Recensioni e Interviste

“Canostra”è il primo EP dell’omonima band veronese

“Canostra” il primo EP dell’omonima band veronese vuole significare sentirsi a casa, al sicuro nella propria comodità e intimità.

“Canostra”, primo EP dell’omonima band veronese, già anticipato dai singoli “Fare il morto a galla” e “Fermo immagine”. “Canostra” vuole significare sentirsi a casa, al sicuro nella propria comodità e intimità, ma anche in compagnia delle proprie incertezze, riflessioni più profonde ed esistenziali. Ciascuno di questi 6 brani racconta un aspetto della vita, un’analisi altamente introspettiva, un’esperienza che chiunque può aver sperimentato e che può ora ascoltare sulla poltrona nel salotto di casa, attorno al calore di un fuoco insieme agli amici più fidati o al buio nel silenzio della propria camera.

Se doveste presentare la vostra band attraverso il titolo di una canzone (di altri artisti), quale scegliereste e perché?

“Questa è una domanda interessante e difficile. Sicuramente ce ne saranno altre forse anche più appropriate ma la prima che ci viene in mente è “Going Home” del cantautore islandese Ásgeir. Questo perché ci piace definire Canostra come un “luogo universalmente personale”, in cui la sensibilità nostra personale diventa propria di chi ci ascolta; un luogo in cui chiunque può sentirsi al sicuro, nella propria comodità, ma come anche in compagnia delle proprie fragilità e insicurezze. L’invito quindi piuttosto che tornare è di entrare a Canostra, aprire la porta e lasciarsi pervadere dalle sensazioni ed esperienze umane che ci accomunano tutti quanti, per condividerle e farne tesoro”.

Come avete portato avanti la creazione del vostro primo disco? Come è nata l’idea, eventuali difficoltà incontrate…

“La volontà di fare un EP è dovuta al fatto che fin dall’inizio del progetto, prima ancora che fossimo una band, i pezzi erano tanti e riuscivamo a intuirne il potenziale. Per cui dopo aver individuato quelli più interessanti, siamo passati ad una fase di pre produzione con l’aiuto di Cristian Volpato. Era il 2020, quindi il covid e le zone rosse ci hanno senz’altro rallentato. Nel momento in cui la situazione si è sbloccata e avevamo giù due tre prezzi definiti e a buon punto, ha preso forma a tutti gli effetti la band Canostra e da lì abbiamo proceduto più spediti, e nel giro di un anno siamo riusciti a produrrei brani nel modo che ci soddisfacesse di più e anche a promuoverli al meglio delle nostre possibilità”.

Come sono cambiati (se sono cambiati) i vostri gusti musicali nel corso del tempo?

“Sicuramente è cambiato il nostro modo di fruire la musica, quando eravamo più giovani non esisteva lo streaming ma al massimo scoprivamo nuova musica su YouTube, quindi il nostro primo approccio è stato con i dischi dei nostri genitori già presenti in casa. A meno che uno non abbia genitori appassionati alla scena contemporanea, era facile non arrivare oltre gli anni ‘90 [ride]. Senza nulla togliere ai Pink Floyd, la PFM, Genesis, insomma i grandi di quegli anni che comunque abbiamo divorato, scoprire gruppi come Radiohead, Editors, Alt-j, artisti come Iosonouncane, Motta, Andrea Laszlo de Simone e infiniti altri è stato il vero motore che ci ha spinto a volerci mettere noi in prima persona a fare musica”.

Avete mai inciso un brano che però avete deciso di non pubblicare mai?

“Non esattamente, diciamo che nel nostro piccolo finora avevamo una nutrita serie di demo da cui partire e quelle più valide sono diventate i pezzi che potete ascoltare in “Canostra”, il nostro EP. Però c’è stata una canzone chiamata “Il tuo motivo”, una delle prime che sono state scritte, che avevamo iniziato a produrre ma che fin da subito ci ha convinto poco, per cui già dopo la prima sessione di registrazioni abbiamo deciso di accantonarla”.

Quali sono i consigli che daresti a chi vorrebbe fondare una band?

“Sicuramente il primo consiglio è quello di divertirsi: fare musica è un mondo bellissimo ma altrettanto difficile, data la quantità di gente talentuosa e le opportunità invece limitate; quindi prima di tutto l’obiettivo deve essere quello di fare musica per sé, come sfogo o forma di espressione insomma. Poi sicuramente ci vogliono impegno e costanza se si vuole ambire in alto, è un viaggio a lungo termine. Questo non lo diciamo certo da “arrivati”, al contrario, noi siamo ancora all’inizio del nostro percorso e ci scontriamo con queste difficoltà ogni giorno. Infine, avere già in mente la direzione che si vuole intraprendere, il messaggio, può essere un vantaggio, soprattutto all’inizio”.

— Onda Musicale

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