dr.gam è l’acronimo
La più oscura, quella delle passioni più radicate, violente ed ancestrali
Già in questo periodo embrionale
Infatti di li a breve comincia ad avvicinars
Instancabi
L’album, anticipato
Gli abbiamo rivolto alcune domande.
Chi sono Andrea Gamurrini e dr.gam?
“Dopo varie militanze in molteplici progetti musicali, ad un certo punto mi convinco a camminare da solo, e sfruttando la parte centrale del mio nome e l’inizio del cognome nasce dr.gam: il cuore e la testa di Andrea Gamurrini. Credo fermamente che nell’arte, a differenza di quello che è l’immaginario comune, il lato passionale e quello cerebrale possano convivere perfettamente, prevalendo l’uno sull’altro a seconda della situazione, alimentandosi a vicenda in un produttivo disequilibrio.”
Quali sono le tue maggiori influenze?
“Io ascolto di tutto: dalla musica classica al trash metal, dai cantautori italiani alla world music, dal rock al reggae passando per il punk core fino al jazz’n’soul, l’importante è che sia buona musica. La lista degli artisti che mi hanno influenzato è lunghissima, per citarne alcuni: Bill Withers, Stevie Wonder, James Brown, Bob Marley, Sam Cooke, Jimmy Cliff, Prince, The Pogues, Led Zeppelin, Pat Metheney, Bach, Black Sabbath, George Benson, U2, Nirvana, Jorma Kaukonen, Beatles, Mozart, Sting, Seal, Rolling Stones, Neil Young, Paco de Lucia, Metallica, Gregory Isaac, Joe Pass, Dead Kennedys, Lucio Dalla, Jimi Hendrix, David Bowie, Mogol Battisti, Queen, Peter Tosh, Red Hot Chili Peppers, Elvis Presley, Bod Dylan, Beck...e tutti gli ottimi musicisti con cui ho avuto l’onore di collaborare personalmente da cui ho imparato gran parte di quello che so.”
Hai recentemente pubblicato l’album “Another Family”, vuoi parlarcene brevemente?
“Da sempre per me la musica è una sana malattia, e fin da piccolo ho avuto due bisogni: la composizione ed il palco. Dopo tanti anni di live in Italia e all’estero e tante canzoni nel cassetto, in un mio concerto, ho incontrato Velio Gualazzi (papà di Raphael) che mi ha spinto ad avvicinarmi alla discografia raccogliendo le mie composizioni in un album. Nel mentre stavo ultimando il mio studio di produzione, realizzato con enorme fatica e sacrificio, quindi aiutato da amici musicisti di primissimo livello incontrati nel mio girovagare intorno al globo, mi misi ad arrangiare e registrare 12 brani scelti tra più di cinquanta. Dopo quattro anni ha visto la luce “Another Family“. Io ho curato personalmente tutte le fasi della produzione, dalla creazione fino al missaggio oltre che la registrazione delle voci e delle chitarre. Gli arrangiamenti e programmazione sono stati fatti a quattro mani con Miky Scarabattoli che nell’album si è anche occupato in toto delle orchestrazioni, delle parti di tastiere e piano. Poi ho avuto anche il grande piacere di avere: alla batteria Marco Rovinelli (batterista di Samuele Bersani, Max Gazzè, Massimo Ranieri), al basso Danilo Fiorucci (bassista di Michele Zarrillo) e Lino de Rosa (bassista di Andrea Bocelli e Frankie HI NRG), in parte delle chitarre Alex Magnalasche (chitarrista di Alessandra Amoroso), alle voci femminili Pamela “PACO” Conditi oltre a tanti altri. Inoltre ho avuto l’onore della partecipazione straordinaria del percussionista americano Steve Ferraris, e della cantante di Broadway Mary Setrakian.”
Com’è stato lavorare con Velio Gualazzi, il padre di Rapahel Gualazzi?
“Velio Gualazzi ricopre un ruolo importante per me. E’ lui che mi ha consigliato ad avvicinarmi al mondo della discografia ed è lui che di tanto in tanto mi mette in guardia dai pericoli di questo mondo così diverso dalla musica dal vivo.”
Hai suonato sia in Italia che in Austria, Germania, Francia, Spagna e Stati Uniti. C’è un concerto particolare che ti è rimasto nel cuore?
“Tanti sono stati gli incontri e le situazioni stimolanti, ma se ne devo ricordarne una su tutte, fu quando montai sul palco dello Skunk Hollow di Hartland (Vermont – USA) alla prima data del primo tour nel New England che feci con il percussionista americano Steve Ferraris. Era la prima volta che suonavo negli USA e, anche se molte volte avevo già suonato all’estero e naturalmente mi sono sempre trovato a mio agio sul palco, quella volta accusai il colpo. Iniziai il concerto con salivazione a zero: cantare per due ore in quelle condizioni era impossibile. Poi, come per magia, quando le prime note partirono, la gente si alzò immediatamente a ballare, io avvicinai la bocca al microfono e tutto per incanto era tornato apposto. Fu una serata memorabile.”
Progetti per il futuro?
“Ora sono impegnato nella promozione stampa/radio dell’album. Ad inizio anno sarò nelle Feltrinelli e Mondadori delle grandi città Italiane per degli Show Case live di presentazione del disco e del terzo singolo estratto che questa volta sarà cantato in italiano dal titolo “Lettera di Mezza Estate” per poi pensare all’organizzazione del tour estivo 2017.”
Stefano Leto – Onda Musicale
{loadposition testSignature}