Madbeat parlano del nuovo profondo singolo “I Fiori Della Palestina” (intervista) - Onda Musicale
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Madbeat parlano del nuovo profondo singolo “I Fiori Della Palestina” (intervista)

foto band

I Madbeat tornano con “I Fiori Della Palestina”, un brano potente e coraggioso che affronta il dramma del popolo palestinese.

I Madbeat tornano con “I Fiori Della Palestina“, un brano potente e coraggioso che affronta il dramma del popolo palestinese attraverso una metafora poetica e dolorosa. Insieme al rapper Ted Bee, la band dà voce a una realtà cruda, con l’obiettivo di scuotere coscienze e stimolare riflessioni profonde. Abbiamo parlato con loro per scoprire il cuore di questa nuova canzone.

“I Fiori Della Palestina” affronta un tema complesso e delicato, ossia ciò che accade a Gaza e nei territori Palestinesi. Quali sono state le emozioni o i pensieri predominanti durante la scrittura del brano e quanto è stato difficile mantenere un equilibrio tra denuncia sociale e rispetto per le vittime?”

La questione palestinese è sempre stato un argomento riservato a chi voleva saperne di più e di conseguenza si informava. Oggi viste anche le innumerevoli barbarie messe in atto, questa tragedia è arrivata a noi con tutta una serie di immagini allegate. Mai come oggi le persone sono state in grado di empatizzare e rendersi veramente conto di quello che sta succedendo. Noi per primi. Gli aggiornamenti quotidiani sulle situazioni di Gaza, le diverse pagine che trattavano l’argomento, le
dichiarazioni politiche, tutto era messo a disposizione del mondo. Le emozioni sono state fortissime: rabbia, dolore, frustrazione. Mantenere la “calma” nella scrittura del testo è stato difficile. Avremmo voluto scrivere molte parole di rabbia e anche si vendetta a volte. Però poi abbiamo pensato: “quelle persone non hanno bisogno della nostra rabbia o della nostra vendette, ne hanno già abbastanza della loro” quelle persone avevano e hanno bisogno di verità. Cercare di sensibilizzare la gente sull’argomento è una verità che potrebbe cambiare l’idea che il mondo ha sulla Palestina. Partendo da questo, potrebbe non servire rabbia né vendetta.

“Nel comunicato, Fix parla di ‘immedesimazione in un ragazzo di Gaza’. Come siete riusciti a calarvi in una realtà così distante da noi, sia geograficamente che culturalmente, per raccontarla in maniera autentica?”

Come dicevo prima è stata una scrittura basata su quello che sappiamo. Immedesimarsi in un bambino di Gaza è una cosa impossibile dal punto di vista emozionale e umano. Si vivono dinamiche distanti anni luce e non possiamo neanche lontanamente immaginare quali siano i pensieri di una persona che sta vivendo tutto ció. Noi abbiamo provato ad immedesimarci in quello che percepiamo, quello che vediamo nei video e nelle foto…un bambino a terra che sta piangendo
per il fratello è un immagina che possiamo vedere e provare a capire. Possiamo provare ad immaginare quali siano le domande che quel bambino si pone, ma è un ipotesi di un uomo che non ha la stessa cultura, storia e che soprattutto non sta vivendo la guerra. Probabilmente quel bambino non sta pensando a nulla e il suo Cuore trasuda disperazione pura e panico. Le domande che noi citiamo nella canzone sono “adatte” ad un popolo distante da quella cruda realtà
.

“Il brano utilizza la metafora dei ‘fiori’ per rappresentare il popolo palestinese. Come avete scelto questa immagine poetica per parlare di un tema così brutale? C’è un momento specifico che vi ha ispirato questa scelta?”

