Venerdi scorso i Pink Floyd hanno pubblicato la ristampa di “Animals“, nato nell’anno di grazia 1977, la loro opera d’arte che preferisco. Un capolavoro nel vero senso della parola. Un punto di svolta e di non ritorno.
L’apice. Perchè? Per una serie di ragioni che si sommano ad un’irrazionale ed istintiva empatia con questo album fin dal primo ascolto. Ecco sette buoni motivi per affermare l’immensità di questa produzione:
1)“Animals“ è un album di transizione che scavalca le elegie e i drammi di “The Dark Side of the Moon” e “Wish You Were Here” per catapultare il gruppo in una nuova dimensione. E per raggiungere lo scopo i Pink Floyd adottano soluzioni musicali uniche, inaspettate, spiazzanti, condite di talk box e addirittura vocoder. Un coraggio non da poco per chi avrebbe invece potuto veleggiare nel tranquillo mare della ripetizione di un cliché.
2) Roger Waters è in stato di (rabbiosa) grazia. Temi che anticipano “The Wall” e la sua intera discografia solista in una sorta di 1984 orwelliano in chiave pre-Thatcher. “Pigs on the Wing Part 1″, una delle sue poche, per non dire l’unica canzone d’amore. Sagaci e taglienti riferimenti alla disgregazione sociale di quegli anni, più descrittivi di mille articoli di giornale, confermano la straordinaria capacità di scrittore di Waters.
3) David Gilmour è in stato di (creativa) grazia. La linea di chitarra di “Dogs” è una delle più crude ed al tempo stesso elaborate della discografia del gruppo. I suoi duetti vocali a distanza con Waters sono graffianti e giocati su un piano di abile e dissimulato antagonismo.
4) Richard Wright è in stato di (tragica) grazia. Ormai in uscita dal gruppo e inseguito dai suoi fantasmi, il tastierista inietta comunque potenti dosi del suo proverbiale tocco, grazie a sapienti miscelazioni di ARP, minimoog e clavinet. Le magie in “Sheep” sono qualcosa di unico, difficilmente eguagliato in altri pezzi dei Floyd.
5) Dopo “The Dark Side Of The Moon” e “Atom Heart Mother” difficile pensare di poter avvicinare copertine così iconiche. Ed invece Storm Thorgerson e Peter Christopherson si superano lanciando nel cielo della Battersea Poweer Station il maiale gonfiabile.
6) Il concept distopico di “Animals“, favola di Esopo ribaltata in tragedia di sangue, è profondo, mirato, elaborato eppure diretto al tempo stesso, l’anticamera di “The Wall“, ma anche un moderno 1984 di cani, maiali e pecore. Gli animali sono nella società, ma anche nella testa di Waters, e forse di tutti noi. Citazioni bibliche, citazioni politiche, una sagra antropomorfa di sopraffazione e miseria.
7) “Animals” è la risposta più caustica ed inattesa alle critiche che il punk stava muovendo ai gruppi giudicati pomposi come i Pink Floyd (vedi la maglietta “I hate Pink Floyd” di Johnny Rotten“). E i Pink Floyd rispondono con tre suite interminabili, lunghissime, dilatate eppure feroci, sostenute nel ritmo e nelle metriche. Un ossimoro pregno di sarcasmo, un pugno in faccia alle mode musicali del momento.
Al tempo non capito, sottovalutato, relegato a punto oscuro della discografia floydiana, addirittura a volte ritenuto un insieme di ritagli, “Animals” è il ponte tra passato e futuro dei Floyd, oltre che una produzione tra le più uniche, singolari ed isolate nel panorama inglese del periodo. E forse proprio per questo non compreso. Per il gruppo è l’album della fine, perchè in “The Wall” inizia già il dispotico e distopico impero di Waters qui ancora a stento contenuto. Se lo ascolterete con attenzione potrete trovare una mirabile sintesi tra l’introspezione del Prisma Nero e l’isolazionismo del Muro, una dimensione in cui convivono le rasoiate di “Sheep” e la dolcezza delle due “Pigs on the Wing“.
“Se non rimango fermo sulla mia posizione, come posso trovare la mia via fuori da questo labirinto?“, scrive Waters in “Dogs“. Restate saldi, addentratevi nel labirinto e lasciatevi sorprendere dagli animali che incontrerete lungo il cammino.
di Giovanni Rossi
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