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Marco Zappa: un best of dopo 60 anni di carriera

Marco Zappa

Marco Zappa si racconta al nostro giornale.

Andiamo nella Svizzera italiana, andiamo nel Canton Ticino dove regna la canzone d’autore di Marco Zappa. Regna è la parola giusta visto che parliamo di un artista che ha oltre 60 anni di carriera alle spalle, un Premio Svizzero per la Musica e soprattutto un Premio UNESCO. E sono oltre 40 le pubblicazioni che ha nelle tasche… questi numeri non bastano?

Beh, esce per la RadiciMusic “Anele” nel giorno del suo 75esimo compleanno: 32 brani disposti su 2 CD. Un vero e proprio best of dentro cui la sua musica è pescata tra ieri e oggi, tra tutte le “combriccole” di musici che lo seguono nelle diverse formazioni. Tra nuove versioni, rivisitazioni e qualche scrittura inedita si muove nel suono caldo e vissuto di un artista che la vita la contempla e la fotografa giorno per giorno.

Un primo cd tutto in italiano, il secondo tutto in dialetto. E poi il folk, il jazz, il fumo d’autore di locande notturne, il gioco e la “ligera” scanzonata da comitiva. E non manca l’impegno poetico…

Marco Zappa: un pilastro della canzone d’autore svizzera. Che radice svizzera c’è dentro il tuo suono o nella scelta degli strumenti? Hai usato cose della tradizione come il dialetto ticinese?

Oggi penso che ogni artista e naturalmente anche ogni musicista debba essere riconoscibile per quanto riguarda la sua opera. In rapporto al proprio tempo, alla propria cultura, alla propria lingua, alla propria tradizione, al proprio paese. Oggi, però, questo sembra assolutamente poco importante nella produzione commerciale. Oggi bisogna cantare in inglese, suonare con le sonorità elettroniche e potenti dei grossi nomi internazionali, sperando di riuscire a farsi passare per… uno di loro!

Dico subito che negli anni ’60 era esattamente la medesima cosa. Anch’io avevo pubblicato due album ed un primo singolo, in inglese e con musica che nulla aveva a che fare con il mio paese e le mie radici culturali.

Dal 1979 ho cambiato idea. Oggi voglio che la mia musica sia riconoscibile culturalmente in rapporto al mio paese. Al mio tempo, alla mia lingua, ma in modo personale di vedere il mondo. Questo rende comunque questa musica meno “commerciabile”, ma diventa, però, la forza trascinante durante i concerti dal vivo.

Per quanto riguarda le “radici svizzere presenti nella mia musica”, bisogna innanzitutto dire che la Svizzera è un Paese variegato, con quattro lingue, molti dialetti. Molte culture diverse che si fondono e si integrano, essendo comunque molto diverse. Io mi caratterizzo culturalmente chiaramente come “Ticinese”, ed appartengo ad una cultura più lombarda ed anche mediterranea. Questi elementi ed anche le lingue che utilizzo nelle mie canzoni sono quindi legati principalmente a queste caratteristiche.

Comunque, non mi voglio chiudere e limitare alla nostra cultura. Quando il testo ed i contenuti del messaggio poetico lo richiedono, mi piace farlo capire anche con gli strumenti e gli arrangiamenti più etnici che lo richiedono. Ma mi piace paradossalmente anche mescolare e fondere questi elementi tra di loro. È così che la musica progredisce e si modifica, non restando caparbiamente legati solo alla tradizione.

Domanda curiosa: perché la scelta di scrivere tutti i titoli e i nomi senza spazi?

Ho cominciato ad utilizzare questo modo di scrivere alcuni anni fa, creando i titoli delle canzoni sopra i testi e le grafiche dei manifesti e degli album. Mi è piaciuto poter vedere e leggere il concetto contenuto nelle lettere scritte così, preciso e compatto. “SomSenzaSwatch”, “PolentaEPéss” “PuntEBarrier” …

Il futuro di Marco Zappa?

