Simon Phillips è considerato uno dei più importanti batteristi al mondo. Ha collaborato in studio e live con artisti straordinari (The Who, Gary Moore, Jeff Beck, Mike Oldfield, Nick Kershaw, Joe Satriani) ed è stato per quasi 25 anni batterista e membro ufficiale della band americana dei Toto.
Oltre a suonare la batteria, Simon Phillips è anche produttore e tecnico del suono. In questa intervista racconta le fasi più importanti della sua straordinaria carriera.
Ciao Simon, come hai gestito la tua attività durante questo lungo periodo di chiusure per la pandemia?
“Avevo tantissimo lavoro previsto per il 2020, sarei stato in Giappone con il Tour del 40° anniversario di Michael Schenker, poi sarei stato da voi in Italia a Maggio per suonare con Gianna Nannini, una persona fantastica con la quale ho registrato un paio di album in passato… Avremmo fatto 9 concerti, ma purtroppo è stato tutto annullato all’improvviso, così come tutti gli altri eventi che avevo in programma. Per fortuna mi sono arrivate immediatamente tantissime richieste di sessioni in studio e alla fine ho lavorato senza sosta registrando dischi per gente in tutto il mondo.“
Molti forse non sanno che oltre ad essere un batterista straordinario sei anche un produttore e fonico. Da dove è nata questa tua passione per la registrazione?
“E’ cominciata quando ero bambino, mio padre era un musicista e frequentava gli studi della BBC a Londra con la sua band dixieland. Mia madre ogni tanto mi accompagnava a vedere le sessioni ed è lì che mi sono innamorato dello studio di registrazione. Avevo solo 5 o 6 anni e me ne stavo seduto dietro al batterista, imparando cosa significasse davvero avere disciplina in studio, assistendo alle registrazioni dei dischi in tempo reale. Il suono dei dischi mi affascinava tantissimo e quando nel 1973 cominciai a lavorare negli studi facendo rock sessions, chiedevo sempre informazioni ai tecnici e agli assistenti per capire come riconoscere i vari modelli di microfono e le caratteristiche sonore.“
Pensi che oggi sia importante conoscere questi aspetti per poter essere un musicista a 360 gradi? O basta suonare la batteria per costruirsi una carriera?
“Questo è un grandissimo problema, perché al giorno d’oggi se non sei in grado di registrarti sei tagliato fuori, non puoi lavorare. E il periodo di COVID ne è la prova. Ma per diventare dei bravi tecnici del suono serve un certo tipo di approccio e di mentalità che molti non hanno. Serve molta pazienza e la maggior parte dei musicisti purtroppo non la ha… E aggiungo anche che è un peccato anche che la gente non vada più a registrare negli studi di registrazione professionali ma cerchi di fare tutto da casa con attrezzature di basso livello. I costi degli studi si sono abbassati moltissimo e la qualità finale è veramente diversa, bisognerebbe tornare a registrare in questo modo. Inoltre, voglio anche aggiungere che c’è un altro problema enorme nella musica di oggi e non sto parlando di canzoni o di suono… Non ci sono più i produttori, ecco cosa manca. Manca quella persona che sappia dirigere le registrazioni e che sia in grado tecnicamente di gestire gli arrangiamenti e abbia conoscenza delle tecniche di registrazione. Spesso mi arrivano dei progetti di Protools con le bozze delle registrazioni che dovrò fare e credimi, sono un vero disastro! Perdo un sacco di tempo a sistemare il lavoro che un produttore avrebbe dovuto saper fare da solo.“
Con i Toto hai avuto il doppio ruolo di batterista e tecnico del suono nel disco “Falling in between”, mi racconti come è stata quell’esperienza?
“Prima di tutto voglio dire che è stato un grandissimo onore che una band di musicisti straordinari come loro mi abbiano dato questa opportunità, fidandosi di me e lasciandomi spazio, ma questo è anche uno dei motivi per cui ai tempi mi sono unito a loro. Avevo molte richieste ma ho sempre cercato una band che mi permettesse di mettere a disposizione tutte le mie abilità, non solo percussive ma anche a livello di scrittura, di produzione e di sound engineering. Registrare i Toto è stato molto facile perché sono musicisti straordinari, ma devo confessarti che è stato impegnativo fare quel disco! Dovevo correre dalla regia dove gestivo il mixer e i vari livelli degli strumenti, per poi tornare in sala e imparare i brani al tempo stesso, ma poi c’era sempre qualche piccola correzione da fare o editare le tracce…“
C’è un brano in particolare (Bottom of your soul) dova la tua performance è straordinaria, con un mega fill alla fine della canzone memorabile. Come è andata la session per quel pezzo?
“Pensa che la batteria di quel brano è stata registrata praticamente alla prima take… “
Veramente?
