“Quante gocce di rugiada intorno a me, cerco il sole, ma non c’è“, molto probabilmente uno degli intro più famosi di tutta la storia del progressive rock (altresì detto rock progressivo o anche rock sinfonico) italiano così come il giro di moog presente nel ritornello.
Gli autori di questo classico, contenuto nell’album “Storia di un minuto”, sono uno dei più importanti complessi musicali italiani, ovvero la Premiata Forneria Marconi (PFM per semplificare la pronuncia anche agli anglofoni visti i famosi tour negli Stati Uniti e non solo). Da segnalare le cover di Franco Battiato e dei Marlene Kuntz oltre che ad un filmato presente in rete in cui Jordan Rudess, tastierista del gruppo progressive metal Dream Theater, si esibisce nell’intro appena citato.
Dopo questa breve intro – duzione occorre fare un po’ di precisazioni sul gruppo in questione.
Da un inizio beat come I Quelli e più prog con i Krel, quei ragazzi diventano dei gettonatissimi musicisti di studio collaborando anche con Francesco Guccini per il suo album “L’isola non trovata”, e poi, a carriera ormai affermata, con il compianto Fabrizio De André con il quale realizzarono lo splendido doppio album live con il cantautore genovese. Album con il quale le versioni delle canzoni di Faber sono state suonate, circa, alla stessa maniera nei successivi concerti sia del cantautore genovese che della PFM.
Ad ogni modo, l’obiettivo di questo album era quello di condensare la giornata di una persona in un minuto. Cominciamo dunque ad analizzare i brani presenti all’interno dell’album, una perla che ha segnato l’inizio di una delle signori band del nostro Paese
Introduzione: quale inizio migliore per far capire la levatura della PFM? Un inizio caratterizzato da un arpeggio in acustica armonizzato, da fiati, voce e tastiere (ed alcune solitarie note di basso) per poi portare alla vera e propria parte rock con chitarra elettrica distorta e batteria. Come un’onda ci avvolgecon questa carica per poi lasciare spazio al pezzo più famoso dell’album.
Impressioni di settembre: continuando il discorso di“Introduzione” il brano di distingue per l’alternarsi di delicati stacchi acustici ad altri più “aggressivi” contornati da uno dei più famosi giri di moog della musica per portare ad un crescendo sempre più coinvolgente che farà venire voglia di ascoltare e riascoltare il pezzo in questione all’infinito.
È festa: questo quasi strumentale evidenzia l'”italianità” del gruppo con una sorta di tarantella in chiave progressive. Anche il qui il moog la fa da padrone, non per niente Premoli era letteralmente il “campione” di fisarmonica del suo paese natio, ed i cori si fanno sentire così come la voglia di saltare e lasciarsi trascinare dall’incalzante del ritmo del brano, con tratti blues ed acustici verso la fine, con un finale al fulmicotone.
Dove … quando … (parte I): come in ogni buon album prog che si rispetti, perseguendo lo stereotipo, anche questo brano si divide in due parti, ma invece di parlare di teiere nello spazio, prismi di rifrazione newtonianie re cremisi, questo parla d’amore.
Dove … quando … (parte II): tastiere e violino in prima parte, soffusi e delicati, per poi lasciare spazio agli intricati virtuosismi jazz di Premoli seguiti a ruota dalle rullate decise di Di Cioccio e le corde di Mussida. Vi è poi il ritorno al gioco tra atmosfere più classiche, dove il moog di Premoli da tutto il meglio di sè con i suoi picchi, e sonorità free jazz. Fantastico il gioco finale di botta e risposta tra Mussida e Premoli.
La carrozza di Hans: brano più enigmatico e fantastico dove si respira un’aria già più tipica dei JethroTull, non per niente la PFM si è esibita con lo stesso Ian Anderson anni dopo nello stesso pezzo, grazie al flauto ed agli intricati arpeggi tra flamenco e musica classica. Pezzo che poi evolve progressivamente in una maniera che definire sublime è poco.
Grazie davvero: pezzo di chiusura dell’album che ricorda i King Crimson più delicati ed introspettivi ai quali seguono poi le atmosfere più epiche del prog italiano, come quelle degli Osanna, e sommi momenti puramente orchestrali. Un finale perfetto per un disco senza sbavature!
Giudizio sintetico
Veri e propri portabandiera del prog italiano la PFM ha concepito un disco senza sbavature o imprecisioni. Da avere assolutamente e da ascoltare sempre e comunque!
Copertina: dipinto con ritratto un volto che, sorridendo in maniera enigmatica, affronta tutta la sua complessità interiore. A terra le lettere dispongono la sigla della Premiata Forneria Marconi
Etichetta: Numero Uno
Line up: Franz Di Cioccio (batteria e voce), Franco Mussida (chitarre, mandoloncello e voce), Mauro Pagani (fiati, violino e voce), Giorgio Piazza (basso e voce) e Flavio Premoli (tastiere e voce)