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Pink Floyd: in mostra la loro storia immortale

Storia di una leggenda: quella che il Victoria and Albert Museum di Londra racconta nella mostra Their Mortal Remains, dedicata al gruppo più psichedelico e dirompente degli ultimi 50 anni.

Una vicenda lunga e complessa, compreso l’annuncio della mostra in Italia, misteriosamente saltata. Poi, all’improvviso, la conferma: per celebrare i 50 anni dall’uscita del primo singolo dei Pink Floyd, il Victoria and Albert Museum di Londra proporrà, dal 13 maggio 2017 per 20 settimane, una grande mostra sui Pink Floyd, Their Mortal Remains, un viaggio immersivo, multisensoriale e teatrale attraverso lo straordinario mondo della band di David Gilmour, Roger Waters, Nick Mason, Rick Wright e Syd Barrett. Cinquant’anni dopo la pubblicazione di Arnold Layne e dopo 200 milioni di dischi venduti, i tre componenti rimasti, Gilmour, Waters e Mason, hanno deciso di unire nuovamente le forze (l’unica e storica riunione fu del 2005 per Live 8) per provare a raccontare un’unica grande storia: quella di una band che dagli anni ’60 a oggi ha costruito un universo che ha profondamente influenzato l’immaginario collettivo e la cultura dei nostri tempi, mettendo insieme suoni, immagini, sensazioni, spettacoli, dischi, film, parlando di sentimenti, politica, libertà, creatività, amore, dolore, passione, morte, follia, toccando il cuore e la mente di molte diverse generazioni. Psichedelia ed effetti speciali, quadrifonia e rock, immagini e suoni che sono stampati nella mente di chi ha amato la musica della band, ma anche di chi li ha frequentati anche solo per un momento, o per caso.

Gli album precedenti a The Dark Side of The Moon, così come il maiale volante sopra le ciminiere della Battersea Power Station di Londra, i martelli che marciano sulle note di Another Brick In The Wall e la mucca sulla copertina di Atom Heart Mother, la voce di Clare Torry in The Great Gig in The Sky, le quattro note della chitarra di Gilmour che introducono Shine On You Crazy Diamond o la batteria di Mason che scandisce One Of These Days sono opere centrali dell’arte del ’900. Non meno importanti di quadri o sculture che stanno in musei e gallerie, o di poesie e romanzi che studiamo nelle scuole; perché i Pink Floyd hanno contribuito in maniera determinante a cambiare per sempre il nostro modo di vedere la realtà. Una mostra rock, insomma, di quelle che sono destinate non tanto a celebrare il passato, ma a ricordare che l’universo delle possibilità è sempre aperto davanti a noi, che l’arte è la porta d’accesso alla comprensione del mondo e della vita, che una canzone o un album possono cambiare la nostra esistenza, che non “sono solo canzonette”. Permetteteci di dirlo: chi non ascolta i Pink Floyd perde qualcosa di fondamentale.

La band inglese ha trasformato il rock in qualcosa di visionario, multiforme, sorprendente. Mettendo insieme suoni e visioni ha allargato il campo della percezione. E ha prodotto bellezza e meraviglia come pochi altri gruppi hanno saputo fare in questo e nello scorso secolo. Gilmour, Waters, Mason e Wright, con il determinante e iniziale contributo di Syd Barrett, hanno trasformato (con i Beatles e Bowie, per citare alcuni compagni di viaggio) la musica popolare in arte, hanno creato mondi e universi tra i quali noi oggi ancora viaggiamo. Il loro lavoro creativo è iniziato alla metà degli anni ’60, quando l’Inghilterra era il centro della nuova cultura giovanile, mettendo insieme la psichedelia e il rock, uscendo dai canoni abituali del pop, sperimentando strumenti e sonorità, usando lo studio di registrazione come un’astronave che permetteva loro di esplorare pianeti e galassie lontane.