Il futuro lo creiamo o lo distruggiamo noi oggi, con quello che creiamo, con quello in cui crediamo, con il nostro lavoro!

Hai mai pensato di colorare con elettronica e soluzioni di arrangiamento moderno i tuoi brani?

Pensa! È quello che faccio sempre in studio all’inizio di un processo di creazione, di composizione e di arrangiamento! I programmi come ProTools o Logic o, più semplicemente GarageBand, ti permettono di mettere in sequenza suoni e ritmi bellissimi ed accattivanti… È quello che riesce a fare anche il mio piccolo nipote di undici anni.

Ma il lavoro più importante e più impegnativo è quello di riuscire poi a scrivere questa musica per i veri strumenti che suoneranno dal vivo. È riuscire a far vivere con i propri mezzi timbrici ed acustici quello che scrivi. Troppo facile oggi lavorare utilizzando suoni e pattern già presenti nei programmi di registrazione.

È anche chiaro, però, che le radio ed il pubblico meno attento sono più propensi ed abituati a sentire questi suoni e questi tipi di arrangiamenti. Torno a dire: il mio lavoro creativo è sempre rivolto e pensato per uno spettacolo dal vivo, dove il pubblico merita di ascoltare e seguire il lavoro di musicisti che suonano cercando di trarre il massimo dal proprio strumento o dalla propria voce.

Perché un arrangiamento deve dirsi “moderno” solo se utilizza suoni elettronici? Pensa alle musiche che si creavano negli anni ‘70/80utilizzando i suoni del DX7! Oggi puzzano di vecchio! Non così se utilizzi una chitarra, un bouzouki, un flauto, un classico Hammond o una sezione di archi o di fiati!

Il rimando al nostrano Davide Van De Sfroos sembra inevitabile. Con lui hai mai avuto contatti?

Questo rimando lo si può fare, unicamente se si pensa all’uso del dialetto, in molti testi ed anche alla figura cantautorale del personaggio, ma solo per questo. Se si ascoltano le musiche e gli arrangiamenti, i ritmi, le strutture compositive dei brani, si capisce che le nostre proposte musicali sono molto diverse. È vero che ambedue proveniamo da una cultura lombarda, cantiamo, suoniamo la chitarra e scriviamo, ma mi pare che la nostra idea musicale e compositiva sia più aperta e diversificata.

Mi ricordo che con lui avevamo partecipato ad alcuni festival in Svizzera, ma non ci siamo mai conosciuti personalmente. Davide, comunque ha un grande seguito anche qui da noi!

E della scena italiana? Qualche tipo di connessione artistica? Collaborazioni o altro…?

La scena italiana è bellissima, diversificata, piena sia di nuove proposte, sia di personaggi che ne hanno fatto la storia, senza voler citare nomi, perché sarebbe troppo lungo ed impegnativo. I miei interessi musicali e culturali si sono sempre rivolti, dagli anni ’60 ad oggi, sia alla scena italiana che a quella anglosassone.

Ho iniziato a suonare ed a fare musica ai tempi in cui in Italia Celentano creava il suo stile ironico e suonabile su una semplice chitarra mentre in Inghilterra Beatles e Stones portavano nuove sonorità e una nuova visione del fare musica assieme.

Oggi, il fatto di voler proporre nuovi personaggi, facendoli partecipare ad un “TalentShow” mediatico lungo e pretenzioso che evita alle case discografiche di dover investire forze e denaro in nuovi nomi, mi ha tolto qualsiasi interesse musicale per queste proposte. Seguo invece sempre, con grande interesse tecnico e pieno di curiosità, il Festival di Sanremo, ma con… il telecomando pronto in mano.

Amo molto anche “TheVoice”, dove scopro la presenza anche in Italia di talenti musicali purtroppo sconosciuti, ma pieni di una sana e schietta musicalità. Mi piace scoprire e capire il personaggio, conoscendone la storia, la provenienza, le esperienze, la famiglia… Dietro e dentro ogni artista ci sta sempre una persona!!!

— Onda Musicale

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