Recensioni e Interviste

Jaidem: “Una canzone è un’opera progettata e pensata per raggiungere un obiettivo”. L’intervista

foto band

Dopo il ritorno in scena col singolo Frontline, brano schierato a favore della Palestina e contrario a ogni forma di odio e guerra, Jaidem torna col singolo Ricatti.

Jaidem torna col singolo estivo Ricatti che vede la partecipazione come producer e cantante di 6:AM, nome d’arte di Albert Michael, producer e voce urban italo-rumeno-tedesco classe ’92. L’artista, da anni ormai residente in Germania, ha prodotto artisti di fama mondiale e, dopo il suo ritorno con il singolo MhmMhm (AEIOU), si era ripresentato sulla scena nel 2023 con un nuovo brano al fianco di Trumen Records: San Francisco.

In questa intervista abbiamo cercato di scavare più a fondo parlando di entrambi i brani. Jaidem ci ha raccontato qualcosa di lui e della sua famiglia, spiegando con lucidità la situazione palestinese.

Voci Ep è uscito qualche anno fa. I singoli che stiamo sentendo in questi mesi, Frontline e Ricatti, fanno parte di un nuovo progetto? Magari un disco ufficiale?

“Frontline e Ricatti sono progetti che si discostano dalle sonorità di Voci EP sia come concezione sia come direzione artistica. Tuttavia, posso affermare che senza Voci EP, Ricatti e Frontline sarebbero probabilmente rimasti confinati in un’anticamera della mia mente, o non avrebbero raggiunto i risultati ottenuti sotto vari punti di vista. Entrambi i brani mi rappresentano pienamente, ma per motivi molto diversi. Hanno un’importanza strategica non trascurabile che potrete comprendere meglio nei prossimi mesi. L’unico consiglio che posso darvi è di restare connessi.”

Jaidem, partiamo dall’ultimo brano, Ricatti. Me ne parli?

“Ricatti è nata in un periodo in cui ero in pace con me stesso, dove non davo quasi nulla per scontato e molte cose mi facevano stare bene. Ascoltavo brani afrobeat e reggaeton, musica con sonorità più positive rispetto alla norma, e anche quando il testo era catastrofico, notavo sempre quella positività di fondo. Ero un po’ stanco di scrivere con un approccio malinconico o negativo. Tuttavia, questo andava un po’ contro il tono e lo stile riflessivo e malinconico che avevo creato negli anni. Così ho pensato: cosa può dare più malinconia e gioia allo stesso tempo di un amore tossico? Quell’amore che ti dà motivi e stimoli, ma che allo stesso tempo cancella in un istante tutte le speranze e gli stessi stimoli da lei creati.”

Qui collabori con 6:AM uscendo abbastanza dalla tua zona di comfort. Come è stato lavorare su questo brano? Che difficoltà hai avuto? E che insegnamenti?

“Ammetto che inizialmente per la produzione ho pensato al mio infallibile braccio destro, Lupus Mortis. Però, a causa della sua situazione del momento, come dicevo prima, eravamo su due lunghezze d’onda diverse. Per fortuna è intervenuto Roberto, che ha visto subito il potenziale del brano e ha deciso di affidare la produzione a un suo vecchio collaboratore di fiducia, niente meno che 6: AM. Già dal primo ascolto, sia io che Roberto abbiamo capito subito che era quella giusta.

La struttura del brano ha subito parecchi cambiamenti e abbiamo provato vari ritornelli e strutture per ottenere un risultato perfetto. Devo dire che il brano finale non è molto diverso da come lo immaginavo, anzi, è decisamente migliore.

Non è stato facile creare, correggere e coordinare tutte le parti per ottenere il miglior risultato possibile, frutto dell’unione di queste tre menti, e non solo un insieme di buone idee. Ho capito che, quando si lavora con professionisti in modo professionale e tutti hanno a cuore lo stesso obiettivo, i risultati si vedono chiaramente. Questa è la cosa di cui vado più fiero: siamo riusciti a tirare fuori un brano con i******* !”

Il brano è davvero molto diverso dal punto di vista tematico rispetto a Frontline. Come mai questa scelta a così pochi mesi di distanza?

“Una canzone è un’opera progettata e pensata per raggiungere un obiettivo. Per quanto possa essere geniale, musicale e bella, resta fine a sé stessa. “Frontline” racconta di una guerra che dura da più di 75 anni, dove ogni anno accade qualcosa in quella regione del mondo (casa mia, dall’altra parte del Mar Mediterraneo, dove ha origine la cultura cristiana moderna) che ci sveglia e ci costringe a dire: “ora basta”.

