisti di prim’ordine.

Difficile che qualcuno la ricordi come Roberta Lee Streeter, il suo vero nome e poco meno difficile che qualcuno la ricordi con il suo nome d’arte Bobbie Gentry se non perché pochi giorni fa la ragazza di un tempo ha festeggiato i suoi settantasette anni. Roberta Lee Streeter è infatti nata il 27 luglio 1944 nella Contea di Chikasaw proprio lì tra i fiumi Tallahatchie e lo Yazoo che si getta poi nel Padre delle acque (Meschacebé) che è il Mississipi. Proprio lì dove la giovanissima Bobbie Gentry ambientò la vicenda narrata nella canzone Ode to Billy Joe che rappresenta il suo più grande successo commerciale. Talmente grande da spodestare, il 26 agosto del 1967, persino All you need is love dei Beatles dalla posizione numero uno delle classifiche statunitensi. La traccia rimase per quattro settimane alla prima posizione di Billboard hot 100 e terza nella classifica annuale di Billboard per l’anno 1967.

Grammy Awards

Successo che le fece vincere i Grammy award per Best Pop Vocal Performance, Female, Best Solo Vocal Performance, Female and Best New Artist nel 1968. Un successo mondiale, tre milioni di copie vendute, e un film omonimo, nel 1976, diretto e prodotto da Max Baer Jr. con la sceneggiatura di Herman Raucher. Del resto la storia, decisamente tragica, ben si presta ad una trasposizione cinematografica.  Narra della reazione di una famiglia rurale del Missisipi alla notizia del suicidio di Billy Joe McAllister, un ragazzo del luogo, e dell’indifferenza e del fatalismo della gente.

Al singolo fece seguito l’omonimo LP che spodestò, ancora una volta, i Beatles di Sgt. Pepper’s Lonely hearts club band, dalla classifica degli Stati Uniti. Ma al di là del valore limpido della canzone, della sua esecuzione magistrale, la Gentry aveva una voce morbida, all’occorrenza profonda e capace comunque di una estensione non indifferente, il singolo e l’LP rappresentano una sorta di pietra miliare nella storia della musica pop proprio perché Bobbie Gentry è stata una delle prime musiciste a scrivere, suonare e produrre la propria musica.

Non è stato facile. È ancora più difficile quando si parla di una bella donna. La bellezza sembra escludere l’intelligenza, il che è ridicolo”.

Molte delle artiste dei suoi tempi erano cantanti, ma Bobbie aveva qualcosa da dire, non poteva accontentarsi di cantare canzoni altrui

Le sue canzoni sono dei quadri viventi, in cui la narrazione attinge dalla vita privata, personale dell’autrice, innervata di miseria e ricchezza, di noia e voglia di emergere, di passione e amore per la musica. Lascio ad ognuno il piacere di andare a scoprire i cenni biografici facilmente rintracciabili in rete. Ma è certo che questa ragazza aveva un talento cristallino.

A questo singolo e al primo LP omonimo faranno seguito altri cinque LP che non riusciranno a riscuotere pari successo, anche se per esempio a proposito del secondo album The delta sweete pubblicato il 5 febbraio del 1968, su CASHBOX, la famosa rivista musicale, scrissero

Bobbie Gentry sopravvissuta all’uragano dovuto al successo del primo album, con questo The delta sweete si supera, perché è ancora più bello del primo”.

La scrittura di Gentry rivela una efficace compositrice di ballate ed una magistrale ritrattista della vita della regione del Delta del Mississipi

Eppure le vendite non raggiungeranno minimamente i numeri del precedente e come i suoi album successivi, eccezion fatta per quello realizzato sempre nel 1968 con Glen Campbell Bobbie Gentry and Glen Campbell, ognuno dei quali meriterebbe una lunga escursione, finirà più o meno dimenticato. Almeno fino a qualche anno fa quando ci pensarono i Mercury Rev a riscoprire Bobbie Gentry e a reinterpretare l’intero album.

«Bobbie Gentry’s The Delta Sweete Revisited», così si chiama il disco, non una banale rilettura e nemmeno una malinconica appendice ma una piccola metamorfosi, che gioca proprio sul chiaroscuro tipico dell’originale. Ciascuna delle undici tracce del disco originale è qui reinterpretata, riarrangiata e cantata da diverse interpreti del calibro di Hope Sandoval, Norah Jones, Laetitia Sadler, Beth Orton e Lucinda Williams alla quale è affidato l’impervio compito di cantare il brano, il dodicesimo, per eccellenza di Bobbie Gentry, appunto Ode to Billy Joe.

Molto più di un omaggio, la consacrazione di un’artista che malgrado la qualità delle canzoni scritte, degli arrangiamenti e della personalità stessa della Gentry non verrà più baciata dal successo delle vendite

Nemmeno per album quali Fancy del 1970 (registrato nei leggendari FAME Studios di Muscle Shoals del produttore Rick Hall) anticipato dal singolo omonimo che racconta della eroina di questa storia, Fancy appunto al compimento dei diciotto anni, e della madre che la incoraggia a entrare nel mondo della prostituzione per sfuggire alla povertà. Nemmeno il suo ultimo album Patchwork del 1971, probabilmente quello che aveva più a cuore perché era quello interamente scritto e prodotto da lei stessa, riscuoterà il successo di vendite sperato.

