Per Marco Liuzzi un album di otto tracce strumentali che mescolano musica minimalista e jazz. Sperimentazione ed emozione sono le due parole chiavi per descrivere questo lavoro.
In occasione dell’uscita di “Earthfall”, abbiamo rivolto alcune domande all’autore Marco Liuzzi.
Marco Liuzzi, “Earthfall” viene descritto come il naturale proseguimento di Earthrise. Come è nato il concept di questo disco, e come rappresenta la “discesa” rispetto al precedente album?
“In realtà l’album Earthfall non andrebbe visto come un “concept album”, nel senso che i brani non sono stati pensati con il tema della discesa, o della disintegrazione, come elemento imprescindibile. Il tema della disintegrazione e della discesa si è sviluppato come una sorta di ‘fil rouge’ nel corso del lavoro, emergendo quasi naturalmente. Durante la produzione, si è delineato questo tema come un contrappeso necessario e complementare rispetto a Earthrise, che esplora invece l’ascesa e l’integrazione. È stato un processo graduale: man mano che le tracce prendevano forma è diventato chiaro come il nuovo album rappresentasse una sorta di ‘discesa’ rispetto alla visione di ascesa ed integrazione presente nel precedente lavoro. Disintegrazione e discesa non devono però essere visti in senso necessariamente negativo. La disintegrazione può essere creativa se porta ad una sintesi superiore.”
Tra sperimentazione ed emozione, qual è stato l’elemento più sfidante da bilanciare nel processo di composizione di Earthfall?
“Il lavoro su Earthrise ha sicuramente contribuito a guidarmi in Earthfall, sia a livello di esperienza che di sensibilità, credo. Con questo album, l’obiettivo era trovare un equilibrio tra sperimentazione ed emozione. La sperimentazione è essenziale per innovare e proporre qualcosa di nuovo, ma se spinta troppo oltre, rischia di soddisfare solo i musicisti, lasciando magari indifferenti gli ascoltatori. Quindi la sfida principale è stata proprio trovare quel punto di equilibrio in cui ogni traccia, pur esplorando territori nuovi, trasmettesse autenticamente le emozioni degli artigiani che ci hanno lavorato, e fosse capace di suscitare risonanza emotiva in chi ascolta. È stato un percorso intenso, volto a creare qualcosa di nuovo che potesse essere ascoltato, si spera, con un piacere analogo a quello che hanno provato gli artigiani che lo hanno creato.”
Anche in questo progetto ritroviamo Cosimo Romano e Roberto Cati. Cosa aggiungono questi musicisti al tuo sound?
“Questo progetto, come del resto il precedente, nasce pensato come un album in trio, e lavorare con loro ha arricchito enormemente il risultato finale. Sono profondamente grato a Cosimo Romano e Roberto Cati per il loro contributo prezioso. Earthfall non sarebbe lo stesso senza i loro suggerimenti e le loro intuizioni, che hanno realmente aiutato a dare forma al disco. Nella ricerca di quel delicato equilibrio di cui parlavamo, ci sono stati momenti in cui hanno gentilmente accettato di restare entro certi limiti per mantenere la coerenza delle intenzioni dei brani, e altri in cui la loro creatività ha potuto esprimersi senza restrizioni. Hanno dato il meglio in entrambe le situazioni, portando profondità e dinamismo al progetto.”
In Earthfall hai reinterpretato tre brani di Ludovico Einaudi. Cosa ti ha spinto a rivisitare opere come Le Onde, Una Mattina e Nefeli in chiave jazz?
“Sono un amante della musica minimalista, quella musica in cui pochi e semplici elementi riescono a evocare emozioni profonde, dove davvero ‘less is more.’ Questo stile, secondo me, apre un mondo di possibilità creative. Quando ascolto composizioni di questo tipo, a volte, ma solo a volte, sento delle voci nella mia testa (nota per il mio futuro psichiatra: è una metafora – idee di melodie, armonie alternative o ritmi diversi che emergono spontaneamente. Reinterpretare brani come Le Onde, Una Mattina e Nefeli è stata un’occasione per dare vita a queste suggestioni. Non era mia intenzione trasformarle in chiave jazz, ma piuttosto cogliere questa opportunità creativa.”
“La Valle della Conoscenza” sembra richiamare profondi riferimenti spirituali. Qual è il significato personale di questo brano?
“Nella Conferenza degli Uccelli, il poeta persiano Farid ud-Din Attar descrive il viaggio spirituale dell’anima attraverso sette ‘valli’ mistiche, ognuna delle quali rappresenta una tappa nella ricerca della Verità Ultima. La Valle della Conoscenza, la terza tappa del percorso, è una delle più complesse: rappresenta il passaggio da una comprensione superficiale a una saggezza interiore profonda. Nel testo di Bahá’u’lláh, Le Sette Valli, questa Valle della Conoscenza è anche descritta come un luogo dove gli opposti si incontrano e si vedono allo specchio. Qui, il cercatore ‘vede nella guerra la pace,’ ‘nel mare vede la goccia, e nella goccia scorge i segreti del mare,’ e ‘vede la giustizia nell’ingiustizia e nella giustizia la grazia.’ In questa condizione, il ricercatore vede la fine nell’inizio e nell’inizio la fine – con le parole di Franco Battiato, il ricercatore deve imparare a trovare ‘l’alba dentro l’imbrunire.’ Per inciso, questa dualità ci riporta ai temi dell’ascesa e dell’integrazione, e della discesa e disintegrazione della società non come processi separati ma come essenzialmente uniti e mutualmente necessari.”
Come è cambiato il tuo approccio musicale dall’uscita di Earthrise a oggi?
“La riflessione su sé stessi è una scienza molto imprecisa: siamo, o dovremmo puntare ad essere, esseri in costante apprendimento. Credo – o almeno spero – che il mio approccio sia oggi più maturo e consapevole. Forse, l’approccio oggi è un po’ meno legato ad ancore musicali e, idealmente, più autentico e personale. Ma in fondo, mi piacerebbe rivolgere questa stessa domanda a chi ha ascoltato o ascolterà entrambi gli album: cosa percepiscono loro di diverso? Sarei curioso di ascoltare le risposte.”
Quali sono i tuoi prossimi passi, Marco Liuzzi? Hai già in mente nuovi progetti o collaborazioni future?
“Per il futuro ho alcune idee in mente, anche se preferisco lasciare che prendano forma gradualmente. Ho sempre trovato stimolante lavorare in collaborazione, quindi sono assolutamente aperto a nuove sinergie. Ma per ora ho deciso di non pensarci troppo, almeno per qualche mese desidero godermi il piacevole senso di calma di aver finito questo lavoro. Non ho però dubbi che tra poco l’esigenza dell’artigiano di dover costruire qualcosa, prenderà il sopravvento.”