Non solo: i Floyd nella loro avventura hanno saputo mantenere allo stesso tempo i piedi ben saldi in terra, hanno raccontato di noi e delle nostre paure, delle nostre passioni. Nei loro album, in particolare da The Dark Side Of The Moon in poi, si parla di vita e amore, di morte e amicizia, di capitalismo e guerra, di educazione e repressione, di incomunicabilità e dittatura, di passione e sogni. E si parla di follia, di come la mente umana possa creare meraviglie e orrori, di come la “normalità” sia una gabbia e la “pazzia” possa toglierci la vita: Roger Waters e David Gilmour, in quella micidiale sequenza di album che inizia con The Dark Side… e si conclude con The Wall, hanno provato, riuscendoci, a raccontare l’umanità, i suoi limiti e le sue grandezze, scrivendo canzoni memorabili, da “Wish You Were Here” a “Money“, da “Comfortably Numb” a “Us and Them“, da “Any Colour You Like” a “Dogs“, mescolando fantasia e realtà in modo assolutamente nuovo, totalmente affascinante.

La loro storia è stata ricca di alti e bassi, dagli esordi tra beat e psichedelia con Syd Barrett, prematuramente rubato alla vita dagli eccessi e dalla follia, alla fase compiutamente avventurosa di Atom Earth Mother e Ummagumma, arrivando alla maturità di Meddle e The Dark Side Of The Moon, fino all’opera assoluta, The Wall, e al declino successivo, arrivando alla frattura tra Waters e gli altri tre, alla causa in tribunale, all’inimicizia e alle tensioni (stemperate in parte dal tempo), alla rinascita con i concerti sempre più leggendari, fino alla storica e unica reunion del 2005 per Live 8.

Una storia ricca di musica e impegno, di sogni e sperimentazioni che inizia tra le aule dell’università e i club della swinging London, quando Barrett incontra Waters, Mason e Wright. È Barrett il leader del gruppo: bello, creativo, pronto a sperimentare suoni e visioni interiori mettendo il gruppo al centro della nascente scena psichedelica e alternativa londinese. Basta poco, un paio di singoli e un pugno di concerti nei luoghi cardine dell’underground, a trasformare i Floyd negli alfieri della nuova era: lontanissimi dalle regole del beat, del blues, del neonato rock, i Pink Floyd di Barret sono una macchina sensoriale che viaggia alla ricerca di nuove realtà. Non hanno un look deciso, non sono in scena come delle star, puntano piuttosto – con le luci e i colori del loro light show così come con le lunghe sperimentazioni sonore dei loro concerti – a cambiare il modo in cui le band si propongono e il pubblico partecipa. Barrett, tra malattia mentale e uso smodato di Lsd, si perde rapidamente, la band colpevolmente lo abbandona, David Gilmour arriva a prendere il suo posto.

La presenza fisica di Syd con i Floyd sarà breve, la sua assenza invece diventerà centrale nello sviluppo artistico e personale del gruppo. Con Gilmour e Waters al comando, i Pink Floyd realizzano una serie di album che, ascoltati oggi, sembrano assolutamente incredibili: dal 1968 al 1970 realizzano A Saucerful of Secrets, la colonna sonora del film More, collaborano con Antonioni alla colonna sonora di Zabriskie Point (un rapporto assai difficile in realtà) e incidono i due album che li fanno entrare nella leggenda: Atom Earth Mother e Ummagumma. La loro vita cambia radicalmente, da star della psichedelia diventano una delle band più influenti dell’epoca. Incarnano perfettamente il passaggio del rock verso il “progressive” e fanno della sperimentazione sonora il centro della loro ricerca. Senza dimenticare le melodie e le canzoni, studiano il suono e le possibilità delle nuove tecnologie meglio e più di altri, proponendo degli show arditi anche dal punto di vista visivo senza essere mai inutilmente spettacolari.

Nel 1971 la band entra in una fase diversa, le composizioni si fanno più precise e complesse, i testi, fino a quel momento marginali, diventano sempre più un elemento centrale della poetica floydiana, l’eredità sonora di Barrett è sempre più sfumata. Arrivano, uno dopo l’altro, innumerevoli capolavori: Meddle, il vero inizio della nuova vita dei Floyd, con la leggendaria Echoes, lo storico film-concerto realizzato dalla band a Pompei, una nuova colonna sonora, quella di Obscured by Clouds, e poi il capolavoro assoluto, l’album destinato a entrare nella storia della cultura contemporanea, The Dark Side Of The Moon, del 1973. È questo il capolavoro dei Floyd, l’album in cui la sperimentazione e il pop, l’avanguardia e il rock, l’elettronica e il sentimento, i contenuti e la forma trovano il loro punto d’equilibrio perfetto. Non è solo uno degli album più venduti della storia del rock, ma è un’opera centrale nella musica del Novecento, un esempio perfetto di come si possano mettere insieme arte e divertimento, profondità sentimentale e godimento sonoro, impegno e piacere. Uno stato di grazia assoluta, che proseguirà con la creazione dell’album seguente, Wish You Were Here, dove il tema della follia e dell’abbandono resteranno ancora centrali in un album a sua volta ricco di capolavori, come il brano che dà il titolo alla raccolta e la meravigliosa Shine On You Crazy Diamond con la quale i Floyd pagano tributo al loro fondatore Barrett.

