Recensioni e Interviste

Dario Cuomo, un amore dolce-amaro nella ballad “Il tuo sapore”

La forza delle immagini e delle parole sono le assolute protagoniste de “Il tuo sapore”, il nuovo singolo di Dario Cuomo – con la produzione artistica del chitarrista flamenco Alex D’Alessandro – per l’etichetta Italian Music Records (etichetta del Magic&Unique Group, media group con sede a Los Angeles e a Londra) del pluripremiato compositore italiano di fama internazionale Louis Siciliano.

Una ballad scanzonata e a tratti malinconica, che – per evocazioni e sensazioni – fa immergere l’ascoltatore in paesaggi marini ed estivi, complice anche il tappeto sonoro puro e volutamente minimal, in cui la chitarra sembra reggere le redini delle armonie e della voce del cantautore.

La nostra intervista a Dario Cuomo.

Il tuo sapore” parla di una storia d’amore non corrisposto e si parla di perdono: puoi raccontarci qualcosa in più?

Quando scrivo mi capita molto spesso di affondare la mente nei ricordi, piacevoli o turbanti che siano. Nel caso de “il tuo sapore”, mi sono immerso nelle sensazioni di un amore giovanile, che credevo di aver dimenticato.  Più che di un sentimento non corrisposto, parlerei di un amore ancora acerbo, che, da un momento all’altro, senza volerlo, ha cessato di esistere. Un amore inquieto, turbolento, ma al contempo, dolce e intriso di passione. Con questa canzone, però, volevo ricalcare, più che la dolcezza degli aspetti dell’amore stesso, l’amaro delle sensazioni scaturite dal trauma di perderlo, così improvvisamente. E quindi, il senso di smarrimento, la sensazione di aver sbagliato tutto e, infine, la più grande tra le illusioni: la speranza che quel rapporto possa ricucirsi, per divenire qualcosa di ancora più potente. Questa dicotomia Dolce-Amaro dell’Amore che fu, mi ha dato poi lo spunto per il testo, e soprattutto, per il titolo.

Il tuo singolo precedente – “Quel che resta di te” – era un brano molto più amaro… come cambia il tuo mondo sonoro quando le emozioni sono così a contrasto?

Da “Quel che resta di te” a “Il tuo sapore” è passato più di un anno e in questo tempo credo sia cambiato tanto il mio modo di vedere e rendere in musica i miei testi. Credo che questo cambiamento sia dovuto soprattutto all’incontro con il Maestro Louis Siciliano, fondatore della Italian Music Records, e con Alex D’alessandro, produttore del mio ultimo singolo. Louis mi ha dato una grossa mano a comprendermi e, soprattutto, a comprendere la Musica come un atto di amore verso il mondo, come un restituire al mondo. Sin da quando ci ho parlato la prima volta, era già chiaro per lui il percorso che avremmo compiuto assieme: un percorso volto alla spontaneità, alla ricerca della Bellezza del vero. Poi, chiaramente, c’è anche tutto un lavoro dietro, anche dal punto di vista sonoro, che riguarda la ricerca di suoni e ritmi, essenziali e universali, che arricchissero e facessero risuonare le parole del testo. Devo tanto ad Alex per la sua determinazione e per quanto mi ha dato in questa ricerca stilistica.

Quando e come hai scoperto la musica?

Quando penso al mio percorso nella Musica, non posso non ricordare il giorno in cui mi innamorai di quest’arte.  Avevo 11 anni e, come quasi tutti i ragazzini della mia età, non avevo che due soli interessi: il calcio e i cartoni animati. Poi, un giorno, quel fatidico giorno, mentre mangiavo una merendina dinanzi alla tv, sentii una flebile, dolce melodia provenire dalla stanza di mia sorella. Per un attimo rimasi fermo, come immobilizzato da tanta bellezza, ma, subito dopo, curioso com’ero, decisi di sbirciare dalla serratura: irradiato dalla luce della finestra, c’era un grosso pianoforte a muro, nero, imponente, e dinanzi ad esso, con incredibile sorpresa, notai mia sorella destreggiarsi divinamente nel suonarlo. Quell’immagine che, ancora oggi, ricordo con particolare affetto, fu la scintilla che accese dentro di me il fuoco della musica. Nel giro di qualche mese, infatti, con i soldi della paghetta, ricordo che comprai la mia prima chitarra, una Yamaha Classica blu notte e, da autodidatta, iniziai a imparare. Con i primi accordi, arrivarono anche i primi testi, scritti di getto su un quaderno che, dopo anni, custodisco ancora gelosamente, e mi si aprì un mondo, che ancora oggi, non finisce di sorprendermi.

Secondo te come fa un cantautore oggi ad affermarsi e a crearsi un percorso al di fuori dei talent show?

Al giorno d’oggi essere presente sui social e sulle piattaforme streaming credo sia la base da cui partire per creare una solida fan base. Poi, chiaramente, devono esserci i live. Il contatto con il pubblico, lo scambio di emozioni, di sensazioni che si ha durante un live, aiutano tantissimo a crescere come artista e come persona. E poi, va beh, credo sia imprescindibile la forza di volontà, la capacità di non abbattersi, perché c’è tanto da imparare e tanto da sudare, ogni giorno.

Ti senti vicino alla corrente Indie romana? Quali sono i tuoi modelli?

Beh, non si può non amarla. È una corrente che sta dando tantissimo alla musica italiana. Gazzelle, Tommaso Paradiso, Coez, Carl Brave, tutti artisti incredibili, poi vabbè c’è Calcutta… Lui è l’inarrivabile, secondo me… Ha un immaginario impressionante. Solo lui scrive così. Però, sarà che sono sempre stato un po’ “vecchio dentro”, ma tra i modelli di riferimento per la mia musica, non posso non citare il duo Battisti-Mogol, con cui sono, praticamente, cresciuto. Credo che “Il nostro caro angelo” e “Anima Latina” siano, in assoluto, gli album che ho ascoltato e amato di più in vita mia. La ricercatezza delle parole, la delicatezza con cui tendevano a descrivere le situazioni e le relazioni più complesse, la peculiarità e la forza delle immagini che venivano a crearsi dalla loro penna, sono sin da subito divenute la cifra caratteristica su cui ho poi basato anche la mia poetica. Ci sono, però, molti altri artisti che hanno influito profondamente sulla mia musica, come Fabrizio De Andrè, spettacolare nel suo modo di raccontare storie, il mitico Vasco, di cui ho sempre ammirato la spontaneità, Samuele Bersani, a mio parere, dotato di una profondità ineguagliabile. Autori, insomma, prima che interpreti.

— Onda Musicale

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