Cura maniacale dei dettagli

Ma Bobbie Gentry, che era abituata a curare ogni aspetto della propria carriera, compresi i suoi spettacoli sui palcoscenici di Las Vegas, per i quali contribuiva alla creazione dei costumi, come delle coreografie, non si lasciò certo andare allo sconforto. Gentry non è solo una bella donna, non è solo una musicista, polistrumentista diplomata alla UCLA di Los Angeles, è anche una intelligente imprenditrice, di sé stessa innanzi tutto. Capace di cogliere il vento del successo per spiccare il volo, non solo come cantante. A lei già nel 1968 la BBC affidò la conduzione di un varietà televisivo e non sembri cosa da poco, nessuna donna all’epoca aveva avuto una tale possibilità. Al tempo stesso, tra un matrimonio lampo e l’altro (ne ha avuti tre, il primo con il magnate dei Casinò di Las Vegas Bill Harrah durato solo quattro mesi, il secondo durato un paio d’anni con Thomas Toutant e il terzo tra il 1978 e il 1980 con Jim Stafford con il quale ebbe anche un figlio Tyler Gentry Stafford), già dal 1971, cessato il contratto con la Capitol Records, si esibirà sui palcoscenici di Las Vegas, Reno, Canada e Sidney in Australia.

Dal 1974 sarà la regina indiscussa della “strip” di Las Vegas

Al punto che nel 1976, grazie anche alle sue abili capacità imprenditoriali, strapperà un contratto ricchissimo alla Hughes organization, due milioni di dollari per sedici settimane di lavoro in due anni. Di quegli anni sono anche i pettegolezzi, alimentati ovviamente dai giornali scandalistici ai quali la Gentry farà causa, circa una relazione con Elvis Presley, ipotizzando addirittura che quest’ultimo fosse il vero padre dell’unico figlio avuto da Bobbie Gentry. Pettegolezzi a parte, la lunga stagione di successi professionali, anche se dimentica delle classifiche di vendita, dimostrò ancora una volta la genuinità del talento di Bobbie Gentry, non solo come cantante o compositrice, produttrice dei propri dischi, ma anche come entertainer. Almeno fino al 1978 quando il suo show “Southern nights” portato sul palcoscenico dell’Aladdin di Las Vegasincasserà per la prima volta delle critiche negative persino da parte di Variety che precedentemente aveva sempre esaltato i suoi shows nei quali si era rivelata come un’artista completa. Probabilmente più che un difetto di genuinità o di completezza dello spettacolo e della sua creatrice, questo parziale insuccesso è solo il segno dei tempi che stavano cambiando a Las Vegas e non solo.

La decisione di ritirarsi

La strip era cambiata, Elvis Presley era morto e la regina della strip era convolata a nozze con il suo terzo marito, era diventata madre e deciderà, appena trentottenne, di sparire dalla circolazione, di ritirarsi a vita privata, senza lasciare di sé molte tracce. Se non l’eco dei suoi spostamenti, da Las Vegas a Los Angeles, da Savannah in Georgia a Memphis. La memoria di qualche progetto discografico mai giunto a realizzazione. Avrà certamente accolto con piacere la riscoperta delle sue canzoni che con il lavoro dei Mercury Rev hanno trovato nuova linfa e nuovo interesse da parte del pubblico.

Recentemente è stato pubblicato un box antologico contenente l’intera produzione di Bobbie Gentry, comprese le registrazioni di un album jazz andato smarrito e che è stato dato alle stampe, proprio poche settimane fa, anche separatamente con il titolo The windows of the world, un modo come un altro per rinnovare il piacere di ascoltare una voce unica e inconfondibile o per ritardare il più possibile il desiderio di scomparire completamente.

Piccole pillole non divorate dall’oblio
  • Il nome d’arte Gentry è preso dal film Ruby Gentry del 1952 visto in televisione. Nel film Ruby (interpretata da Jennifer Jones) era una povera ma bella ragazza di campagna che finisce per sposare il magnate della città.
  • In Italia Paola Musiani cantò una versione italiana, molto fedele nel testo tradotto da Mogol, di Ode to Billy Joe.
  • Nel 1968 Bobbie Gentry partecipò al Festival di Sanremo portando con Al Bano la canzone La siepe.
  • In rete, oltre a notizie e pettegolezzi, si può trovare il video di un duetto con Bobby Darin. Al di là dell’abbigliamento della nostra Bobbie Gentry, il video mostra la classe dei due cantanti ed è un piccolo gioiello di eleganza.
  • La pagina originale con il testo di Ode to Billie Joe è stata donata all’Università del Mississipi, dove sono custoditi, tra gli altri, i lavori di Tennessee Williams e William Faulkner.

(a cura di Massimo Turtulici)

— Onda Musicale

Tags: Mogol, Elvis Presley, The Beatles, Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band
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