Tullio De Piscopo è un batterista che ha fatto la storia della musica italiana e mondiale.
Nato in una famiglia di musicisti, ha iniziato a suonare nei club di Napoli ancora ragazzino per arrivare a dividere il palco con musicisti del calibro di Celentano, Lucio Dalla, Battiato, De Andrè, Mina e i più grandi jazzisti mondiali come Chet Baker, Dizzie Gillespy, Quincy Jones, Toquinho, senza dimenticare la collaborazione decennale con uno dei suoi più grandi amici recentemente scomparso: Pino Daniele.
Ecco la nostra intervista
• Ciao Tullio, i tuoi primi approcci alla musica arrivano da bambino com’è nato e cresciuto questa passione per la batteria ?
“Sono nato con le bacchette in mano, appena ho aperto gli occhi ho visto percussioni di ogni genere, pelli animali e tamburi perchè mio padre e mio fratello Romeo erano batteristi. Ho studiato il solfeggio con Armando Desideri, un grande insegnante, con cui mi trovavo bene caratterialmente. Poi al conservatorio ho studiato solfeggio, canto e altro. Ho interroto gli studi per aiutare la famiglia, perchè mio fratello maggiore Romeo morì suonando la batteria, aveva appena venti anni.”
• Ho letto che all’età di 13 anni, lavoravi nei Night Club a Napoli, cosa ricordi di quel periodo?
“È stato un periodo di grande scuola, di grande crescita. Erano locali adiacenti al porto di Napoli dove noi suonavamo per la flotta dei marines americani. Per suonare in questi locali bisognava conoscere tutti i brani del mondo, quindi è stata una grande scuola per me e per tutti i miei colleghi Pino Daniele, James Senese, Tony Esposito.“
• Hai suonato a lungo con Pino Daniele, anche nell’ultimo tour, qual è uno dei ricordi più belli che ti ha lasciato?
“La cosa più bella, è quando è venuto a trovarmi in ospedale il momento più importante e delicato della mia vita, in cui la mia vita era a repentaglio. Lui non aveva creduto a una bugia che avevo detto al manager nel tour del 2012. Gli avevo detto che era una fesseria, che dovevo fare un piccolo intervento ma lui disse: ‘questa è una cosa seria, prenotatemi un treno’ e così venne a trovarmi in ospedale. Non posso dimenticare quel momento che insieme alla mia famiglia, mia moglie, i miei figli e i miei nipoti mi ha aiutato a rinascere.”
• La tua battaglia col cancro?
“Mi dettero sei mesi di vita per un cancro al fegato. Ero con Giusy il giorno della diagnosi: tumore maligno dei più brutti e dei più rari. Decisi di andare in Svizzera per preparami a morire con l’eutanasia. Non volevo cure. Dopo, capii di non essere pronto. Come rinunciare alla gioia dei miei nipoti? Soltanto Pino Daniele sapeva di quel male, non lo rivelai a nessuno. Quando venne in ospedale piangemmo insieme ma gli dissi che avrei accecato il mio cancro. L’ho fatto.”
• Hai collaborato con tantissimi musicisti, un elenco infinito. Qual è quello che ricordi con più piacere?
“Tra tutti voglio ricordare il grande Astor Piazzolla, insieme a lui abbiamo inventato il tango moderno, che prima era senza batteria. Nel 1974 ho portato la batteria moderna in un brano che ancora oggi è suonato nei locali di tutto il mondo: ‘Libertango’.”
• Com’è nato il tuo successo “Andamento lento” che cantasti al Festival di Sanremo 1988 ?
“All’aeroporto di Fiumicino di Roma, mentre attendevo il volo per Milano, incontrai Marco Ravera, figlio di Gianni il patron di molti festival tenutisi in Italia. Ravera mi chiese di suonare un pezzo alla mia maniera per il Festival di Sanremo. Inizialmente fui scettico sulla compatibilità della mia musica con le note solitamente “sdolcinate” del festival, ascoltai alcuni pezzi musicali dei fratelli musicisti compositori Giosy e Mario Capuano e ne individuai uno adatto a me. Il viaggio in taxi verso Napoli, chiacchierando con il tassista e guardando il mare, furono l’ispirazione del titolo e del testo che scrissi per intero durante quello stesso viaggio. Nacque così “Andamento lento” che poi è diventato un successo mondiale.”
• Grazie mille Tullio per l’intervista.
“Grazie a te uaglione.“