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Roger Waters ha prodotto “The Four Walls”, film del regista curdo Bahman Ghobadi, in concorso al Tokyo International Film Festival 2021

Foto di scena
Arte e impegno umanitario sono ormai inscindibili nel genio creativo dei Pink Floyd; questa produzione cinematografica è l’ennesima riprova. Roger Waters amplia i suoi orizzonti espressivi approdando alla cinematografia.

Mad Dogs & Seagulls

Ha già all’attivo la regia (a quattro mani col fido Sean Evans) dei due film-concerto “Roger Waters The Wall” (2015) e “Roger Waters Us + Them” (2019), oltre che dei corti “The Last Refugee” (2017) e “Wait For Her” (2017); con “The Four Walls” (2021) è passato alla produzione.

Insieme con lo storico manager e collaboratore Mark Fenwick, nel 2019 Roger Waters ha fondato la casa di produzione Mad Dogs & Seagulls, con sede a Londra, della quale è socio per il 75%. Il film del regista curdo-iraniano Bahman Ghobadi è la prima produzione della casa.

“The Four Walls”

Presentato il 2 novembre scorso in anteprima mondiale nella sezione Main Competition del 34° Tokyo International Film Festival, “The Four Walls” è il sesto lungometraggio del regista Bahman Ghobadi.

Girato a Istanbul, il plot del film vede come protagonista il musicista curdo Boran il quale compra un appartamento con vista mare; il suo desiderio è donare la veduta permanente del mare alla moglie che non lo ha mai visto.

Dopo cinque mesi di forzata assenza da casa, al ritorno Boran scopre che è stato costruito un palazzo di fronte che toglie la veduta del mare. Va su tutte le furie e la difesa del diritto alla vista del mare si sviluppa con toni tragici e farseschi, compresa una scena nella quale con la sua band Boran tiene un concerto di ‘disturbo’ ai condomini del nuovo edificio.

È evidente il senso metaforico delle “Quattro mura” del titolo in riferimento alla condizione di negazione dei diritti umani al popolo curdo, disperso e represso in Siria, Turchia, Iran e Iraq. Ma è altrettanto evidente l’affinità concettuale di “The Four Walls” di Ghobadi con “The Wall” di Roger Waters.

I diritti dei popoli senza patria nell’attenzione di Roger Waters

Nel suo percorso artistico e umanitario, Roger Waters è stato ed è sensibilissimo al concetto di ‘muro’ che isola, che separa, che reprime. Tra le tante chiavi di lettura di “The Wall” c’è anche la repressione dei diritti umani. È la chiave che Waters ha privilegiato nell’allestimento del live show edizione 2010-2013; il muro vero di Gaza che reprime il popolo palestinese si eleva a metafora di diritti umani negati.

Negli ultimi anni, tra vita artistica e impegno politico, Waters si è occupato direttamente di diritti umani negati a popoli senza patria.

Nel corso della parte sudamericana del tour di “Us + Them” (2017-2018), in Argentina Waters ha incontrato e fatto salire sul palco esponenti del popolo Mapuche; in Ecuador è andato a constatare di persona i danni provocati dalle estrazioni petrolifere della Chevron alle popolazioni indigene della regione amazzonica, poi difese in giudizio contro la multinazionale dall’avv. Steven Donziger, alla cui vicenda Waters ha costantemente dedicato il suo attivismo ma anche la nuova canzone “The Bar”.

Di recente, l’artista – che da anni vive stabilmente a New York – si è occupato anche della causa del popolo Shinnecock, i quali rivendicano la tutela dei propri territori storici situati proprio nel distretto newyorchese, Hamptons, dove risiede Waters.

Bahman Ghobadi e Roger Waters: insieme nel nome dei diritti umani

Il musicista si è interessato anche al popolo curdo. Nel corso di una lunga intervista rilasciata nel 2011 al canale tv BBC Persian, parlando della responsabilità degli artisti nel racconto della realtà, Waters dice che il cinema è un potentissimo medium. Per rendere meglio l’idea, menziona il regista Bahman Ghobadi e i suoi film “Il tempo dei cavalli ubriachi” (2000, vincitore della “Caméra d’or per la migliore opera prima” al Festival di Cannes) e “Marooned in Iraq” (2002, presentato nella sezione “Un Certain Regard” sempre al Festival di Cannes). In questi film, dice Waters, “il regista racconta storie terribili ma lo fa con semplicità, senza puntare il dito, utilizzando la sua arte per renderci persone migliori.”

Bahman Ghobadi e Roger Waters

“Un giorno, mentre ascoltavo la BBC, sentii Roger Waters che parlava dei miei film e sosteneva che lui ed io abbiamo visioni in armonia sulla situazione dei Curdi e sulla condizione dei popoli rifugiati. Poi trovai il modo di mandargli un messaggio. Gli dissi che avevo imparato molto da lui e che apprezzavo i suoi pensieri su di me e la sintonia dei nostri punti di vista.”, ha scritto nel 2019.

