Recensioni e Interviste

“Canzoni per chi…” è il nuovo singolo di Giuseppe D’Alonzo

copertina singolo canzoni per chi

“Canzoni per chi…” sa essere sociale senza i social, il nuovo brano di Giuseppe D’Alonzo.

Giuseppe D’Alonzo torna con la sua chitarra e la sua voglia di farci emozionare con il singolo “Canzoni per chi…”. Il brano vede la collaborazione della cantante Elisa Sandrini che accompagna il profondo messaggio di Giuseppe in una canzone che sa emozionare e coinvolgere. Una melodia pop in cui gli strumenti predominanti sono la fisarmonica, il contrabbasso, il pianoforte e la chitarra acustica.

Ciao Giuseppe, ben tornato a Onda Musicale. Un anno fa parlavamo del tuo album “Fantasmi di carta” e oggi presenti un nuovo singolo “Canzoni per chi”. Ci vuoi raccontare come si è evoluto il tuo sound da allora?

Ciao e grazie per ospitarci in questo spazio editoriale. È una bella domanda che nessuno ancora mi aveva fatto, anche perché qualcosa è avvenuto davvero. In questi ultimi anni mi sono allontanato un po’ dalla mia storica band i “Crabby’s” per dedicarmi ad altre collaborazioni e produzioni soliste, più cantautorali per cercare di esprimere al meglio me stesso. Ho ascoltato molti artisti come Elliot Smith, Nick Drake ma soprattutto Bob Dylan, con quest’ultimo sono entrato in una sorta di “fissa”. Tutto questo ha portato ai singoli “Gravità” e “Come si fa” e a quest’ultimo lavoro in collaborazione con Elisa Sandrini. Il sound è passato da “full band” ricco di chitarra elettrica e basso elettrico, ad un sound un po’ più ricercato, raffinato se vogliamo. Suono molto di più la chitarra acustica, accendo molto meno l’amplificatore valvolare, faccio meno rumore per così dire. Ho ripreso l’armonica a bocca che suonavo da adolescente, sono entrati la viola il contrabbasso e in quest’ultimo brano incredibilmente la fisarmonica di Elisa. Sono così felice della scelta della fisarmonica, perché era lo strumento che sonava mio nonno e mi riporta a quell’infanzia spensierata piena di amore incondizionato.

Il brano è caratterizzato da un arrangiamento sobrio con strumenti come la fisarmonica, il contrabbasso, il pianoforte e la chitarra acustica. Qual è stata l’ispirazione dietro questa scelta?

Volevo che fosse un brano senza tempo perché l’arpeggio di chitarra da cui è nato tutto è, a mio avviso, un arpeggio molto particolare che non ha una collocazione temporale. Potrebbe essere stato scritto anche all’inizio del secolo scorso. Il testo non ha nessun riferimento temporale, per cui un arrangiamento più elettronico avrebbe fatto perdere questa caratteristica al brano che volevo appunto fosse unico in questo periodo storico. La fisarmonica ha rafforzato questa caratteristica.

Il testo di “Canzoni per chi…” sembra affrontare temi di attualità e discrezione nella vita quotidiana. Qual è il messaggio nascosto tra le righe del testo e a chi si rivolge specificamente?

Anche il testo può essere “traslato” in diversi periodi storici. Da un lato vuole togliere le scuse a chi di sovente utilizza il tempo e le sue derivazioni come alibi, dall’altro fa appunto riflettere su come l’arte ha sempre viaggiato su diversi binari, quelli sotterranei con treni autogestiti nell’underground e quelli in superficie con hostess autisti e tutti i comfort del caso. Fa parte del gioco, ma sempre di arte si parla, altrimenti Nick Drake, Van Gogh ed una infinità di altri artisti “scoperti” post mortem non sarebbero mai arrivati fino a noi oggi. Forse è proprio dall’oscurità di quei binari sotterranei che nascevano le grandi cose che abbiamo la fortuna di godere artisticamente oggi. E’ in quei binari sotterranei che non transitano più gli artisti contemporanei. Scuole, contest, l’artista aimè non si confeziona, l’arte non si impara, nasce dal profondo dell’anima, spesso da periodi turbolenti della vita. Le tecniche si imparano ma l’artista vero utilizza le tecniche al proprio servizio per creare qualcosa di nuovo o addirittura tecniche nuove. Pensate a Jimi Hendrix autodidatta che ha cambiato per sempre la storia del rock ponendo le basi dell’hard rock, ai Beatles, e così via…

Il videoclip del brano è stato girato da Alfredo Tarantini e montato da Jacopo Canali, con la partecipazione di Matisse, il pesce rosso. Puoi condividere qualche dettaglio interessante riguardo alla realizzazione del video e al ruolo del pesce rosso nel contesto del brano?

È stato un fine settimana davvero divertente, siamo arrivati a Roma chi da Parma, chi da Pescara per girare questo video in 2 gg. Matisse ha affrontato un viaggio in auto di 3 ore e ha dovuto resistere nella boccia di vetro per pochi minuti, sapete che i pesci rossi non amano le bocce di vetro. Ma è andato tutto bene! Elisa aveva due ruoli, la cantante e l’artista alienata che doveva ritrarre il pesce rosso nella boccia, come il famoso pittore più di un secolo fa. Peccato però che Matisse (il pittore) realizzò il famoso e bellissimo quadro “il pesce rosso”, mentre Elisa artista contemporanea nell’epoca dell’IA si è concentrata sulle traiettorie tracciate dal pesce nella boccia a testimonianza della ormai mancanza di creatività a cui stiamo andando incontro.

