The Living Daylights – in italiano è stato tradotto come “007 – Zona Pericolo” – è il quindicesimo film della serie dedicata all’agente segreto James Bond.
In occasione dell’uscita del 25° film della serie di Bond “No time To Die”, indaghiamo su una delle vicende musicali più avvincenti della saga dell’iconico agente segreto. In “No Time To Die”, si percepisce un James Bond “diverso”, ma il cambiamento parte da lontano … proprio da The Living Daylights.
The Living Daylights, la svolta
Per molti aspetti, The Living Daylights si può considerare un film di rottura: da questo punto in poi c’è un prima e un dopo nella saga. Innanzitutto è il primo film dopo il “congedo” dal ruolo di Roger Moore. Subentra Timothy Dalton che ha il difficile compito di prendere l’eredità del suo predecessore – il più longevo e amato James Bond – nonché dell’antesignano e indimenticato Sean Connery. Un duro compito. Ma è anche il primo film in cui l’autore del noto “tema di Bond”, John Barry compare come co-autore, in un insolito e indesiderato passaggio di testimone alle generazioni future. Infatti, The Living Daylights sarà la sua ultima collaborazione al “tema bondiano”.
Gli altri “autori” che hanno firmato la colonna sonora sono gli a-ha, la band norvegese che nel 1987 fu “commissionata” proprio da Barry per interpretare il brano. Il gruppo si sarebbe dovuto limitare – come i loro autorevoli predecessori, a partire dai Beatles – a aggiungere un testo al ben noto motivo bondiano ed interpretarlo.
Gli a-ha, invece, fecero mettere nero su bianco che sarebbero stati anche loro gli autori del brano. Ciò significava per Pål Waaktaar Savoy – chitarrista e principale autore della band norvegese – la possibilità di “riscrivere”, modificare, rivedere e “correggere” proprio quella indimenticabile sequenza di accordi che identificano inequivocabilmente James Bond.

Barry vs A-ha
Il risultato fu un braccio di ferro tra lo storico autore e la band, fino ad arrivare al punto di definirli “HitlerJugend – gioventù Hitleriana”. John Barry fece in modo che il brano “The Living daylights” non fosse utilizzato durante le scene madri del film, ma che si utilizzasse solo l’estratto più “riconoscibile”. Infatti, Zona Pericolo è il film di Bond in cui si “ascolta” meno il commento musicale, prediligendo brani subentrati poi dei “Pretenders”, altra band iconica degli anni ’80. Il nome della band scomparve dai titoli di coda.
E “Zona Pericolo” – pericolosa in tutti i sensi – fu anche uno dei film della saga meno apprezzati dalla critica, meno rivisti in TV: lo si potrebbe cinematograficamente definire un flop insolito per James Bond.
Il successo di The Living Daylights
Pena del contrappasso: il brano “The Living Daylights” – nonostante i tentativi di “sabotaggio” – fu edito come singolo il 04 luglio 1987 nella versione rivisitata dalla band. Una manovra in controtendenza con quello fatto dai loro predecessori. E il successo fu immediato. Non avendone, tuttavia, acquisito i diritti, la band fu costretta a registrarla ex-novo per poterlo utilizzare come singolo.
Il brano si collocò nelle prime posizioni delle classifiche mondiali: per settimane al #3 nella European Hot 100 Singles. Il brano fu anche inserito nell’album “Stay on These Roads” (1988) e ne fecero un video. Nessuno dei loro predecessori era solito collegare il singolo della colonna sonora di Bond alla loro produzione discografica. Gli a-ha operarono nella direzione opposta: e quanto più hanno cercato di associare il brano a Bond, realizzando un singolo e un video, il brano in realtà vive indipendentemente da Bond.
The Living daylights è, così, il primo caso nella storia di una colonna sonora di James Bond in cui il brano surclassa la fama del personaggio. Ancora oggi, la band la propone come “éncore” nei propri concerti ed è il brano più atteso e partecipato dal pubblico.
1 minuto e 47 secondi che cambiarono il sound di Bond
Paul McCartney, Louis Armstrong, Nancy Sinatra, Tina Turner, Madonna sono solo alcuni dei nomi della musica contemporanea che si sono messi al servizio dell’eroe nato dalla penna di Fleming. Gli A-ha sono l’eccezione che confermano la regola.