Si parla dei popoli grazie alle loro ricchezze culturali, i luoghi, le tradizioni. Alla Palestina sono state strappate da molti anni queste ricchezze. la scelta di usare i fiori è per accomunare il fatto che i fiori appartengono alla Palestina come le persone. “Stai seminando ma le mie radici sono più vecchie di questi muri” : stanno tentando di seminare le erbacce, i muri, altre culture, ma le radici dei fiori della Palestina sono vecchie millenni. E questo è un dato imprescindibile. Non per nulla per
la copertina abbiamo usato un Iris Faqqua che è il fiore nazionale Palestinese, in questa circostanza tinto di Rosso per evidenziare la crudeltà che sta affrontando la Palestina
.

La collaborazione tra i Madbeat e Ted Bee è nata in modo spontaneo. Come ha influenzato il processo creativo e quali elementi del suo stile hanno arricchito il vostro approccio al tema?

Si, è stata una collaborazione molto genuina e spontanea! È un artista che tratta di molti temi sociali e il suo groove vecchio stile è una chiave che ci piace molto per raccontare i concetti. Come è successo in passato con i PoorMan Style e con Mauràs, accostare il rap al nostro mood ha sempre dato un valore aggiunto alle parti, come se in un tempo scrivessi delle frasi in maiuscolo o in grassetto. Ted ha dato questo valore aggiunto sia per la condivisione del tema sia per la condivisione del suo
stile con noi.

Nel testo emergono domande che restano sospese: ‘Perché succede tutto questo?’, ‘Avrò ancora un tetto sulla testa?’. Come sperate che l’ascoltatore reagisca a queste domande? Vi aspettate che il brano stimoli un’azione concreta o una riflessione personale?

Le domande servono sempre a stimolare qualcosa. In questo caso vogliamo spronare tutte quelle persone che ancora non sono informate sull’argomento a farlo. È importante prendere una posizione in merito perché quello che sta succedendo è terrificante e la gente deve sapere, comprendere e prendere posizione. Ci sono centinaia di organizzazioni che operano in Palestina, Libano e Giordania e se le persone doneranno qualcosa allora avremo raggiunto il nostro scopo.

Avete dichiarato di essere in qualche modo consapevoli del rischio di trattare un tema così delicato. Quali dubbi avete affrontato durante il processo e cosa vi ha convinti definitivamente a pubblicare questa canzone?

Come Madbeat abbiamo pensato che potesse essere presa come azione commerciale, dato che comunque è stato l’argomento di punta dell’ultimo anno. Ci siamo posti 1000 domande ma alla fine la risposta è stata: noi siamo una band. Quello che possiamo fare come band è questo. Facciamolo e facciamo in modo che faccia rumore. Abbiamo disegnato una maglietta con la grafica del singolo. Insieme a Weloco (la nostra stamperia di fiducia) la stamperemo abbattendo quanto più possibile i costi di produzione e il ricavato sarà devoluto ad ANERA, una ONG che opera in Palestina Libano e Giordania. Anche questo è quello che facciamo con la musica

“La musica dei Madbeat ha sempre avuto una componente sociale e politica. Come si inserisce ‘I Fiori Della Palestina’ nel vostro percorso artistico e come pensate che rappresenti l’evoluzione del vostro impegno musicale?”

Noi abbiamo sempre toccato temi sociali la quando ne sentivamo il bisogno personale in primis. Come detto prima non sfruttiamo la scia per parlare di qualcosa. Le situazioni sociali ci devono toccare a fondo per poterne parlare con chiarezza. I fiori della Palestina si colloca in un altra parte. Questo è un pezzo che va oltre alle problematiche personali o lavorative che abbiamo o che abbiamo raccontato. Qui la gente viene uccisa, per mano di qualcuno che lo fa intenzionalmente e premeditatamente. Non ci sarà mai tema più importante nelle canzoni dei Madbeat. Ci sono temi che abbiamo trattato che sono altrettanto delicati, che parlano del passato, per i quali possiamo avere la nostra opinione ed è giusto prendere posizione. La Palestina è attualità da troppo tempo e ancora nessuno ha agito concretamente. Non è importante come argomento, è necessario.

— Onda Musicale

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