Bahman Ghobadi sul suo rapporto con Waters

“A 17 anni, uno dei primi film che ho visto a Sanandaj – capitale del distretto curdo in Iran – è stato The Wall di Alan Parker, basato sulla musica dei Pink Floyd. Da allora, mi sono innamorato di loro e del modo in cui esprimono il loro punto di vista attraverso la musica.”

“Di recente, mi ha chiesto di accompagnarlo da Zurigo a Erbil (Kurdistan irakeno, ndr), per una missione finalizzata a liberare due bambini prigionieri dalle mani dell’ISIS. Per tutta la durata della missione con lui, mi sono chiesto se avrei mai fatto quello che stava facendo lui. Roger ha fatto tutto il possibile per liberare quei due bambini e portarli via da Erbil. Non avevo mai visto fare una cosa del genere. In quella circostanza ho potuto testare la grandezza dell’uomo Roger Waters.

Roger Waters e Bahman Ghobadi a Şile, in Turchia, sul set del film

Ho potuto anche verificare la profondità della conoscenza e della comprensione che Roger aveva sul Kurdistan; capire la lente attraverso la quale guarda all’arte e al cinema curdi. Dico tutto questo per dire che è uno degli esseri umani più completi che io abbia mai incontrato.”

Infine, a proposito del sostegno al film: “Oggi sono molto onorato di avere il suo pieno supporto nella direzione e produzione di un film sulla storia di un musicista a Istanbul. Grazie per la tua umanità, Roger Waters!”. E come produttore del film, nel giugno 2019 Waters si recò sul set del film a Şile, in Turchia, per seguirne la lavorazione.

Bahman Ghobadi regista in esilio

Nato nel 1969 a Baneh, nella regione curda dell’Iran al confine con l’Irak, è considerato il più importante regista curdo. Il suo primo film, “Il tempo dei cavalli ubriachi” (2000), è stato il primo film curdo invitato al Festival di Cannes. Il secondo film “Marooned in Iraq” (2002) gli è valso la Targa d’Oro del Chicago International Film Festival. “Turtles Can Fly”, terzo film del 2004, ha vinto il Peace Film Award al Festival internazionale del cinema di Berlino e la Conchiglia d’oro al Festival internazionale del cinema di San Sebastian. “Half Moon” (2006) ha vinto il Golden Shell al San Sebastian International Film Festival. Nel 2009, il film “Nessuno sa di gatti persiani” ha vinto un premio speciale della giuria Un Certain Regard ex-aequo al Festival di Cannes.

Il regista Bahman Ghobadi

Esemplificazione vivente della condizione del popolo curdo, Bahman Ghobadi dal 2009 vive in esilio, perlopiù in Turchia. Proprio in veste di cineasta esiliato, lo scorso mese di settembre Ghobadi ha inviato un’accorata lettera alla Academy degli Oscar – di cui pure fa parte – per perorare la causa dei registi dissidenti che, in quanto tali, non possono rappresentare il paese d’origine e, quindi, non possono essere selezionati agli Oscar. Chiede, in sostanza, l’istituzione di una sezione speciale dell’Oscar per il cinema dissidente.

Ha scritto, tra l’altro:

Come registi lontani dai nostri paesi d’origine, continuiamo a essere identificati con la città natale. Come iraniano, non posso vivere nel mio paese a causa del regime islamico. Devo vivere in esilio solo perché rivendico i miei diritti e la libertà di espressione. È lo stesso per molti registi in tutto il mondo; non possiamo tornare nei paesi d’origine per motivi diversi e dobbiamo vivere in paesi stranieri.”

E ancora:

I film dei registi in esilio potrebbero essere giudicati da una giuria in una sezione specifica. Ciò non solo offrirebbe ai registi una grande opportunità per vedersi riconoscere i loro film a livello internazionale, ma creerebbe anche una consapevolezza su larga scala dei motivi per cui non possono vivere nel proprio paese. Inoltre, offrirebbe riconoscimento a tali artisti, il che porterebbe loro maggiori opportunità e sostegno finanziario.”

Premio per il Miglior Attore al TIFF 2021 per “The Four Walls”

Intanto, “The Four Walls” ha ricevuto la produzione della Mad Dogs & Seagulls di Roger Waters e al Tokyo International Film Festival 2021 ha conseguito il Premio per il Miglior Attore, assegnato a Amir Aghaee, nel ruolo del protagonista, il musicista Boran.

Amir Aghaee, attore premiato al Tokyo International Film Festival
A proposito del premio, l’attore ha dichiarato:

Grazie ai membri della giuria per avermi selezionato; grazie a Roger Waters che ha creduto in me per questo ruolo. Grazie a Bahman Ghobadi, il nostro regista senza terra; spero che potrà presto ritornare nella sua terra d’origine.”

— Onda Musicale

Tags: Roger Waters
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