Il chitarrista e cantautore Paul Waaktaar-Savoy – intervistato da NRK – ricorda quando gli è stato assegnato l’incarico: «Abbiamo partecipato a una competizione segreta, in cui a cinque o sei band è stato chiesto di presentare le proprie candidature. Si diceva che anche i Queen fossero coinvolti, ma alla fine i produttori hanno pensato che la nostra canzone fosse bella. È stato un onore, eravamo super fan dei vecchi classici».
A questo punto, il percorso era tutto in discesa. Cosa poteva andare storto? Che si potesse anche solo marginalmente cambiare ciò che contraddistingue il personaggio James Bond: il suo tema musicale.
Sebbene impercettibile al primo ascolto, Pål Waaktaar Savoy cambia un solo accordo. È la fine dell’idillio e del sogno. Ma per capire come nasce il tema bondiano bisogna tornare al 1962.
Come nasce il tema bondiano
Il set del primo film di Bond è in Giamaica. Sean Connery e Ursula Andress camminano all’ombra delle palme su una spiaggia assolata. La scena del film è caratterizzata da un romanticismo tropicale, mentre nell’aria vibra una tremante tensione. Un misterioso motoscafo si stava avvicinando.
Nell’ombra, il compositore Monty Norman stava in piedi e guardava le riprese. Era stato invitato dalla società di produzione a scrivere la musica per il film. Norman aveva già scritto altre musiche cinematografiche ispirato dalla Giamaica, ma in questo caso faticava a trovare una buona “ouverture”. Suggerì di utilizzare una sua vecchia canzone. I produttori erano inizialmente scettici: il brano era troppo poco tensivo per entrare in un film di spionaggio. Per aumentare il livello di eccitazione, assunsero uno dei nomi più in voga del rock’n’roll britannico negli anni ’60 per produrre la canzone: John Barry.
Aveva una vasta esperienza sia come musicista che come produttore e accettò la sfida. Il risultato è stata una delle canzoni cinematografiche più famose della storia: il “James Bond Theme” dura solo 1 minuto e 47 e la famosa sequenza prende il nome di “The Spy Accord” (l’accordo della Spia).

The Spy Accord
Secondo il compositore e professore di musica Wolfgang Plagge, nel brano di Bond si utilizzano i cosiddetti “motivi a ripetizione”. Cosa sono? Un geniale escamotage già noto al compositore tedesco Richard Wagner. Si tratta di realizzare brevi frasi melodiche ripetitive a sequenza ravvicinata. Ne è un esempio anche il leitmotiv del film “Lo Squalo” (1975). L’avvicinamento dello squalo è sottolineato da una alternanza di Fa e Fa#, l’una dopo l’altra al violoncello a velocità crescente, fino a quando lo squalo spalanca la bocca e attacca.
Nella storia della musica del cinema, il primo motivo a ripetizione è proprio il “Tema di Bond”. Costituito da solo 4 note in tono minore: Do – Do# – Do – Mi-. Il tono minore evoca mistero, tensione, inquietudine. Una musica apparentemente calma e fredda ma che prelude alla tempesta.
Il secondo motivo a ripetizione del tema di bond è il crescendo cromatico di ottoni e fiati (corni e trombe). Barry spiegò che questo passaggio aveva solo una funzione pratica per coprire e attutire il frastuono degli inseguimenti o delle colluttazioni. Quindi, questo passaggio non funziona con l’impiego di archi e strumenti a corda troppo “pacifici”. Per renderlo ancora più inquietante, si gioca tutto sull’uso del “bemolle”.
L’accordo della spia crea sentimenti disarmonici in chi ascolta. Il tono minore introduce l’arrivo del pericolo. Il terzo elemento è l’uso del Mi- che fin dai film muti degli anni ’20 del secolo scorso prelude all’ingresso del “villain”.
Questi tre elementi costituiscono il nucleo del tema di Bond. Le musiche dei primi sette film della saga hanno fatto perno su questi ingredienti.
La violata immutabilità del tema bondiano
Con il tema di bond, Barry ha definito le “regole”. Ciò non significava, però, che la colonna sonora non si sarebbe mai “aggiornata” al passo con i tempi. Nel 1973, con “Live and Let Die“, la casa di produzione intravede l’opportunità di rinnovare la musica e incarica Paul McCartney e Wings di scrivere la canzone. Non risulta sufficientemente bondiano. Lo stesso Paul McCartney deve seguire le regole. Sir McCartney riscrive il tema con accordi più leggeri e in maggiore, confidando che in qualche angolo remoto del cervello, l’ascoltatore riconoscesse istintivamente il tema bondiano. E, invece, no. Il James Bond Theme è già ben confezionato, bisogna solo incastonare quell’accordo cromatico all’interno di un brano. Ciò che non è riuscito a Paul McCartney, riesce nel 1987 a Paul Waaktaar Savoy.
