E’ sempre piuttosto complicato parlare del gruppo progressive metal più discusso sul web, vuoi per alcune derive musicali del passato discutibili, vuoi perché i fan di vecchia data si aspettano sempre che il quintetto di Boston produca ogni anno il nuovo Images and Words (indiscusso capolavoro della band al pari di Metropolis: Scenes from a memory).
Dopo l’album Six Degrees of Inner Turbulence (2002), che rappresenta un primo cambio di rotta nella carriera dei Dream Theater, la band ha intrapreso un percorso musicale che ha visto diverse trasformazioni, soprattutto con l’adozione di sonorità molto pesanti ai limiti del thrash metal (l’album Train of Thoughts ne è l’esempio più evidente), a scapito della melodia e della capacità di indurre emozioni nell’ascoltatore che invece viene investito da un muro di suono a tratti esagerato ed insensato.
Dall’abbandono di Mike Portnoy nel 2009 per seguire progetti solisti (e forse perché schiacciato dagli ingranaggi del business musicale che ha portato i Dream Theater a produrre album dalla lunghezza mastodontica praticamente ogni anno) sono passati 15 anni, vissuti tra la ricerca di una nuova identità con il nuovo batterista Mike Mangini, la sperimentazione di nuove sonorità e la voglia di ritrovare se stessi dopo aver perso la bussola tra le colline toscane di The Count of Tuscany, meravigliosa suite contenuta nell’ultimo album firmato Portnoy (Black Cloud and Silver Linings).
Il grande ritorno di Mike Portnoy
Il 2024 segna il ritorno della personalità, dei fill, dei tempi di Mike Portnoy consentendo alla band di attingere a una rinnovata linfa vitale. A dispetto delle difficoltà vocali che James LaBrie ha dovuto affrontare da anni, causate da un’intossicazione alimentare nel 1999 che gli ha danneggiato le corde vocali e gli impedisce di eseguire le note più alte di alcuni brani storici, l’ultimo tour della band ha mostrato una nuova vitalità e un nuovo entusiasmo che sembrava essersi spento con The Astonishing.
I Dream Theater sono apparsi in splendida forma, come non si vedeva da tempo. Questa energia rinnovata si è riflessa nel loro nuovo album Parasomnia, uscito lo scorso 7 febbraio.
Il nuovo album Parasomnia
Parasomnia è un concept album doppio LP, il cui tema centrale ruota attorno ai disturbi del sonno. Il titolo si riferisce a un insieme di comportamenti e di esperienze che si verificano durante il sonno come il sonnambulismo, le allucinazioni e altre condizioni simili. L’album sviluppa e approfondisce temi legati ai sogni e all’inconscio e in un certo senso rappresenta il punto di congiunzione tra i temi trattati in Metropolis: Scenes from a memory e in Six Degrees of Inner Turbulence; anche dal punto di vista musicale esistono diversi punti di contatto tra quelli che ritengo siano 2 tra gli album più influenti a cavallo tra gli anni 2000.
Musicalmente, l’album fonde il classico sound progressive metal della band con atmosfere più cupe e psichedeliche, riflettendo la natura disturbante e surreale delle esperienze oniriche.
If I, if I could bend the clock
The passageway of time
Leave it all behind
No more, no more paralyzing dreams
The midnight screams always haunting me
But I sink deeper each day
La musica e le parole si intrecciano tra atmosfere derivanti da esperienze interiori confuse e appannate dal sonno e la lotta interiore con le proprie paure e paranoie, creando un viaggio sensoriale che unisce tematiche emotive e sonore fortemente intense. L’album si apre con lo strumentale In the arms of Morpheus, incipit che conferma quanto i cinque di Boston siano ancora tra i più virtuosi musicisti viventi e di quanto questo genere musicale abbia ancora tanto da raccontare.
Passato il primo momento nostalgia, l’album ci catapulta nel primo singolo estratto Night Terror, brano con un refrain di cui sentiremo parlare ancora nei prossimi mesi. Da segnalare l’out thru che strizza l’occhio e ricorda a tratti la suite The Count of Tuscany (ma da quando è un crimine autocitarsi?).
A broken man riprende alcuni dei temi introdotti da In the arms of Morpheus (essendo questa praticamente un overture), incattivendo e incupendo ancor di più le atmosfere. Anche qui, autocitazione di rilievo per i soli di chitarra e synth a circa metà brano. Questa volta i ricordi tornano al 1999, a quel capolavoro che è Metropolis: Scenes from a memory.
Dead asleep è il brano più lungo della prima parte del platter e si concentra su temi come l’isolamento, la perdita e la riflessione interiore. Pur mantenendo il tratto progressivo della band, è uno dei brani meno complessi dell’album dal punto di vista strutturale.
Midnight Messiah in questo contesto è una traccia molto potente, oscura e sperimentale. Con il suo sound cupo, ma mai esagerato, le melodie si intrecciano con passaggi quasi teatrali che si adattano perfettamente al titolo. La canzone esprime un’atmosfera inquietante, enfatizzando una tensione psicologica che sfocia lentamente ad una sensazione di claustrofobia emotiva. L’uso di cambi di tempo e dinamiche tipiche del repertorio dei Dream Theater, lascia spazio a momenti di grande impatto emotivo. La parte strumentale, pur restando progressiva, riesce a trasmettere una sensazione di urgenza, soprattutto con l’ingresso dei fraseggi più intensi.
Are we dreaming è uno strumentale che ci introduce alla seconda parte dell’album e a quello che è uno degli episodi più interessanti: Bend the clock, un brano distensivo avvolto tra le tastiere di Jordan Rudess, la chitarra stavolta delicata di John Petrucci e la voce di James La Brie che non ha dimenticato come emozionare.
Spezzata l’iniziale delicatezza del brano, un riff alla About to Crash proietta l’ascoltatore nella voglia di prevalere sul proprio inconscio pervaso dalle paure e inquietudini di cui sopra. L’album si conclude con una suite di ben 19 minuti e 32 secondi, tra cavalcate d’epoca, cambi di tempo, momenti psichedelici e virtuosismi di marchio puramente Dream Theater: The Shadow Man Incident.
Parasomnia non è solo un racconto sui disturbi del sonno, ma anche un’esplorazione della mente umana quando è intrappolata tra il sogno e la realtà, con una forte componente emotiva e psicologica
E’ il nuovo Images and words? Sicuramente no. E’ un buon album? E’ un ottimo album, un concept intimo e concettualmente originale che a tratti ricorda i lavori del passato, complice anche il ritorno di Portnoy, e proprio per questo assume valore in un’epoca dove l’elettronica sembra farla da padrone.
I Dream Theater sembrano aver ritrovato una certa sintesi tra il progressive metal che li ha resi leggendari e le atmosfere più pesanti e oscure degli ultimi anni. Una nuova strada, sicuramente più equilibrata rispetto alla seconda parte dei primi anni 2000, ma meno commerciale dell’ultimo periodo.
- Voto: 4/5
- Genere: Progressive Metal
- Etichetta: Ytse Jams, Inc. under exclusive licence to InsideOutMusic
- Anno di pubblicazione: 2025