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Un disco per il week end: “Collage” de Le Orme (1971)

Dopo i precedenti Ad gloriame L’aurora delle Orme, tutti più beat, Le Orme decidono di puntare in maniera decisa sul progressive rock senza comunque rinunciare alla collaborazione di Gian Piero Riverberi.

Siamo nel 1971 e la band pubblica Collage, vera e propria chicca della band che rappresenterà un grande traguardo prima del disco dell’anno successivo. Lo splendido Uomo di pezza(di cui abbiamo già parlato qui) del 1972.

 Collage: i tasti d’avorio di Pagliuca strizzano l’occhio al Barocco ed aprono le danze per questo strumentale a cui segue subito la forsennata batteria di Dei Rossi. Le sonorità barocche si accentuano in particolare verso metà del brano, come in un ballo sfarzoso, per poi riprendere il giro iniziale. Questa sequenza al clavicembalo riprende la sonata K 380 del clavicembalista e compositore barocco Domenico Scarlatti.

Era inverno: la voce ed il basso di Tagliapietra si fanno più dure mentre Pagliuca tende il consueto tappeto sognante di note d’avorio. Interessante anche il giro di chitarra acustica all’inizio di una canzone che parla di uno dei mestieri più antichi del mondo. Molto belle e poetiche infatti sono le parole “Un’attrice che non cambia scena/la tristezza della luna/nelle mani della gente/che possiede la tua finta gioia”. Altro punto assolutamente da notare è il lungo intervallo strumentale verso la fine dove sfocia tutta la vena progressive della band assomigliando, non poco, ad un pezzo degli Emerson, Lake & Palmer. La parte finale invece ha delle sonorità più circensi che potranno benissimo far ricordare i Beatles del periodo Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” (leggi qui).

Cemento armato: “cemento armato/la grande città/senti la vita che se ne va” queste le parole dall’eco metallico di Tagliapietra che compongono l’inizio di uno dei pezzi più lunghi e progressivi del disco caratterizzato da parecchi intervalli strumentali. Cambi di tempo, momenti d’improvvisazione e tanta poesia. Questi gli elementi che rendono “Cemento armato” un pezzo davvero completo.

Sguardo verso il cielo: basso, tastiera e batteria si rincorrono in un gioco di suoni per un brano più poetico ed etereo (“la maschera di un clown in mezzo a un gran deserto”) con un ritorno all’acustico. Da notare i synth di Pagliuca si innalzano al cielo come sirene antiaeree senza comunque disdegnare dei passaggi tipici della musica classica.

Evasione totale: sette minuti di pura sperimentazione ed estasi progressiva, un’evasione totale dalla realtà, per questo strumentale che strizza l’occhio alle sonorità psichedeliche dei Pink Floyd.

Immagini: l’inizio sembra quasi una canzone di chiesa, ma poi l’organo di Pagliuca estra dei suoni che definire spaziali è poco. Da notare la distorsione della voce di Tagliapietra!

Morte di un fiore: commovente brano di chiusura che racconta la morte di una giovane hippie. “Ti sei fatta ritrovare/nel mezzo di un prato/ dentro ai tuoi logori blue jeans”, queste le parole poetiche con cui comincia il brano. Da notare anche l’epico finale in cui la voce di Tagliapietra si fonda alle tastiere di Pagliuca.

 Giudizio sintetico: pietra miliare del progressive rock italiano e disco indispensabile per capire la trasformazione stilistica de Le Orme

Copertina: Pagliuca, Dei Rossi e Tagliapietra pallidi e a torso nudo all’interno di un cimitero

Etichetta: Philips

Line up: Aldo Tagliapietra (voce, basso e chitarra), Tony Pagliuca (Hammond e tastiere) e Michi Dei Rossi (batteria e percussioni)

 

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd, The Beatles, Barocco, Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, Le Orme
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