Dinanzi alla “regola” dell’immutabilità della sequenza sonora, il giovane chitarrista si sente a disagio. Abituato a comporre tutto da solo, trova difficile inserire un “corpo estraneo” in un brano che era già stato selezionato e giudicato come “buono” per il film. E che conteneva alcuni elementi bondiani.
Ci fu una piccola discussione con Barry» Paul ammette. «Non ho avuto alcuna guida o indicazione quando dovevo scrivere la prima bozza dell’intro. Non appena ho sentito “The Living Daylights”, ho avuto la melodia del ritornello nella mia testa» dice Waaktaar-Savoy.
Le fasi di registrazione
Quando gli a-ha erano a buon punto con la registrazione in studio, Barry si reca a trovarli. E non sente ciò che si aspettava. «Si è semplicemente seduto e ha raccontato storie di ladri, spie, donne piacenti e uomini mascalzoni e la sua visione stilistica. Siamo rimasti seduti ad ascoltarlo per ore. Non abbiamo fatto molto di quello che ci ha detto. Anzi nulla».
Durante tutta la fase di registrazione, Barry mantiene un atteggiamento rilassato. Il brano, in fondo, possiede già diversi elementi dell’universo di Bond. Secondo Wolfgang Plagge, la fine della canzone in particolare mantiene l’iconico motivo bondiano, ma con uno sviluppo ulteriore: un intervallo di due toni adiacenti che si adattano insieme in un’armonia. Come in “Goldfinger” si sentono ottoni che suonano una sequenza di terzine, ma in “The Living Daylights” lo sentiamo eseguire solo con la chitarra.
Al termine della registrazione, John Barry non ha fatto grandi cambiamenti al brano degli a-ha. Ha solo realizzato una piccola introduzione al sintetizzatore che ha reso le prime due strofe del verso più “orecchiabili” e ha assemblato archi e ottoni. «In quel momento ho pensato che Barry fosse davvero bravo e che facesse suonare la canzone più in stile Bond», dice Waaktaar-Savoy, anche se a distanza di 34 anni, il cantautore norvegese ancora non digerisce quella nota che non gli torna: «Ha cambiato un accordo: non sono sicuro al cento per cento di che tipo di accordo fosse, ma potrebbe trattarsi di un LA che è stato cambiato in SOL. Per me era una cosa importante in quel momento. Sì, ammetto, di essere stato un tipo probabilmente un po’ difficile» ricorda Waaktaar-Savoy.
L’accordo che appare e scompare
Poco prima della sottomissione finale alla produzione, il chitarrista degli a-ha riporta, quindi, l’accordo o comunque riprende la versione come era originariamente. Quando Barry lo ha scoperto, era troppo tardi per intervenire nuovamente.
«Cominciò a parlare male di noi. A dire cose folli, non so perché gli venne in mente di paragonarci a dei piccoli dittatori, dispotici, hitleriani». Le cose peggiorarono quando la band diede priorità a un concerto in Giappone piuttosto che partecipare alla prima mondiale del film a Londra, con i rappresentanti della famiglia reale, il principe Carlo e Lady Diana. Per Barry fu come “fare la pipì sulla bandiera britannica”.
Non era così che John Barry si aspettava di chiudere la sua collaborazione musicale per Bond. Da allora, Il Bond Theme non è più stato lo stesso. Nel 21° secolo, il sound di Bond torna al cinema con la voce di Billie Eilish e il compositore cinematografico Hans Zimmer (noto per film come “Il Gladiatore”, “Il Cavaliere Oscuro” e “Inception”). Quanto sarà riconoscibile la sequenza sonora?
The Living Daylights può piacere oppure no. Sicuramente a John Barry non avrà fatto per nulla piacere vedere come il brano degli a-ha – per un solo accordo diverso – avesse cominciato a vivere di vita propria indipendentemente da Bond … James Bond.
Fonti:
Ole Kristian Årdal – NRK
Barry Page «Down to the tracks».