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Intervista ai Not My Value che tornano con un nuovo singolo dal titolo “Silence”

Silence

“Silence”, nuovo capitolo che segue il precedente singolo “Sign Language”, è disponibile su tutte le piattaforme digitali.

Il brano è un mantra musicale, ispirato al film “La zona d’interesse” (di Jonathan Glazer). Guardando il film durante la lavorazione di Silence, il duo di stanza a Milano si è trovato a riflettere su quanto il male possa diventare normale, invisibile sia agli occhi di chi lo compie, sia a quelli di una società che preferisce non vedere. Questa riflessione ha gettato le basi del brano, esplorando l’immagine del muro – fisico e metaforico – che costruiamo ogni giorno, anche rifugiandoci dietro i nostri schermi e telefoni.

“Silence” è quindi a metà tra un’ammissione di colpa collettiva e un momento di silenzio rispettoso per tutte le cose che non stanno funzionando nel mondo. È un invito a fermarsi, a prendere coscienza e a guardare senza distogliere lo sguardo.

Li abbiamo intervistati, partendo proprio dal film che li ha ispirati e da ciò che ha rappresentato per loro, tanto da portarli a scrivere questo pezzo.

Cosa vi ha spinto a creare “Silence” un mantra musicale ispirato ad un film, e in particolare a “La zona di interesse”? Musica e cinema, nel vostro caso specifico, comunicano tra di loro?

Partiamo dalla seconda domanda, sì per noi musica e cinema hanno un legame importante. Siamo appassionati di cinema e questo non può che riflettersi nella musica che facciamo. Ci capita di iniziare a scrivere un brano pensando a una scena di un film, di inserire citazioni o semplicemente di farci ispirare dalla trama nella scrittura di un testo.

Così è andata con Silence: il film “La zona d’interesse” ci ha colpito particolarmente perché ci ha fatto riflettere ulteriormente su un tema che già volevamo affrontare con questo brano. Ci stavamo chiedendo cosa si possa fare in un periodo storico in cui si verificano guerre e atrocità a pochi passi da casa nostra, che ruolo può avere l’arte e che ruolo possiamo avere noi.

Ci siamo identificati nel film di Jonathan Glazer perché estremizzando, non è poi così diverso il modo in cui oggi viviamo noi, al di là del muro dei nostri smartphone, protetti da stories divertenti, rispetto a quello della famiglia di un generale nazista che nel 1943 viveva accanto a un campo di concentramento e si occupava della sua routine senza preoccuparsi di ciò che accadeva oltre il muro. Il male sta anche nell’indifferenza verso la sofferenza altrui, non tanto in una malvagità manifesta, quanto nei piccoli gesti quotidiani che riflettono disinteresse e indifferenza.

E come succede che una sensazione, quella data da un film, poi diventi un brano? Quali sono le varie fasi che vi hanno accompagnato?

Come dicevamo, abbiamo visto il film quando stavamo già lavorando a questo brano. Sapevamo che significato volevamo dargli e lo stavamo già immaginando come una specie di preghiera musicale. “La zona d’interesse” ha quindi riempito di immagini e nuove suggestioni il nostro percorso creativo. Abbiamo scritto qualche appunto su un quadernino tornati dal cinema e poi abbiamo trasformato questi appunti nei versi di Silence. La parte alla quale siamo più legati è il finale: “il passato è qui, non siamo poi così diversi”.

Perchè avete scelto il nome “Not my value” per il vostro progetto musicale? Che cosa non rientra nei vostri valori?

Quando abbiamo iniziato a pensarci come duo musicale e a cercare un nome che ci rappresentasse, stavamo lottando entrambi con la musica. Venivamo da due percorsi musicali diversi ma uniti da simili fatiche date dall’esserci identificati troppo con quello che stavamo suonando. Iniziare questo nuovo progetto ci ha permesso di (o forse è più corretto dire obbligati ad) affrontare le nostre fatiche. Analizzando il passato con i nostri psicoterapeuti è venuto fuori questo mantra: la musica, e in particolare questo progetto, non è il mio valore.

Not My Value quindi non è solo un nome, è un vero e proprio manifesto. Con questa scelta, abbiamo voluto sottolineare l’importanza di andare oltre la musica. “Non il mio valore” è un promemoria per noi stessi di non identificarci esclusivamente con la nostra arte, ma di riconoscere la nostra umanità e i nostri valori al di là della creazione musicale.

Non avete l’impressione che la scena musicale, soprattutto quella milanese, sia davvero troppo competitiva?

Della musica noi stiamo prendendo solo la voglia di fare cose creative e quando conosciamo altri musicisti, a maggior ragione se ci piacciono o se notiamo delle affinità, il primo pensiero è di collaborare in qualche modo. Che sia condividere una serata, suonare insieme, registrare un video live o anche solo vederci a cena e scambiare idee e supporto. Crediamo molto nell’idea di aiutarci tra musicisti e collaborare. La competizione la lasciamo ad altri settori perché nell’arte non crediamo abbia senso competere.

Quali sono gli svantaggi di essere “solo” in duo? State puntando ad allargare il vostro team, magari trovando un’etichetta?

Essere solo in due è sicuramente limitante se non si ha intorno un team di collaboratori però noi siamo un duo sul palco ma dietro le quinte siamo molti di più: abbiamo un art director, Christian Boragine, che ci segue da sempre e ci aiuta con tutta la parte visiva dai visuals al merch, passando per grafiche, logo, copertine e tanto altro. C’è Lorène Cicognani che è la nostra manager e ci sta aiutando anche lato booking, ci sono Lele Battista e Francesco Ciccio Ingrassia che ci hanno aiutato per tutta la parte di registrazione dell’album in studio. Giada Bizzarri ci aiuta con i social, Simone Pontini, Aurelio Russo e Andrea Torresi ci aiutano lato video e Marco Badini ci ha aiutato più volte come fonico live. Stiamo ragionando sulla possibilità di iniziare una collaborazione con un’etichetta. Chissà che il 2025 non porti anche questo!

— Onda Musicale

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