Recensioni e Interviste

“Sono un anarchico responsabile”. Intervista a Omar Pedrini

«C’è l’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione. E io, in questo momento, sono per l’ottimismo della volontà… Ti assicuro che merito il Premio Nobel della vita

È stato il “Signor no”, “L’uomo che ride” e col “Sangue impazzito”. Oggi, Omar “Zio Rock” Pedrini è un cane sciolto che fa la spola da Milano a Londra, dove ha ritrovato una seconda giovinezza artistica.

Non è per quelli che mettono la lingua e ama chi ci mette la faccia. E lui appartiene di diritto a questa seconda categoria, a quelli che dicono le cose come stanno, senza pudori e ipocrisie. «Non scrivo musica per gli imbecilli,» continuando lo “Zio Rock” con più fervore, «e sono un anarchico responsabile, come il mio maestro Gino Veronelli. Non ho padroni; non appartengo a partiti, a schieramenti; non appartengo al rock milanese né al pop sanremese. Appartengo di fatto ai miei ascoltatori: di quello che faccio devo rendere conto solo ai fan, e a me stesso in primis!»

Dai manifesti generazionali di “Senza vento” e “Sole spento” alla volutamente naïf “Sorridimi”, il percorso umano e artistico di Omar Pedrini è quello di un sognatore… con i piedi per terra. Legato alle radici, alle responsabilità di uomo e pronto ugualmente a spiccare il volo, con quell’equipaggiamento di “sana follia” che dà sapore alla vita… Ride, scherza, s’indigna, poetica sull’esistenza e sulla bellezza… Avremmo voluto continuare a conversare con lui per delle ore, come si fa con un amico che, senza rendersene conto, ti sta insegnando a crescere.

È stato il “Signor no”, “L’uomo che ride” e col “Sangue impazzito”. Chi è oggi Omar “Zio Rock” Pedrini? E dove sta andando?

«Lo Zio Rock, oggi, è un cane sciolto e, quando non è in Italia, sta andando a Londra. Lì ho trovato questo management così importante che mi mette in imbarazzo raccontarlo… e ne sono molto felice, perché erano 8 anni che, in Italia, non riuscivo più a fare dischi… Ero ormai pronto a raccontare le mie gesta ai nipotini e, invece, in zona Cesarini, tra una malattia e l’altra, tra un peggioramento al cuore e un’operazione, una figlia in arrivo inaspettatamente… salta fuori questa telefonata… Tempo prima avevo lasciato un cd a Noel Gallagher, che, grazie a un amico comune, avevo avuto il piacere di incontrare al concerto d Firenze… Io e lui siamo nati con 9 ore di differenza, per cui pensare che, io a Brescia e lui a Manchester, siamo venuti al mondo quasi nello stesso momento, era una cosa che comunque avrebbe potuto portare bene… Gli diedi il cd, vergognandomi come un cane, e dopo 7-8 mesi, quando ormai non mi ricordavo più, arrivò questa telefonata, che mi ha stupito… Sono andato a Londra e ho ritrovato l’entusiasmo.»

Il “battesimo di una terza vita”. E ancora, e ancora… Quant’è duro spogliarsi della propria pelle e rivestirsi comunque da uomo?

«Il mio lavoro – da sempre – analizza l’uomo. Dentro di me sono Ulisse, il viaggio, l’attesa, il “deus ex machina”… L’uomo e la terra sono i due centri della mia arte, della mia musica, delle mie passioni… “Ritornare uomo” lo intendo nel senso più vero. E non è facile essere uomini, avere il coraggio di soffrire… Spero che quello che mi è accaduto sia uno stimolo per tutti a non mollare, a tenere duro… Nel mio caso, essere uomo significa essere il guerriero che sa imparare ad amare anche il proprio dolore, e ti assicuro che merito il Premio Nobel della vita.»

Da “Senza vento” a “Sole spento”. Credi che, per cambiare le “condizioni climatiche” delle generazioni future, sia sufficiente dire “Sorridimi”?

«No, niente affatto! Però credo che mi sia uscita la canzone, proprio in questo momento particolare della vita, perché, da quando c’è Emma Daria, una bambina di due anni, mi chiedo che futuro avrà. E così magari il sorriso di mia figlia, della mia donna, della persona che ami… forse ci dà l’energia utopistica di sfidare tutte quelle catastrofi che ci orbitano attorno, facendo la nostra parte per cambiare il mondo. Se c’è una via per salvare l’uomo e il mondo, è sicuramente l’amore. E allora… sorridimi!»

Artista poliedrico e dai molteplici interessi, sei anche autore del programma sperimentale “Robin Hood”. Chi, nella nostra società, potrebbe essere considerato – a buon diritto – “l’arciere di Sherwood”? Chi lo sceriffo di Nottingham?

«È difficile, perché in questo momento storico ci sono tanti sceriffi travestiti da arcieri. Bisogna stare molto attenti, è difficile identificarli. E di sceriffi ce ne sono tanti! Sono gli opliti delle schiere dell’Ignoranza, coloro che vogliono essere ignoranti e potrebbero non esserlo… alcuni talent show… quelli sono gli sceriffi di Nottingham, che illudono i ragazzi e li spremono… Fortunatamente, però, in giro, si trovano anche degli arcieri autentici… registi bravi che si impegnano col cinema, musicisti… adesso abbiamo anche un papa che è abbastanza arciere.»

La vita declinata in un susseguirsi di collaborazioni con artisti italiani e stranieri di qualsiasi disciplina: musica, pittura, scrittura, poesia, psichedelia… Cos’è per te la “grande bellezza”?

«Io adoro condividere la musica con artisti di tutti i generi. Mi stimolano, mi mantengono giovane, mi fanno sentire vivo. In tutti c’è da imparare. Non amo le barriere, non amo i confini… La “grande bellezza” è l’emozione… è l’Italia. Sono i mari del Sud, i limoni del Mediterraneo, le montagne innevate della Lombardia… sono le colline della Toscana e gli ulivi dalle foglie argentee, quando tira il vento… La grande bellezza ce l’abbiamo sotto gli occhi… siamo noi.»

Se dico Sociart Network, tu dici?

«… Colori che esplodono.»

(Intervista realizzata da Gino Morabito – www.sociartnetwork.com)

— Onda Musicale

Tags: Omar Pedrini
Sponsorizzato
Leggi anche
Perdersi lungo le vie del Jazz: intervista a Paolo Fresu
Intervista al chitarrista veneziano Alberto Caltanella