Il problema, come molte persone mi hanno fatto notare, è che le canzoni o i movimenti che vediamo ribellarsi nel nome della libertà sono spesso arrabbiati e aggressivi e vengono mal interpretati e usati dalla propaganda opposta. “Frontline” invece è malinconica, triste ma piena di ispirazione, motivazione, energia e orgoglio. Noi siamo capaci di spiegare le cose con calma, soprattutto le peggiori atrocità commesse da quelle entità. Sappiate che queste cose vanno avanti da anni sotto gli sguardi di tutti (sguardi, non occhi, quindi l’attenzione è presente).

Quando la luce dei riflettori è puntata e più brillante che mai, è il momento di farlo anche con la voce e di alzarla più che mai. Per ora è stato ascoltato il lamento malinconico di “Frontline”, ma presto sentirete anche il grido di sfogo.”

Passiamo a Frontline. Prima di parlare del pezzo… puoi raccontarci delle tue origini? E di come mai hai deciso di dare vita a questo pezzo?

“Io sono figlio di due palestinesi in tutto e per tutto, i miei nonni sono una di quella piccola percentuale che ha rischiato la vita, è stata portata oltre il confine e costretta a lasciare la propria casa, ma tornando sempre sulle loro gambe combattendo con la loro determinazione e dopo innumerevoli volte sono riusciti a mantenere lo status di cittadini.

Questa non è il caso dei loro fratelli e dei loro zii, che tutt’ora non riescono a rientrare in casa loro dopo essere stati più di 50 anni in un campo profughi avvolte a meno di 10 km da casa.Non gli stanno permettendo nemmeno l’ingresso ed era il caso di affrontare questo punto.”

Di cosa parli esattamente?

“Parlo dei milioni di discendenti figli e nipoti delle persone che hanno accusato gli effetti in prima persona la prima e seconda nakba. Dei milioni di presenti all’interno dei confini della Cisgiordania che vivono sotto regime di totale apartheid. Parlo delle centinaia di migliaia di palestinesi che vivono all’interno dei confini del territorio israeliano e vengono trattati da cittadini di seconda categoria. Parlo della così chiamata “unica democrazia del medioriente” che non fa altro che andare in contrasto ad ogni senso logico.”

Jaidem, puoi riassumere brevemente quello che sta succedendo in Palestina dal punto di vista politico?

“Molto semplicemente in Palestina e in Israele vige una legge classista, un vero e proprio apartheid, dove le varie etnie vengono classificate in base all’ etnia e alla religiosità, ripeto, mi sa che il termine democrazia nel loro caso è definibile con dieci lettere messe in fila. I cittadini palestinesi che vivono all’ interno dei confini israeliani, hanno diritto di voto, ma ciò non vuol dire che sono al pari di qualsiasi altra etnia o religione che sia. L’ultimo governo formato è un governo coalizzato con l’estrema destra, che inneggia con orgoglio alle proprie manifestazioni e presentazioni in diretta mondiale la purezza etnica, disprezzo sfacciato dei propri cugini semiti e alla violenza e volgarità rivolto a tutto ciò che gli si oppone, perfino i partiti politici di sinistra e che coloro dimostrano compassione con il popolo palestinese.

Questa è la situazione di chi vive con chi gli è stato dato troppo potere dopo metà 20esimo secolo, e per evitare una pulizia culturale ne stiamo andando incontro ad un’altra.”

Come pensi si possa sensibilizzare la gente su quello che realmente succede?

“Non soffermatevi sopra solo ad una foto, solo un video o solo un testo, informatevi, cercate e molto importante guardate, non è difficile o molto complicato come dicono. Una volta aperti gli occhi la situazione è chiara davanti a tutti e per tutti. Non servono corti di giustizia internazionale per capire che non c’è nulla di politicamente giusto, moralmente etico e religiosamente sopportabile nel fatto di bombardare con centinaia di miliardi di dollari di armamenti scuole, ospedali e campi dei rifugiati da dove avete già tagliato tutti i viveri. Parlate con chi conosce questo tema perché più andiamo a fondo con le tematiche e più diventa lampante il fatto che non è e non sarà poi una guerra tra identità palestinese e la milizia israeliana, ma sarà una guerra tra la libertà di pensiero e di vita contro la manipolazione su scala internazionale per beni economici di più multinazionali.”

Jaidem è su Instagram.

— Onda Musicale

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