Recensioni e Interviste

TrioRox: esce l’album “Moods” e noi li abbiamo intervistati

Triorox composto da Giovanni Guidi (al centro) - DJ Rocca (a sinistra) e Joe Rhemer a Destra

Dall’11 ottobre 2024 è disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in formato CD e vinile “MOODS”, il nuovo album del progetto TrioRox per Irma Records formato da DJ Rocca featuring Giovanni Guidi & Joe Rehmer. 

“Moods” è l’album di debutto del Triorox che rappresenta la fotografia del ‘Qui ed Ora’. Tutta la musica è nata da una session in studio durata alcuni giorni, in cui il mood dei tre musicisti ha dato l’impronta sonora al disco. Quello che ne è scaturito è diventato materiale incandescente per elaborare il flusso musicale dell’intera opera, il quale ha avuto tre diverse fasi. 

Le fasi di lavorazione

La prima, in cui dalle registrazioni sono nate le tracce, certe sviluppate come creazioni con un comune denominatore (i tre momenti di Mood), alcune come suggestione tematica (Angels, Corea e Next To Canada), ed altre come sfida stilistica (la techno di Space Rain, o il drum and bass di Sax & The City). 

La seconda fase, dove le composizioni sono state sottoposte alla prova dei concerti dal vivo, in cui si è capito come le tracce potevano essere meglio arrangiate, ottimizzandole e tenendo le migliori. L’ultima fase, è stata la scelta e l’inserimento degli ospiti, ragionando a seconda del tipo di suggestione che si voleva dare al brano specifico. Così si è lasciata briglia sciolta a Luigi Di Nunzio, che ha partecipato anche alla fase due, suonando con noi sul palco in alcune occasioni.

Alla stessa maniera, Gianluca Petrella, ha scelto il pezzo dove si sentiva più a suo agio, contribuendo anche all’arrangiamento. Dan Kinzelman, collaboratore storico sia di Guidi che Rehmer, è stato inserito perché si voleva proprio il suo clarinetto basso in una determinata situazione suggestiva. Infine, Jacopo Fagioli (la reincarnazione toscana di Don Cherry), lo abbiamo voluto in un preciso episodio di Mood, per il suo particolare stile, impeccabile nel determinare lo stato d’animo che necessitava il brano.

L’intervista

“MOODS è un percorso che rappresenta le coscienze di noi artisti del progetto TRIOROX. Abbiamo cercato di raccontare gli stati d’animo e la loro fusione, in un viaggio acustico che illustri al meglio il personale tratto distintivo del gruppo”.

Abbiamo proseguito la chiacchierata con Luca Roccatagliati (DJ Rocca) che si è fatto portavoce del gruppo. In questo momento Giovanni Guidi è in tour per promuovere il suo lavoro da solista con l’etichetta tedesca ECM.

L’11 ottobre esce “Moods”, un album di esordio come “ensemble” che vede insieme il TRIOROX composto da Giovanni Guidi, Joe Rehmer e DJ Rocca (Luca Roccatagliati). Qual è il vostro mood in questo momento in prossimità dell’uscita dell’album?

Ah noi siamo contentissimi! Direi che il nostro mood è positivo!

Come nasce la collaborazione a tre?

La collaborazione nasce per una casualità. Io ero in promozione con un album insieme a Franco D’Andrea al Parco della Musica all’Auditorium di Roma. Dovevamo fare un concerto lì e il pianista non si sentiva troppo bene, quindi il manager di Franco D’Andrea mi ha detto: “Ma che ne pensi di fare questa cosa, ma con Giovanni Guidi?” Ho risposto “Perbacco, non c’è problema!”.

Abbiamo fatto il concerto, ci siamo conosciuti, è venuto bene e abbiamo pensato di fare qualcosa insieme, qualcosa di concreto, una collaborazione più strutturata. E da lì è nato. In due mesi. Era settembre (2022 n.d.r.), a novembre abbiamo cominciato.

Dopo qualche e-mail, contatti, gli ho inviato un po’ di basi e mi ha suggerito che ci sarebbe stato bene anche un basso e mi ha proposto il suo bassista Joe Rehmer. Era convintissimo. Ci siamo trovati in studio e abbiamo fatto tre giorni di registrazioni. Abbiamo suonato il materiale come veniva, insomma. Qualcosa era più o meno già pulito, ci eravamo già scambiati le basi e qualcosa, invece, è nata lì. Abbiamo fatto un’improvvisazione lunga … che sarebbe, poi, il famoso “mood”, il titolo dell’album, che è venuto un pezzo lunghissimo e io l’ho diviso in tre parti. Per esaltare questa situazione improvvisata … sono diventati tre brani differenti che sono stati, poi, ritoccati ….

