Un album rock dove chitarre ruvide accompagnano una voce profonda e graffiata.
Il vostro nuovo album, “Weer”, è stato appena pubblicato. Potete dirci qualcosa in più sulla direzione musicale di questo disco e sulle influenze che l’hanno caratterizzato?
«Il nostro omonimo disco prende a piene mani da tutta la sfera musicale che ha caratterizzato la nostra “esistenza”; siamo figli degli anni 90 e la musica alternativa è stata sempre la nostra colonna sonora; ognuno di noi poi ha gusti musicali molto simili (ovviamente con qualche differenza, c’è chi ama di più il filone Americano e chi quello Inglese) quindi è stato facile creare le sinergie adatte per dar vita al disco.»
Il singolo “Late to Pray” ha anticipato l’uscita dell’album. Qual è il significato di questa canzone e perché avete scelto di presentarla come primo singolo?
«Late to pray è un “cazzotto” sullo stomaco, si apre con il noise del jack che entra nell’ampli e si chiude con il jack che viene staccato, nel mezzo tre minuti di rabbia nata dalla poca cura con la quale trattiamo il nostro povero pianeta che, senza mezze misure, abbiamo mandato a puttane; ormai è decisamente “tardi per pregare” perché nessuna divinità è in grado di sanare materialmente qualcosa di concreto, può far bene l’anima, può far bene allo spirito ma di certo non può farti tornare indietro nel tempo per prendere decisioni più oculate. Nel testo c’è un barlume di speranza (forse, anzi, sicuramente utopistica) e cioè diffondere l’amore che abbiamo dentro, pensare meno a noi stessi e cercare di voler bene a quello che ci circonda.»
Come è stato il processo di registrazione e produzione dell’album? Avete incontrato delle sfide particolari durante la creazione di “Weer”?
«È stato fantastico, non privo di piccoli intoppi, ma quelli ci sono in qualsiasi processo creativo. Ci siamo chiusi per un mese in un casolare immerso nella natura dove ci siamo lasciati inspirare dalla pace e la tranquillità di quel meraviglioso posto; il disco ha preso forma, in primis, nella nostra sala prove e definitivamente nel casale, dove, grazie al sapiente aiuto del nostro producer, si è arricchito di tutte quelle sfumature necessarie per dare una identità definitiva ai nostri brani.»
Il vostro progetto musicale è nato dall’incontro tra Filippo e Alessandro, che hanno poi coinvolto Simone e Virginia. Come avete trovato l’equilibrio e l’identità musicale come band? Come avete deciso di esplorare gli stili stoner, rock psichedelico e grunge moderno?
«In realtà è stato veramente facile, il nostro background musicale è molto simile quindi trovarsi è stato automatico sia per l’equilibrio sia per l’identità musicale. Siamo una band “giovane” è da Maggio 2022 che suoniamo con la formazione attuale, poco tempo è vero, ma è stato subito amore reciproco. L’esplorazione dei diversi generi è venuta da sé, si parte dalla stessa base fondamentalmente, quindi prima si crea e poi si cerca di incasellare il genere, anche se è una cosa che non amiamo molto visto che sembra un po’ limitante dire “noi siamo stoner, noi siamo grunge, noi siamo psichedelici”; Noi siamo questo, quattro amanti della musica che partono da un riff e da lì cercano di creare la magia!»
Avete deciso di isolarvi in un casolare immerso nei boschi per dare un senso all’idea di musica e trovare una nuova identità come band. In che modo questa esperienza ha influenzato il vostro processo creativo e la scrittura delle canzoni presenti in “Weer”?
«Come detto in precedenza, le canzoni hanno prima preso forma nella sala prove e poi definitivamente nel casolare. E’ stato un modo per unirci ancora di più, per conoscerci meglio sia dal punto di vista musicale che umano (che forse è anche il lato più importante per poter godere al meglio dell’esperienza musicale e per poter portare avanti il nostro progetto).»
Quali sono i vostri piani futuri dopo la pubblicazione di “Weer”?
«Sembrerà un po’ scontato dirlo, ma i nostri piani futuri sono di andare a suonare il più possibile e nei posti più disparati; vogliamo far ascoltare i nostri brani dal vivo più che su piattaforme che risultano un po’ “fredde”, la musica è emozione e non c’è niente di meglio che vedere un gruppo che suona per poter carpire il significato delle canzoni (o comunque l’intenzione che vogliamo dargli), certo, potremmo star qui ad elencare le origini di ogni singolo pezzo, ma sappiamo che la musica comunica attraverso più sensi contemporaneamente ed è nostra intenzione far percepire quanto le nostre creazioni siano importanti per noi. Siamo già in fase di scrittura di nuovi brani da portare nei live che verranno.»