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Compagnia Toscana Sigari: intervista a … un’eccellenza italiana

campo di coltivazione tabacco. Compagnia Toscana Sigari

Intervista a Gabriele Zippilli, fondatore e presidente della Compagnia Toscana Sigari.

Venere, Bacco e Tabacco si coniugano da sempre insieme, soprattutto se accompagnati dalla buona musica. Non è quindi insolito intervistare il presidente della Compagnia Toscana Sigari, Gabriele Zippilli, per raccontarci una delle tante eccellenze italiane.

Come si unisce la coltivazione del tabacco con la rivitalizzazione del territorio?

«Abbiamo visto che alla base della realizzazione dei sigari Tornabuoni c’è la sinergia tra caratteristiche dei terreni e singole linee varietali. Impieghiamo solamente linee di tabacco Kentucky in purezza, ma il nostro rigore non si accontenta di questo. Tra i nostri obiettivi strategici c’è, infatti, quello di recuperare, riprodurre, salvaguardare e valorizzare le linee varietali storicamente presenti in Valtiberina. Queste antiche linee erano state abbandonate per motivi economici: erano poco produttive dal punto di vista quantitativo, perché danno poche foglie o di dimensioni relativamente ridotte. In altre parole, pur garantendo una qualità del tabacco elevata e, di conseguenza, una fumata molto aromatica ed elegante, semplicemente non erano adatte alla produzione di massa in quanto troppo costose».

Quanto è importante lo studio dell’agronomia per quest’attività?

«È fondamentale. Quando da agronomo ho iniziato a lavorare con il tabacco ho studiato le caratteristiche di ogni singola linea varietale non solo dal punto di vista agronomico, ma anche dal punto di vista storico e culturale, confrontandomi con gli agricoltori. Da secoli qui in Valtiberina la tradizione si tramanda oralmente di padre in figlio e per capire davvero bisogna avere un buon rapporto con la nostra gente… ho scoperto che i coltivatori, oltre alle linee varietali richieste dalle vecchie agenzie dei Monopoli, ne coltivavano anche altre ben più antiche e ho avuto modo di costituire e conservare una collezione di sementi dal valore storico e agronomico inestimabile.

Come è avvenuto il processo di coltivazione?

«Una volta costruita e ordinata questa collezione, una volta messe in salvo queste preziose varietà, siamo partiti con le sperimentazioni in campo e siamo andati a coltivarle su terreni specifici, per valutare che tipo di tabacco avremmo potuto
ottenere. Dopo anni di studio abbiamo formulato ricette che rendono i nostri sigari unici, naturalmente anche facendo sperimentazione con varietà presenti sul mercato e collaborando con case sementiere e istituti di ricerca per mettere a punto varietà che rispondessero ai nostri standard
».

È vero che per produrre i sigari Tornabuoni usate macchine risalenti agli anni ’70?

«I sigari di questa tipologia sono in generale i più venduti in Italia, ma i Tornabuoni si differenziano da tutti gli altri in commercio e si collocano nel segmento premium del mercato. Per capire meglio, torniamo al 1915. Quell’anno, a Bologna, nasce l’azienda Sasib che già negli anni Trenta è attiva nella produzione di macchinari per l’industria del tabacco, con la partecipazione della American Machine and Foundry, un colosso americano che ha prodotto di tutto: dai modellini agli yacht, persino reattori nucleari. Dal 1967 al 1981 è stata proprietaria di Harley Davidson.

Oggi Sasib è tornata in mani italiane e fa parte del gruppo COESIA, ma ciò che ci interessa è che ha prodotto i nostri macchinari, le confezionatrici Sasib Amf 2-79, nei lontani anni Settanta. A quei tempi, la produzione meccanizzata di sigari era differente da oggi e queste macchine agevolatrici non sostituivano in toto la presenza umana, anzi la sigaraia doveva essere sempre presente a bordo macchina a stendere la fascia su un piano rotante. Avremmo potuto aggiornare le nostre macchine per permetter loro di lavorare come tutte le altre, cioè sostanzialmente in autonomia, adottando le bobine di fasce pretagliate (i cosiddetti BUD), ma abbiamo invece deciso di metterle a norma e adeguarle ai tempi solo per quanto riguarda le norme di sicurezza. Automatizzare totalmente questo processo avrebbe significato snaturarlo, e così non l’abbiamo fatto.»

— Onda Musicale

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