Infatti, Moods, l’album, è suddiviso in tre momenti. È una suddivisione voluta o è nata spontaneamente?

L’album è suddiviso in 10 momenti in realtà, che sono i 10 brani, però questa ricchezza che è scaturita nel momento della registrazione l’ho voluta sottolineare con l’elemento portante dell’album: i nostri stati d’animo che in quel momento hanno decretato l’identità dell’album …

Mi incuriosisce il nome – Triorox – lascia intendere sonorità rock, ma l’ascolto dei vostri brani porta più nella direzione del jazz, vostra matrice comune, del groove, della techno house. Come definireste in una parola il vostro genere, techno jazz? O non vi interessa essere incapsulati in un solo genere?

A dir la verità tutte e due le cose, non disdegniamo nessun genere. Volevo precisare il nome del trio da dove nasce. Io mi chiamo Roccatagliati di cognome, ho sempre usato come soprannome Rocca – come mio fratello e mio padre – e come nome da Dj. Gli amici per accorciare ancora di più il mio soprannome mi chiamano “Rox”. È scaturito dagli altri, io non mi ero proprio sbilanciato, ma quando a Giovanni è venuto in mente questo nome, ho pensato “Perché no?”. Ci piace. Eravamo un po’ dubbiosi che fosse interpretato male e invece, no, è molto fruibile, è un nome che rimane in mente subito e poi si presta a varie interpretazioni. Tu me ne hai data una, è vero.

In quanto al genere, ti dico. Essendo Giovanni e Joe – anagraficamente più giovani di me – nonostante sono jazzisti classici, sono cresciuti frequentando i club. Sono ragazzi dai 35 ai 40 anni e nella loro vita hanno frequentato le discoteche, i club, hanno sempre avuto voglia di sperimentare con quei linguaggi grammaticali della musica dance mescolato al jazz. Non solo jazz classico, ma d’avanguardia che utilizzasse quei linguaggi della musica dance. Storicamente, il jazz si è appropriato della musica da ballo. La musica elettronica e la musica dance è permeata di jazz. Nelle ultime edizioni di Sanremo si sente prevalentemente musica dance, anche i brani più pop di Sanremo hanno un linguaggio dance e, quindi, perché il jazz non deve sposare queste atmosfere?

Il jazz non è mai stato un genere cosiddetto “mainstream”, però le sonorità jazz si ritrovano in molti brani pop, è vero, le sperimentazioni del jazz vengono poi trasferite in altri generi.

Difatti, il jazz è da sempre andato alla ricerca di contaminazioni.  Il jazz non è un genere puro, è un genere per sua definizione “meticcio”. Non siamo dei pionieri in questo tipo di esperimento. Negli ultimi anni in Inghilterra o dalla California ci sono tanti artisti che sperimentano l’elettronica con il jazz. Nomi molto più importanti di noi. Non è una musica da fischiettare, è vero, però questa contaminazione è nell’aria già da un po’.

In Italia anche qualcun altro ci ha provato. Per esempio, Gianluca Petrella che suona anche nel nostro disco, due anni fa ha fatto un disco analogo. Poi ci sono esprimenti più arditi di elettronica più spinta con il jazz. Noi abbiam cercato di fare una cosa che non fosse troppo sperimentale, ma neanche troppo commerciale. Rimane nella via di mezzo, ma con il nostro gusto.

Hai appena accennato a Petrella, in Moods ci sono molte collaborazioni. È più facile o più difficile ragionare in una pluralità di interventi o può diventare dispersivo, può rischiare di far cambiare troppo la direzione di un progetto?

Già mentre stavamo registrano avevamo in mente le collaborazioni che poi sono state attuate. Non tutte già definite, però, almeno quella con Gianluca Petrella era già nell’aria proprio perché lui, nel mondo del jazz italiano, si è sempre legato alla sperimentazione con l’elettronica. Per noi è stato tutto un arricchire. Non è un disperdere, anzi. Addirittura in alcuni brani, i collaboratori hanno contribuito agli arrangiamenti, proprio perché si sentivano partecipi e con qualcosa da dire a loro volta. È stato un arricchimento, anzi, io ne avrei volute fare anche di più di collaborazioni, ma poi andavamo troppo per le lunghe. Sai, contattare il musicista, fargli scegliere il brano, aspettare che produca la sua collaborazione nel proprio studio. È stata la parte un po’ più lunga del processo. Tutto è partito nel novembre 2022 e siamo arrivati a oggi, per cui è stato un percorso lungo.