Nel comunicato si menziona una riflessione sull’osservazione della bellezza senza i filtri della tecnologia, specialmente nel mondo degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale. Come pensate che questo tema si rifletta nella vostra musica e nell’industria musicale in generale?

Io continuerò a fare musica alla vecchia maniera, finché ne avrò voglia. Non sono per nulla attratto dalla creatività artificiale, amo la tecnologia ma solo se a servizio dell’uomo, no se si sostituisce all’uomo e ne svilisce la sua creatività. Questo purtroppo è quello che con grossa probabilità ci aspetta; in un mondo sempre più omologato e semplificato. Lo dicevo anni fa, e lo continuo a dire oggi, purtroppo i dati mi danno ragione. Oggi Bob Dylan,di cui elogiamo tutti gli enormi meriti creativi non sarebbe stato prodotto da nessuno, ma proprio nessuno. Questo è, eppure una delle due Major discografiche ne ha acquistato tutti i diritti (e non solo dei suoi), ci sarà un motivo no? Hanno già capito che a livello creativo è tutto finito e ci riproporranno i grandi del folk, pop, rock in tutte le salse, inserendoli in algoritmi di intelligenza artificiale. E avendone i diritti potranno far uscire tante di quelle nuove melodie tutte simili ma diverse tra loro da assicurarsi il mercato per i prossimi decenni….basta assegnarle poi a dei performer e il gioco è fatto. Ecco perché oggi gli artisti ormai sono più che altro degli ottimi performer, ed è quello che i contest sfornano; dei veri professionisti del palco. A nessuno interessa chi ha scritto le canzoni, anche perché non emozionano più le canzoni in sé ma le performance. Bisogna prenderne atto e chi ancora come me si ostina a cercare di scrivere belle canzoni viaggia in un binario morto, ma l’importante è averne consapevolezza.

Giuseppe D’Alonzo ha una lunga carriera musicale che spazia dal rock blues al cantautorato. Come descrivereste l’evoluzione del vostro sound nel corso degli anni e come avete mantenuto l’abilità di emozionare un pubblico molto ampio?

Siamo partiti da un sound Rock Blues, una volta in un live Maurizio Solieri presente tra il pubblico ci ha accostato ai Jefferson Airplane e Fleetwood Mac per due canzoni in particolare, rispettivamente Broken Doors e Try, per poi approdare ad un cantautorato classico italiano. L’ultimo periodo mi vede impegnato in una sorta di folk/PoP che strizza l’occhio all’America di Bob Dylan seppur con testi in italiano, però il filo conduttore sono sempre delle melodie profonde ma orecchiabili, che restano nella testa, non si scordano facilmente. A mio avviso questo è quello che riesce a catturare, per così dire, l’ascoltatore. Ovviamente è un pubblico aperto a musica di un genere non certo d’avanguardia ma apprezzato da chi ha una certa età e chi, anche giovane, studia uno strumento musicale, in special modo la chitarra, un chitarrista ha sicuramente di che divertirsi.

Elisa Sandrini, con la sua formazione musicale e la varietà di progetti in cui ha partecipato, ha un approccio versatile alla musica. Come ha influenzato la sua esperienza nel pianoforte classico e nella fisarmonica il suo stile e la sua interpretazione delle canzoni?

Elisa vive la musica da quando è bambina e la ama profondamente. Da subito è nato feeling tra noi perché crediamo che la musica oltre ai tecnicismi, sia l’espressione più profonda del vivere. Elisa è vero è laureata in piano classico ma ha sempre abbracciato diversi generi fin da quando era piccola e quindi aver studiato classica non è stato un vincolo per lei, anzi è stato un modo per scoprire in realtà un nuovo mondo ricco di meraviglia e assimilare gli stili, l’armonia e la fantasia di quelle musiche. Essendo una cantautrice da un animo eclettico e amando differenti generi musicali, ha capito perfettamente l’idea del sound che avrei voluto ricreare e così ha pensato subito di inserire la sua fisarmonica.

Entrambi avete collaborato con altri artisti, nazionali e internazionali. Qual è il vostro approccio alla collaborazione e come pensate che queste esperienze abbiano arricchito la vostra musica?

Le collaborazioni arricchiscono sempre perché sono scambi. Si può anche non essere d’accordo ma già il fatto di avere una discussione costruttiva porta a una crescita perché si stanno valutando nuove possibilità e nuove strade e magari si decide di prendere una terza strada del tutto nuova. La collaborazione significa tante cose per noi: ascolto, aiuto reciproco, crescita e amicizia.

Infine, qual è il prossimo passo per voi dopo il lancio di “Canzoni per chi…”? Avete progetti futuri che potete condividere con i vostri fan?

Siamo un po’ distanti ma magari qualche live insieme riusciremo a farlo lo stesso. Poi chissà, magari un’altra collaborazione, se la vita lo vorrà, bene venga.

— Onda Musicale

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