In primo piano

Un disco per il weekend: “Forse le lucciole non si amano più” della Locanda delle Fate

Così come l’Inghilterra anche l’Italia è da considerarsi a pieno titolo tra le culle del rock progressivo in Europa grazie a gruppi come PFM, Banco del Mutuo Soccorso, Osanna, Orme e così via, ma bisogna analizzare le cose in maniera più approfondita.
Mi spiego meglio

Se è vero che ci sono dei grandi nomi è vero anche che esistono realtà musicali più piccole che, purtroppo, non hanno avuto il giusto riconoscimento. Se qui vi ho già parlato dell’esordio di Quella Vecchia Locanda (leggi qui) va anche detto che c’è stata un’altra locanda, la Locanda delle Fate.

Una band astigiana che esordì con questo bellissimo album, Forse le lucciole non si amano più, nel 1977, ma purtroppo il periodo non era dei migliori per il prog in generale. L’ondata andava scemando anche da parte dei gruppi più affermati e proporre qualcosa di nuovo era molto difficile. Il disco, purtroppo, non ottenne il successo che meritava e la band si scioglie poco dopo. Va ricordato anche che godettero anche della produzione di Niko Papathanassiou, il fratello di Vangelis.

Nel 1999 ritornano assieme, quasi tutta la formazione originale, ed incidono Homo homini lupus che però risulta non essere all’altezza del lavoro precedente. Nel 2012 tornano ancora assieme e pubblicano The Missing Fireflies con i brani non inseriti nell’esordio più alcuni brani eseguiti dal vivo.

Detto questo diamo un’occhiata alle tracce che compongono questo autentico gioiello del rock progressivo italiano.

A volte un istante di quiete: delicati intrecci tastieristici, con i giusti interventi di chitarra elettrica e batteria, aprono le danze con questo coinvolgente strumentale. Una traccia di apertura che mette in mostra, sin da subito, la preparazione del gruppo astigiano destreggiandosi abilmente tra prog e folk.

Forse le lucciole non si amano più: una poesia narrata in parole e musica di circa dieci minuti in cui, protagonista assoluta, è la potente voce dell’imponente cantante Leonardo Sasso.

La band comunque, come dicevo prima, possiede una tecnica ed un’armonia impeccabili riuscendo a spaziare con tranquillità dalle atmosfere più tranquille e fiabesche fino a spaziare nel jazz e nel prog più spinto.

Da notare gli interventi vocali e flautistici, oltre che di chitarra, di Alberto Graviglio. Il significato può risultare ostico ed avere mille interpretazioni, ma la vera domanda è “dove vanno gli angeli a dormire, dove son finite le illusioni e i sogni che nessuno compra più?”

Profumo di colla bianca: le atmosfere bucoliche ed eteree prendono la forma dei ricordi di un bambino rinchiusi in una soffitta. Il curioso titolo infatti deriva dalla coccoina, una colla bianca in pasta, che veniva usata anche per attaccare le figurine. Quindi, quale immagine più rappresentativa per l’infanzia? Da evidenziare, ancora una volta, Michele Conta ed Oscar Mazzoglio per l’assolo di tastiere che conferiscono al pezzo quel tocco di strumentale in più per la gioia degli ascoltatori.

Cercando un nuovo confine: gli arpeggi di chitarra ed i giri armonici, uniti ad un’atmosfera già più tranquilla e poetica, sono gli elementi base di questo delicato pezzo cesellato dagli interventi pianistici.

Sogno di Estunno: dall’unione delle stagioni dell’estate e dell’autunno nasce questo brano coinvolgente dove vediamo la voce di Sasso sbizzarrirsi dietro la chitarra ed il flauto adeguatamente sostenuti dalla batteria, ora forte ora delicata, di Giorgio Gardino.

L’assolo centrale, ma anche quello finale, farà la gioia di qualsivoglia appassionato di progressive rock targato Italia.

Non chiudere a chiave le stelle: le chitarre sono effettate con i vari phaser e chorus assieme alle tastiere ed ai delicati interventi di basso ad opera di Luciano Boero. Inoltre, va detto che il tutto ha un carattere più etereo e lontano grazie al passaggio di microfono. Per questo brano, infatti, è il polistrumentista Alberto Graviglio a condurre i giochi.

Vendesi Saggezza: atmosfere più cupe e legate a Genesis, ma soprattutto ai King Crimson, per questo brano conclusivo che chiude in bellezza un disco ineccepibile con un testo che mischia sapientemente poesia, mitologia greca ed un tocco di fantascienza.

Un piccolo appunto, i due celebri nomi inglesi non sono citati a caso perché la band, prima del disco, si esibiva coverizzandoli nei vari locali. Gli assoli del sesto minuto vi ricorderanno non poco le celebri band albioniche.

Giudizio sintetico:

Album ingiustamente sottovalutato all’epoca e pieno di sentimento, tecnica e poesia. Quale combinazione migliore se non questa? Da avere assolutamente e riascoltare più e più volte!

Copertina:

Una piccola fata è inginocchiata e si stringe a sé sulle rive di un corso d’acqua

Etichetta: Polydor

Line up:

Leonardo Sasso (voce), Alberto Graviglio (chitarra, flauto e voce), Ezio Vevey (chitarra e voce), Luciano Boero (basso ed hammond), Michele Conta (pianoforte e tastiere), Oscar Mazzoglio (tastiere) e Giorgio Gardino (batteria e vibrafono)

— Onda Musicale

Tags: PFM, Genesis, Banco del Mutuo Soccorso, King Crimson, Osanna
Leggi anche
Queen: probabilmente sono ancora una delle rock band più grandi
Little Richard: auguri all’inventore del Rock and Roll