Ora, non so se ti anticipo una domanda, però il progetto è stato affinato da concerti dal vivo. Nel senso che, noi avevamo già preparato i brani e nel corso di questi due anni, fortunatamente siamo riusciti a portare dal vivo il progetto nei vari festival. Suonandoli dal vivo, siamo riusciti anche a capire se il brano era troppo lungo o troppo corto, se era da arrangiare meglio o da scartare, durante qualche concerto addirittura ospitavamo alcuni che avrebbero fatto parte delle collaborazioni sul disco: un sassofonista piuttosto che un trombettista. È stata, quindi, un’operazione articolata che si è sviluppata tutta nel tempo. Ed ha formato il risultato che adesso si ascolta sul disco.

Mi aggancio, prima, al discorso delle collaborazioni. Siete musicisti e fate prevalentemente musica, ma potreste immaginare in futuro di aggiungere un testo e una voce a questo mondo sonoro?

Abbiamo pensato alla collaborazione con un rapper, in un primo momento, su qualche brano. Poi, quando ho proposto ad alcuni miei amici, piuttosto famosi nel mondo del rap, non si trovavano granché bene (risata). Di solito, i rapper hanno basi più semplici di quelle che proponevo. Si sono quasi tutti spaventati. La parte vocale abbiamo, così, preferito affrontarla nel prossimo album. Addirittura partire già con brani pensati già per la voce.

Immaginate un vocalist uomo o donna?

Ma tutti e due. Visto che non farà parte del trio fisso, ma magari potrebbe essere una collaborazione, perché no? CI sono tanti bravissimi cantanti e vocalist che si prestano, sia italiani che non. È un passo che si affronterà prossimamente. Se ci sarà una seconda opera, come io spero.

Ora mi aggancio, al discorso dei live e dei brani che avete già testato dal vivo. C’è quindi l’intenzione di un tour?

Il tour è un po’ difficile da organizzare. Siamo proprio a cavallo della promozione dell’album di Giovanni (Guidi), nei prossimi tre mesi rimbalza tra Giappone, Corea ecc. per i prossimi tre mesi, quindi siamo sospesi. Certamente, chi gira nell’ambiente jazz, frequenta i festival e la proposta partirà questo inverno a partire con i tour nella primavera del 2025

Chi è il vostro pubblico ideale? A chi vi rivolgete e a chi vorreste rivolgervi?

Beh! anche i club! Il primo test dal vivo lo abbiamo fatto in un club di Perugia. Una serata che si chiama Tangram. Siamo andati all’impronta, per capire il tipo di pubblico e lì c’era una pista con la gente che ballava. Su certi brani, ovviamente, “ondeggiavano” non ballavano perché si trattava di brani un po’ più introspettivi e non ballabili. Però c’era questa attenzione mista tra il pubblico a sedere e chi ballava.

Le serate con il pubblico seduto a me, per esempio, un po’ imbarazzano. L’anno scorso abbiamo fatto l’apertura estiva alla casa del Jazz a Roma (23 luglio con Kamal Williams n.d.r) e tutto il pubblico era seduto mi ha lasciato un po’ … va bene tutto, che stiano lì ad ascoltare magari apprezzano di più. Ma la situazione ideale potrebbe anche essere diversa. Possiamo modulare in base alla situazione: il club trasferisce più energia rispetto a un teatro che è una situazione più di ascolto che di partecipazione. Visto che i musicisti del trio con cui collaboro sono eclettici, hanno suonato in tutte le circostanze possibili, può venir fuori qualsiasi tipo di live.

Io personalmente nell’ascolto sono rimasta colpita dai tre brani dal titolo Moods 1, 2 e 3 proprio perché li ho percepiti come un fil rouge e allo stesso tempo come capitoli per i brani successivi. La suddivisione in tre momenti ha, effettivamente, dato senso all’album …

Bene, bene, era un brano di quindici minuti originariamente, nato nel corso dell’improvvisazione. È come se avessimo voluto esplorare diversi stili, diverse influenze, diversi riferimenti, sia nel mondo del jazz che dell’elettronica e che riascoltati emergevano come tre momenti diversi da esaltare anche con velocità diverse e timbri diversi. Però, come dici tu, si sente che hanno un fil rouge, un tema conduttore

L’album “Moods” è presentato come una fotografia del “qui e ora”, ma il futuro c’è?

