Italia anni ’60, il beat impazza al pari delle sonorità nostrane dei cantautori e delle novità provenienti dal mondo anglofono. A Napoli, un gruppo di ragazzi decide quindi di intraprendere questa via per poi evolversi verso il prog. Dalle ceneri dei Battitori Selvaggi nasce ufficialmente il Balletto di Bronzo.
Il complesso di origini partenopee, che ha scritto la storia della zona assieme agli Osanna, è scisso principalmente in due parti ad evidenziare i due periodi della band, così come gli album.
Da una parte il Balletto più beat di Ajello e Cecioni e, dall’altra, quello più progressivo del cantante e tastierista Gianni Leone, l’autore del concept album “Ys” del 1972. Un po’ come i Goblin, per farla molto più semplice, ma diamo un’occhiata a quello che fu l’esordio della band e cioè “Sirio 2222”.
Un posto: le chitarre acide sono più acido e di stampo blues/rock con la giusta dose di riverberi ed echi. I cori del ritornello, inoltre, sono ancora impregnati di beat
Eh eh ah ah: apertura acustica e ritmata con la voce che echeggia tra i solchi del disco quando che, quasi all’improvviso, irrompe l’armonica a bocca e tutto diventa più blues. Questa particolare scelta stilistica fa subito venire alla mente “The Wizard” dei Black Sabbath.
I cori del ritornello si fanno più lontani, ma il coinvolgente giro di basso e batteria si fa contemporaneamente più pesante, quasi un inquietante avvicinamento.
Neve calda: chitarre lanciatissime e groove di basso e batteria, intervallato da brevi arpeggi. Qui la voce di Cecioni e la chitarra di Ajello sono, a dir poco, scatenate. Una sorta di nostrano esperimento in stile Led Zeppelin.
Ma ti aspetterò: sembra strano da dire, ma, nonostante le parti prettamente beat, le chitarre presenti in questo brano sono di chiara matrice sabbathiana. Interessante, e non poco!
Meditazione: la prima parte di questo brano è dominata dalle tastiere che, al loro interno, incorporano a loro volta archi, flauto e persino un clavicembalo.
Proprio quest’ultimo strumento segna lo stacco dalla parte classicheggiante a quella più progressiva con giri sui tasti d’avorio degni dei migliori Yes. Particolarmente nella parte finale dove le rullate di Stinga prendono, letteralmente, il volo.
Girotondo: beat a piene mani e, tanto per usare un’espressione albionica, enjoy! Decisamente curioso, soprattutto il testo in cui compaiono una sorta di psichedelici rumori di cortile.
Incantesimo: perfetto mix tra Led Zeppelin e Black Sabbath con chitarre pesanti come macigni, una batteria decisa ed una voce che calza a pennello.
Ti risveglierai con me: il beat, soprattutto per i cori ed il testo, è tra i più puri, ma le sonorità sono veramente figlie del rock e del blues. Una delle tracce più interessanti del disco, dopo “Meditazione” e la conclusiva“Missione Sirio 2222”.
Missione Sirio 2222: la mini – suite conclusiva di questo disco dura quasi dieci minuti e vede un ritorno, almeno nella parte iniziale, delle chitarre acustiche e dei delicati arpeggi.
Il tema è fantascientifico, narra infatti di un’astronave e del suo viaggio infinito nello spazio, ma poi il prog prende il sopravvento e ci si lancia in un’improvvisazione vocale e strumentale degna dei migliori Led Zeppelin quando allungavano, dal vivo, le canzoni della scaletta.
Giudizio sintetico: Gioiello del prog nostrano, il disco è una perfetta commistione tra beat, rock, blues e prog. Da avere assolutamente nella collezione di ogni appassionato del genere! Preferibilmente in vinile, ma anche la versione CD non è così impossibile da trovare.
Copertina: I quattro volti dei componenti del Balletto di Bronzo rappresentati, quasi, come il negativo di una pellicola fotografica
Etichetta: RCA PSL
Line up: Marco Cecioni (voce), Lino Ajello (chitarra), Michele Cupaiuolo (basso) e Gianchi Stinga (batteria)
Vanni Versini – Onda Musicale
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