Con un articolo su Brave New Europe, Roger Waters interviene sulla guerra in Ucraina. Era assordante il silenzio di Roger Waters sul conflitto in corso nel cuore d’Europa.
Lui che, quando aveva solo 5 mesi, la guerra l’ha subita sulla propria pelle, col padre morto durante lo sbarco di Anzio nel 1944; lui che ha pianto sulla tomba del nonno caduto durante la battaglia della Somme nel 1916. Lui che ha scritto tante tra le più profonde canzoni contro la guerra degli ultimi 50 anni; lui che ha allestito mastodontiche opere sceniche per diffondere messaggi di pace, benché spesso controversi.
Lui, attivista umanitario, strenuo difensore degli oppressi e duro attaccante degli oppressori.
Divisivo, sempre, con le sue nette prese di posizione.
Per tutto questo, era assordante il silenzio di Roger Waters sulla guerra condotta da Putin.
Ha rotto il silenzio con un articolo, rilasciato il 4 marzo e diffuso ieri, pubblicato sul sito web “Brave New Europe” – una testata londinese il cui obiettivo è la “promozione del pensiero critico e la creazione di un’alternativa al neoliberismo”.
In considerazione della delicatezza dell’argomento e tenuto conto del valore riconosciuto al pensiero critico di Roger Waters, ci limitiamo a riportare integralmente le sue parole, rimettendo ai lettori commenti e valutazioni.
Roger Waters:
“Dopo essermi rigirato per tutta la notte, ho capito una cosa. Noi di sinistra facciamo spesso l’errore di considerare ancora la Russia come una cosa in qualche modo socialista. Naturalmente non lo è. L’Unione Sovietica è finita nel 1991. La Russia è un paradiso per purosangue gangster capitalisti neoliberali; un paradiso modellato, durante il periodo della sua orribile ristrutturazione sotto Boris Eltsin (1991-1999), sugli Stati Uniti d’America.
Non deve sorprendere che il suo leader autocratico e forse squilibrato, Vladimir Putin, non abbia più rispetto per la Carta delle Nazioni Unite e per il diritto internazionale di quanto ne abbiano avuto i recenti presidenti degli Stati Uniti o i primi ministri d’Inghilterra (per esempio, ricordate George W. Bush e Tony Blair durante l’invasione dell’Iraq).
Io, d’altro canto, mi preoccupo del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e posso inequivocabilmente affermare che se avessi avuto il diritto di voto nell’Assemblea Generale il 2 marzo, avrei votato con i 141 ambasciatori che hanno sostenuto la risoluzione che condanna la Russia per la sua invasione dell’Ucraina e che chiede il ritiro delle sue forze armate.“
“Vorrei che l’Assemblea Generale avesse un mandato di governo“
“Purtroppo non ce l’ha; ciò significa che è ancora più in debito nei confronti di tutti noi attivisti contro la guerra che amiamo la libertà e rispettiamo la legge per stare spalla a spalla con tutti i nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo, indipendentemente da razza, religione o nazionalità, nel perseguire la sfuggente pace.
Naturalmente questo significa stare con il popolo russo e con il popolo ucraino, con il popolo palestinese, con il popolo siriano, con il popolo libanese, con i curdi, con gli afroamericani, con i messicani, con gli abitanti della foresta pluviale ecuadoriana, con i minatori sudafricani, con gli armeni, con i greci, con gli Inuit, con i Mapuche e con i miei vicini, gli Shinnecock, per citarne solo alcuni.
È stato mostruoso sentire giornalisti bianchi occidentali (come Charlie D’Agata di CBS News) lamentarsi della situazione dei rifugiati ucraini sulla base del fatto che “ci assomigliano”, quando si rivolgono a quello che ritengono debba essere un pubblico bianco occidentale; e che il conflitto in Ucraina è eccezionale perché “questo non è l’Afghanistan o l’Iraq”. Questo è oltraggioso.
Tale pensiero implica che in qualche modo sia più accettabile fare la guerra a persone la cui pelle è marrone o nera e cacciarle dalle loro case rispetto a persone che “sembrano come noi”. Non è così. Tutti i rifugiati, tutte le persone che lottano sono nostri fratelli e sorelle.
In questi giorni difficili, dovremmo resistere alla tentazione di gettare benzina sul fuoco tra buoni e cattivi; dovremmo chiedere un cessate il fuoco in nome dell’umanità; dovremmo sostenere i nostri fratelli e sorelle che lottano per la pace a livello internazionale, a Mosca e Santiago e Parigi e San Paolo e New York, perché siamo ovunque; e smettere di riversare armi da guerra nell’Europa dell’Est, destabilizzando ulteriormente la regione solo per soddisfare l’insaziabile appetito dell’industria internazionale degli armamenti.
Forse dovremmo far sentire la nostra voce per incoraggiare l’idea di un’Ucraina neutrale, come è stato ripetutamente suggerito da sagge persone in buona fede per molti anni. Prima di tutto, naturalmente, gli ucraini devono chiedere un cessate il fuoco; ma dopo, forse gli ucraini accoglierebbero con favore un tale accordo. Forse qualcuno dovrebbe chiederlo a loro.
Una cosa è certa: non può essere lasciato spazio ai gangster. Se lasciati ai loro artifici, i gangster ci uccideranno tutti”.
This is Roger Waters
Questo il pensiero di Roger Waters sull’ennesimo tradimento del “sogno di pace dell’artigliere”, invocato nella struggente “The Gunner’s Dream”.
Nell’intervento Waters menziona molti dei tantissimi fronti di battaglia ideologica ai quali ha direttamente dedicato la sua attenzione politica negli ultimi anni; dai popoli senza Stato (Curdi, Palestinesi, Inuit, Mapuche, Shinnecock) ai popoli perennemente bombardati (Siriani, Libanesi).
Un intervento di alto profilo che va anche oltre la stringente attualità? Che inserisce inequivocabilmente Putin nella lista dei “Pigs”? Divisivo come sempre? Signori, questo è Roger Waters.