In primo pianoMusica

C’era una volta “The House of The Rising Sun”

È così che iniziano le favole, e oggi ve ne racconto una. È legata a una tra le più celebri canzoni della storia del Rock.

Viene da molto molto lontano, e come ogni fiaba che si rispetti, porta con sé una morale davvero pragmatica. Ma nessun lieto fine per The House of The Rising Sun.

Nemmeno principi o principesse legati da un amore impossibile. I protagonisti sono antieroi che si raccontano in tutta la loro fragilità e disperazione, delineando uno straordinario quadro storico-culturale. Un’istantanea dell’anima sofferente, crepata e piegata dalla modernità che incombe e soffoca qualsiasi sogno e aspettativa di ogni ragazzo; quanto mai attuale.

Vari sono stati i generi musicali nel corso degli anni ad accompagnare questo testo che sembra risalire addirittura a una ballata del XVII secolo. Dal folk al blues fino al rock: si può cogliere ogni sfumatura che connota il racconto di quel qualcosa in “più”; grazie anche alla sapiente interpretazione dell’artista che con pause, accenti e toni a volte sommessi fa cadere l’attenzione su parole pregne quanto mai di significato.

Oltre all’originale versione maschile che riguarda più precisamente “una povera anima” precipitata nella malavita di Storyville, nella casa di tolleranza “Casa del sol nascente” a New Orleans, ne esiste una al femminile. Cantata per la prima volta da Joan Baez negli anni ’60, narra di una giovane caduta nel vortice della prostituzione. In entrambi i casi, è proprio la presa di coscienza della degradazione in cui ormai sono costretti a vivere a dare voce al disperato grido di speranza dei protagonisti che esortano i fratelli minori a non patire la loro stessa sorte.

Ogni artista a suo modo reinterpretando “The house of the rising sun”, ha colorato di emozioni le sfumature del suono. Ed è così che quasi per magia, anche “solo attraverso sette note“, possiamo percepire infinite vibrazioni; e la stessa canzone può sembrarne tante altre.

La più celebre versione – tra le oltre cento – è quella dei The Animals del 1964. Ma oggi vorrei suggerirvi l’ascolto di due grandi interpretazioni.

1994 – House of the Rising Sun · Sinéad O’Connor

Una suggestiva versione quella scelta dalla musicista irlandese Sinéad O’Connor. Inizio “a cappella” per sola voce. Intensa e in chiave low, profondamente rispettosa della tradizione. Si apre sorprendentemente a un crescendo emotivo: il rispetto e la compassione iniziale guadagnano forza man mano che i secondi passano, la batteria si fa sempre più persistente e insieme alla voce non più sommessa, li sostengono. Poco prima del quarto minuto, si ha quasi l’impressione che il silenzio che rompe le parole, somigli a un pianto spezzato dalla rabbia. Uno splendido scorcio introspettivo.

Una versione davvero strong quella dei Muse nel 2016. Un vero e proprio “Urlo di Munch“, un’esplosione di colori ed emozioni trasposta in vibrazioni che fa riflettere sulla sofferenza dell’individuo. Di certo non è il brano ideale per un momento di relax, ma recupera meglio di altre, in chiave attuale, la drammaticità dell’origine.

— Onda Musicale

Tags: Muse, Joan Baez
Sponsorizzato
Leggi anche
Ozzy Osbourne: il “principe delle tenebre” pubblicherà l’edizione per il 20° anniversario di “Down To Earth”
Elba è il nuovo singolo di Aliperti