Poi inizia “l’impero di Waters”, che già aveva in mano le redini creative della band ma che assume sempre di più il controllo totale, causando scontri e risentimenti, fino al “licenziamento” di Rick Wright. Eppure, nonostante le tensioni, i Floyd realizzano ancora due album importanti, il durissimo e oscuro Animals, liberamente ispirato a La fattoria degli animali di Orwell e orientato a una feroce critica al capitalismo, e lo straordinario The Wall, opera completamente creata da Waters ma nella quale i Pink Floyd arrivano – con spettacoli sempre più incredibili e un doppio album che è ancora oggi di grande successo – a chiudere sostanzialmente la loro storia.

Seguiranno ancora un album con Waters, The Final Cut, poi la separazione dal bassista e l’inizio di una nuova fase, diretta da Gilmour, con il bellissimo A Momentary Lapse Of Reason, tantissimi straordinari concerti e il conclusivo The Division Bell del 1994, dalle cui session è stato tratto anche l’ultimo e più recente album della formazione, arrivato a 20 anni di distanza, Endless River, una sorta di grande tributo a Rick Wright, nel frattempo scomparso.

Ecco, è questa storia lunga e ricca di musica memorabile il centro della mostra londinese, che ripercorrerà il cammino della band dagli esordi di 50 anni fa a oggi, attraverso i singoli, gli album, i concerti, proposti con la “sonic experience” di Sennheiser che garantirà una qualità audio all’altezza del compito. Ma sarà anche una mostra completamente multimediale, che proporrà design, film, scenografie, grafica, fotografia: più di 350 oggetti, molti dei quali mai mostrati prima, inclusi gli originali dei testi di alcune canzoni, strumenti, disegni e bozzetti dei palchi e delle cover, molte delle tecnologie innovative usate dalla band nel corso degli anni, e tanto altro ancora.

«Il Victoria and Albert Museum è il posto perfetto per mostrare il lavoro di una band che è riconoscibile per la sua musica ma anche per il suo immaginario visivo», sottolinea Martin Roth, il direttore del museo londinese che già aveva ospitato la leggendaria mostra su David Bowie (attualmente a Bologna). «Curiosamente, non è la prima volta che i Pink Floyd lavorano con il Victoria and Albert», dice Nick Mason, il batterista dei Pink Floyd.

«Quando ho iniziato a studiare architettura al Regent Street Polytechnic Strangely, con Roger Waters e Richard Wright, il nostro primo incarico nel 1962 fu quello di realizzare un progetto con il museo. Fu una mostra di lavori in acciaio, noi tre dovevamo disegnare una serie di schermi in cui mostrare le opere d’arte. Prendemmo voti molto bassi per il nostro lavoro, quindi spero che questa volta saremo in grado di fare di meglio».

La realizzazione di Their Mortal Remains ha coinvolto i tre Floyd in prima persona, ed è la loro collaborazione più lunga dopo la clamorosa lite che vide Roger Waters fare causa agli altri componenti della band, Gilmour, Mason e Wright, sull’uso del nome del gruppo. «Non è stato difficile lavorare insieme», ha detto Mason, «io sono sempre rimasto in contatto con Roger e David anche se saltuariamente. Siamo ancora abbastanza capaci di lavorare insieme quando c’è un interesse comune e nessuno deve discutere su chi è il capo».

(fonte d.repubblica.it – link)

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd, David Gilmour, Roger Waters, The Dark Side of the Moon, Syd Barrett, Prog Rock, The Great Gig in the Sky, Ummagumma, Their Mortal Remains
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