Allora, il discorso del “qui e ora”. Io faccio meditazione, faccio yoga e il “qui e ora” è proprio la parola d’ordine della meditazione yoga e ho sentito dire questa cosa dal jazzista norvegese Nils Petter Molvær … che io amo. Ecco, per esempio, lui è uno dei primi che ha fatto l’esperienza di commistione tra dance elettronica e jazz. Già dal suo primissimo album nel 1997 aveva aperto le porte a queste commistioni. Beh! al Festival del Jazz che fa Paolo Fresu in Sardegna (Time in Jazz n.d.r.), io ero invitato a mettere i dischi dopo i concerti e lì ci siamo conosciuti, io e Nils Petter e abbiamo condiviso questa passione per yoga e meditazione e lui mi ha detto: “Il Jazz è come la meditazione, tu devi pensare che in questo momento devi esprimere quello che provi in questo momento”. Quindi, il “qui e ora” è come se fosse anche la parola d’ordine del jazz. Ed io me la sono sentita davvero mia questa frase ed è quello che è successo durante la registrazione della suite “Moods” che poi è stata divisa in tre. Quello che veniva in quel momento e in quel luogo ha determinato il titolo dell’album, ha determinato la prospettiva del nostro lavoro. Siamo andati a sentimento, a umore.

E ad ogni ascolto è sempre “qui e ora” o cambia? Perché quella è la fotografia di quel momento …

(Risata) Sì, qui andiamo sul filosofico perché il qui e ora di ogni soggetto che ascolta è diverso dal qui e ora di chi lo ha prodotto. Capita anche a me. Riascoltando i brani, in momenti diversi della giornata o della mia vita mi danno sensazioni diverse anche semplicemente accorgendomi di suoni che prima non avevo ascoltato o prestato attenzione nella volta precedente. Le sensazioni cambiano da momento a momento, quindi il “Qui e ora” è valido sempre ed è quello che fa la magia della musica di per sé

Progetti futuri del TrioRox?

Progetti futuri del Triorox? Si spera che Giovanni torni a casa dal suo girovagare dopo questa sua impegnativa tournée adesso e cercheremo di fare un secondo album provando – non nuove strade – ma alternative, cercando davvero di introdurre un rapper o un vocalist oppure addirittura costituendo un quintetto fin dall’inizio che non sia più un Triorox, ma un Quintetto Rox. Il sassofonista e il trombettista hanno fatto parte del gruppo dal vivo e ci piacerebbe introdurli stabilmente e vedere cosa salta fuori. Un altro esperimento in studio, partendo tutti e 5 insieme piuttosto che tre e poi aggiungerli strada facendo.

Bene! Grazie per questa chiacchierata, buona fortuna e a presto!

Biografia

TrioRox è un progetto nato dall’incontro tra tre protagonisti della scena musicale italiana (e non solo): il pianista Giovanni Guidi, il bassista Joe Rehmer ed il musicista elettronico DJ Rocca (Luca Roccatagliati). Tre personaggi che vantano un curriculum eclettico e consistente.

Guidi, enfant prodige del piano Jazz, ha pubblicato diversi album per la prestigiosa etichetta ECM, ed ha collaborato con i migliori musicisti jazz ed elettronici, da Enrico Rava a Matthew Herbert, da Joe Lovano a Ricardo Villalobos.

Joe Rehmer, americano trapiantato in Italia, è uno dei bassisti più richiesti, condividendo palchi e studi di registrazione assieme ad autorità come Bob Mintzer, James Moody e Danny Gottlieb.

DJ Rocca è un DJ e musicista attivo dagli anni novanta, e vanta numerosi album, singoli e remix con, e per protagonisti fondamentali della scena dance alternativa (Andrew Weatherall, Dimitri From Paris ed Howie B), come una militanza nella scena jazz con svariati album assieme a Franco D’Andrea.

La musica che propone il trio è una commistione di elettronica, dance, Jazz e pop, con slanci di groove nel campo della musica house e techno, senza tralasciare commistioni tra electro, classica e minimalismo. Un melting pot di stili tra Keith Jarrett e Carl Craig. L’album trova la partecipazione di ospiti del calibro di Luigi Di Nunzio, Gianluca Petrella, Dan Kinzelman e Jacopo Fagioli

copertina dell'album del Triorox

— Onda Musicale

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