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Eddie Vedder e la preghiera per l’amico Chris Cornell

18 maggio 2017: il mondo viene a conoscenza della scomparsa di Chris Cornell, icona e leggenda di un movimento talmente grande da schiacciare sotto il proprio peso gran parte dei suoi protagonisti: il grunge.

Rientrato in hotel dopo un concerto a Detroit, Cornell si toglie la vita nel bagno della sua suite. Ai funerali pubblici partecipano in tanti: Matt Cameron, Kim Thayil, Stone Gossard, Jeff Ament, Chester Bennington, Brad Pitt, Christian Bale… C’è un’assenza però che si nota ancor più di tutti i partecipanti alla cerimonia funebre: Eddie Vedder, tra i migliori amici di sempre del compianto Chris, non si presenta all’Hollywood Forever Cemetery di Los Angeles.

Complice il tour solista in partenza il 27 maggio da Amsterdam, il frontman dei Pearl Jam subisce gli attacchi da parte della suocera di Cornell, la quale accusa Vedder di non essere un uomo e di non aver minimamente pensato alla famiglia Cornell. I fatti, però, dimostrano il contrario: Lily Cornell Silver, primogenita del compianto leader dei Soundgarden, ha sempre considerato Vedder come un suo secondo padre, e ne è una prova il fatto che spesso segue i Pearl Jam in tour.

Vedder, però, ha le spalle larghe: incassa il colpo e porta avanti il tour solista in maniera magistrale, spinto anche da una carica emotiva che permea nei suoi live regalando al pubblico performance indimenticabili. Black eseguita a Firenze ne è, probabilmente, la prova più tangibile.

Per un artista, poi, spesso l’elaborazione del lutto avviene tramite la scrittura

Il 27 marzo 2020 i Pearl Jam pubblicano la loro ultima fatica discografica: Gigaton. L’album spacca a metà la l’opinione dei fan: c’è chi grida al miracolo e ad una nuova rinascita della band, complici alcune sonorità nuove per i cinque di Seattle, e altri che invece considerano Gigaton come l’ennesimo fallimento della gruppo dal 2000 ad oggi. Indipendentemente dall’opinione di pubblico e critica, nella seconda parte dell’album si nasconde una traccia che emerge tra le altre per la sua semplicità nell’arrangiamento: una voce, quella calda e avvolgente di Eddie Vedder, e una chitarra, suonata magistralmente dallo stesso cantante, bastano per rendere Comes then Goes una perla incastonata nel disco. Perla, appunto, non solo perché il Vedder voce e chitarra, apprezzato già in Into the Wild OST, riesce a mettere d’accordo fan vecchi e nuovi, ma soprattutto perché in Comes then Goes c’è l’omaggio personale che il frontman dei Pearl Jam rende a Chris Cornell. Niente è stato ancora confermato, probabilmente con le prime tappe del tour Vedder dirà qualcosa in merito a questa lunga ballad. Ma i riferimenti al rapporto tra Eddie e Chris sono tanti.

All’inizio del brano Vedder parla di come il loro rapporto si sia incrinato dopo una “divisione”: che si tratti della fine del progetto con i Temple of the Dog sembra inverosimile, visto che in questo caso saremmo nei primissimi anni 90. Più probabile si tratti della separazione di Cornell dalla prima moglie Susan Silver, e conseguente secondo matrimonio con Vicky Karayiannis, con la quale, a quanto pare, Vedder non abbia mai avuto un ottimo rapporto (e neanche i restanti membri dei Soundgarden, viste le recenti vicende legali).

Don’t know where or when one of us left

The other behind

Divisions came and troubles multiplied

All’interno del brano, Vedder attraversa tutti gli stadi del dolore. La perdita crea nel leader dei Pearl Jam incertezza, tristezza e rabbia. Rabbia, sì, perché, come canta Vedder, gli indizi sullo stato di salute di Cornell c’erano, e non sono stati colti:

In the face of rejection, I’m trying

I’m trying

Evidence in the echoes of your mind

Leads me to believe we missed the signs

Il brano si chiude con una delle frasi più toccanti dell’intero disco:

The Queen of Collections took your time

Sadness comes ‘cause some of it was mine

La morte si è presa il tuo tempo / e la tristezza sopraggiunge perché parte di quel tempo era mio

Una lunga riflessione, quella di Vedder, sull’evoluzione del loro rapporto d’amicizia: dall’inseparabile duo dei primi giorni a Seattle del frontman dei Pearl Jam, fino alle visite sempre più rare, complici, come detto, alcune divergenze familiari.

Ad avvalorare l’ipotesi della dedica a Cornell sono altri due elementi: il primo, la lunga gestazione del disco, ben sette anni dal precedente Lightning Bolt del 2013; in questi sette anni, ma soprattutto nei quasi tre anni che vanno dalla morte di Cornell alla pubblicazione del disco, Vedder ha sicuramente avuto tutto il tempo per omaggiare l’amico di sempre. Il secondo indizio è presente proprio nell’edizione in vinile dell’album: il lato B del secondo disco non contiene musica, soltanto un’incisione riportante “Is this you?” (Sei tu?), frase che compare anche nel testo di Comes then Goes. L’assenza di musica in quest’ultima facciata del disco potrebbe significare proprio l’enorme vuoto lasciato da Cornell.

Gli indizi per parlare di una dedica al grande amico e collega ci sono tutti

Se si conosce, poi, un po’ la storia di Eddie Vedder e il suo grande cuore, si può soltanto immaginare il dolore provato da tale perdita. Ma ancor di più, a ferire l’animo del cantante dei Pearl Jam, sono state le parole della vedova Cornell. Tra poco più di un mese i Pearl Jam suoneranno i loro primi concerti negli Stati Uniti dopo la pubblicazione di Gigaton.

Chissà che i cinque di Seattle non rivelino qualcosa in più riguardo Comes then Goes.

— Onda Musicale

Tags: Eddie Vedder, Chris Cornell, Grunge
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