“Ora ti racconto… Appena David Paich ha cominciato a suonare il brano ho pensato: “Wow, mi piace tantissimo”, tanto che ho chiesto subito alla band di lasciarmi la possibilità di condurre l’arrangiamento, e loro hanno accettato. Così sono partito da una base di loops con uno djembe e un bongo, se non ricordo male… poi ho dato a tutti in mano uno strumento e abbiamo registrato a cerchio intorno al microfono una parte percussiva che si ripete sempre. Pensa addirittura che Mike Porcaro e David Paich hanno suonato l’intro che senti all’inizio del brano tamburellando sulla parte superiore dell organo! “
Incredibile…
“Poi abbiamo fatto le tastiere e la chitarra acustica, ma la batteria ancora non c’era e Luke (Steve Lukather) mi dice: “allora Simon quando pensi di farla?” (ride). Ovviamente conoscevo bene il pezzo avendo gestito tutta la produzione, ma mi sono limitato a suonarci sopra qualche idea, qualche semplice groove… finchè arriva Paich e mi dice: “Simon, qui ci vorrebbe un mega lancio sui tom”. Ok, eccoti il lancio! Ho registrato un paio di idee ma fondamentalmente è una take unica.“
Con i Toto non hai mai cercato di emulare Jeff Porcaro, hai mai sentito la pressione da parte dei fans di sostituire una leggenda come lui?
“Sai, i Toto hanno voluto me proprio perché avevo uno stile molto riconoscibile e comunque credimi, se provi a copiare qualcuno sarai solo la brutta imitazione. Se penso ai primi tempi, si… tutto era molto diverso musicalmente, ma in quel momento così drammatico era la cosa giusta da fare ed è stato soprattutto Luke (Steve Lukather) a prendersi la responsabilità di portare avanti la band, i ragazzi erano veramente distrutti dopo la morte di Jeff. La stessa cosa mi è capitata quando ho suonato con i The Who, dove il batterista storico è ovviamente Keith Moon. Non ho mai pensato a come i fan avrebbero potuto accettare la cosa, ma in realtà è andata benissimo, tanto che molti fan dei Toto si sono avvicinati a miei progetti musicali ben lontani dallo stile della band e succede ancora oggi di vederli ai miei concerti fusion.”
Hai lavorato con i migliori produttori e fonici al mondo, ma hai mai discusso con loro a proposito del suono di batteria del mix finale?
“Si e succede di continuo! Fin dagli anni ‘70 ho scelto da subito di avere un suono di batteria molto caratteristico e un’accordatura che non piaceva a tutti quando andavo in studio a registrare, ma per contro, altri fonici lo amavano ed erano entusiasti del mio kit. Tiravo molto le pelli e questo dava un sacco di problemi ai fonici, perchè il kit produceva tanto volume e risonanze e in più sai… erano giovane e picchiavo molto più forte di come faccio ora.”
Le pelli che usi ti servono per ottenere la massima risonanza dal tamburo, vero?
“Si esatto, uso pelli monostrato trasparenti sia sopra che sotto e amo anche tenere il rullante libero, senza sordina, mentre ai tempi lo stoppavo di più.“
Usi sempre la cassa da 24×15 pollici?
“Si uso ancora la grancassa da 24×15 pollici, non amo assolutamente le misure lunghe e se potessi farlo ti assicuro che la userei profonda 14”, ma siccome ho i tom attaccati alla cassa non è possibile ancorarli come vorrei, quindi devo usare un pollice in più di profondità per farceli stare.”
Hai usato anche i drum rack negli anni 90, vero?
“Si li ho usati fin dai tempi con i The Who, ma dopo alcuni anni mi sono reso conto che con le aste singole tutto il kit suonava meglio, in particolare i piatti. Pensavo che al mio tecnico Larry dispiacesse dover montare un kit pieno di aste, invece quando gliene parlai ne fu entusiasta e dopo 8-9 anni di rack siamo tornati indietro.“
Ultima domanda Simon: se domani dovessi registrare il disco più importante della tua carriera, ma il produttore ti obbligasse a usare un solo rullante, quale sceglieresti?
“Uhhh! Che domanda difficile, sai io non uso mai un solo rullante… lascio la batteria accordata come sempre senza toccare nulla, ma il rullante è veramente l’elemento che ti cambia il mood del pezzo e lo cambio spessissimo. Se ne dovessi scegliere uno direi il mio Tama 40° anniversario perché è molto versatile e potrebbe andare bene in qualsiasi scenario. Ho anche un paio di vecchi Ludwig Supraphonic 400, il rullante più registrato di sempre con il quale ho fatto tanti dischi, ma oggi la mia preferenza va sul legno da 6,5 pollici di altezza.“
Grazie Simon, ti aspettiamo in Italia al più presto.
“Grazie a te, non vedo l’ora di tornare, devo impare di nuovo a fare il vero cappuccino italiano!“
Intervista realizzata da Corrado Bertonazzi fondatore di suonarelabatteria.it – Canale Youtube