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Enzo Jannacci e “Silvano”: il genio irriverente di un seguace di Ippocrate

Milano, primavera 1980. In una mattina di scarso traffico una piccola troupe cinematografica ha parcheggiato il furgone nei pressi di Via Dante.

Si respira un clima di scanzonata allegria tra l’operatore, il fonico e l’elettricista. Scaricano l’attrezzatura velocemente, il lavoro richiederà pochi strumenti e non li terrà impegnati per molto. Qualche metro più su ha trovato parcheggio anche una piccola utilitaria. Scendono in due e nonostante siano le undici del mattino hanno l’aria stralunata di chi si è appena svegliato. Dallo sportello posteriore estraggono un portabiti e un paio di pattini a rotelle. Raggiungono gli altri e si fanno consegnare le chiavi del furgone. La cabina, svuotata dalle attrezzature e dalle bobine dei cavi elettrici, fungerà da spogliatoio. Qualche minuto più tardi esce dal portellone un signore vestito con un impeccabile ed elegantissimo smoking, scarpette da tennis e quei pattini a rotelle che afferra per i lacci avvolti tra le dita.

L’uomo in smoking è Enzo Jannacci

Ha appena compiuto 45 anni e sa fare tante altre cose oltre che cantare e tifare Milan. È infatti cantautore-cabarettista-pianista-compositore-paroliere-attore-sceneggiatore e medico. Sa anche andare bene sui pattini, come vedremo in seguito. Per il lancio del suo nuovo LP ha pensato di ricorrere ad un video promozionale. Un videoclip fatto in casa, niente a che spartire con la vellutata celluloide delle megaproduzioni di Russell Mulcahy, ma un filmetto autarchico, girato alla buona nella sua Milano in una mattinata di libera uscita.

Enzo Jannacci ha scelto di dare spazio a Silvano

È il brano che apre la facciata B di Ci vuole orecchio, il suo undicesimo album in studio, appena pubblicato dalla Dischi Ricordi. Il pezzo è stato scritto a sei mani due anni prima insieme al duo comico Cochi e Renato, al secolo Aurelio Ponzoni e Renato Pozzetto. Lo pubblicarono nel 1978 poco prima di separarsi, dando spazio alla loro tipica demenzialità pop, canto del cigno di un sodalizio artistico lungo vent’anni. Jannacci decide di riappropriarsene, interpretandolo sotto una luce nuova: nel brano si parla di un amore gay, tra Rino e Silvano, alle prese tra contorsioni erotiche e nonsense, abbandoni, tradimenti e tentativi, da parte di Rino, di lasciarsi la storia alle spalle. Il più grande nonsense è contenuto all’interno del ritornello che precede la strofa “Silvano Non Valevole Ciccioli”.

Cosa significa Non Valevole?

La risposta la diede lo stesso Jannacci, dialogando col pubblico in sala durante un concerto, in una pausa tra una canzone e un’altra. Quando la mamma diede alla luce Silvano, il signor Ciccioli si recò all’anagrafe per registrarlo. All’impiegato disse che volevano chiamarlo Silvano e poi aveva farfugliato un secondo nome; l’impiegato inizialmente fece segno di aver compreso, ma poi, non avendo capito bene quale fosse il secondo nome, scrisse sul registro dell’anagrafe “Non Valevole”. Da quel momento “Non Valevole” diventò il secondo nome del Silvano di Enzo Jannacci.

La visione del video è un tuffo al cuore per chi si ricorda di una Milano che non c’è più

Jannacci vola leggiadro per via Dante, tra il Castello Sforzesco e Piazza Cordusio. Volti di coppie di anziani sorridenti alla telecamera, vestiti di abiti sgargianti e camicie in maglina abbottonate al collo si voltano al suo passaggio, a volte riconoscendolo, a volte no. Semplici passanti, giovanotti e uomini d’affari in grigio, ben lontani dallo yuppismo che avrebbe caratterizzato l’immaginario del lustro a venire, sfilano indifferenti ai suoi volteggi tra bus in movimento e vecchie Renault 5 in sosta. Una signora in rosso sembra ritrarsi, per poi desistere sistemandosi i capelli, lasciandosi riprendere dall’operatore insistente. Sui muri, i manifesti elettorali del P.S.I. con la scritta vota Giorgio Strehler N.4 fanno da sottofondo ad una Milano non ancora da bere, sospesa a metà tra le luci gialle e i cortei degli anni di piombo e il luccichio frenetico della Linea 3 della metropolitana ormai pronta ad avanzare.

L’ironia irriverente e anticipatrice di un grande artista, il genio irresistibile di un medico capace e generoso quale Jannacci fu, gli permisero di mettere in musica tematiche inaccettabili per la morale dell’epoca come l’omosessualità, oppure di esaminare con lucido distacco questioni molto più complesse e delicate quali le terapie per il fine vita.

Vi lasciamo all’incanto di Enzo Jannacci a spasso sui pattini a rotelle nella sua Milano, mentre ripreso dalla telecamera inizia a intonare Silvano esclamando:

“Il titolo è: amami e sgonfiami”.

Amami, amami, stringimi, sgonfia e amami, sdentami, stracciami, applicami

e dopo stringimi, dammi l’ebrezza dei tendini prendimi, con le tue labbra accarezzami.

Rino, non riconosco gli aneddoti e schiodami, spostami tutte le efelidi

aprimi, picchiami solo negli angoli, brivido, no non distinguo più i datteri.

Silvano e non valevole ciccioli Silvano mi hai lasciato sporcandomi

e la gira la gira la roda la gira e la gira la gira la roda la gira

e la storia del nostro impossibile amore continua, anche senza di te.

E amami, amami, stringimi, sgonfiami e allora amami, sdentami, stracciami, applicami

e stringimi, dammi l’ebrezza dei tendini prendimi, con le tue labbra fracassami.

Rino, sfodera scuse plausibili, girati, scaccia il bisogno del passero, lurido, soffiati il naso col pettine, Everest, sei la mia vetta incredibile. Silvano, e non valevole ciccioli

Silvano mi hai lasciato sporcandomi e la gira la gira la roda la gira

e la gira la gira la roda la gira e la storia del nostro impossibile amore

continua anche senza di te.”

— Onda Musicale

Tags: Enzo Jannacci
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