Il 1° marzo 2022 per Record Y è uscito Luna raccolta, il singolo che segna il ritorno di Sarah Stride (che si legge “stride”, come il verbo stridere).
Un nuovo inizio che la cantautrice Sarah Stride sembra dedicare a chi ha molte cicatrici e che ancora riesce a trovare la bellezza anche in un momento difficile. Dopo la pubblicazione dell’ultimo album Prima che gli assassini, e ormai a proprio agio tra parole taglienti, atmosfere subacquee e movenze elettroniche, Sarah Stride si riconferma uno dei nomi più interessanti della scena underground.
E questo è ciò che ci ha raccontato.
Come mai hai scelto “Stride”, dal verbo stridere, per identificarti?
«La scelta di questo verbo è stata una coincidenza. Insieme ad un amico produttore si cercava un nome d’arte che potesse rendere più incisivo e breve il mio cognome “Demagistri”. Stride è una sorta di anagramma che ne utilizza l’inizio e la fine. Quando è saltato fuori abbiamo capito subito che era il nome giusto, nato dagli estremi e centrato perfettamente sul mio modo di fare musica, mai compiacente e molto poco interessato alle mode del momento.»
Che cosa volevi trasmettere con il tuo nuovo singolo “Luna Raccolta“?
«“Luna Raccolta” è un brano che si è praticamente scritto da solo. Sono stata travolta dalla commozione dopo un incontro fatto per strada, un incontro durato pochissimi istanti ma che è stato veicolo per qualcosa che avevo bisogno di raccontare. La tutela di ciò che è diverso, non conforme, la dolcezza che si nasconde nel grottesco, il rispetto dei mondi nascosti. La speranza che una semplice canzone possa essere un’invisibile abbraccio e risarcimento per chi si confronta con la durezza del vivere e del non appartenere.»
Quest’esigenza di trovare la bellezza anche dove non c’è, ha forse a che fare il periodo storico che stiamo vivendo?
«Indubbiamente sì, viviamo un momento storico paralizzante, inconsistente, di un’ambiguità scioccante. Con una costante riformulazione della realtà basata solo su tempeste mediatiche che alimentano unicamente la paura da una parte, e la bulimia di consumo dall’altra. Senza senso di collettività, di rispetto per l’ambiente e per le fragilità. Proprio in momenti come questi penso sia ancor più doveroso da parte dell’arte, essere uno strumento di difesa dell’anima utilizzando la “bellezza” non spogliata, anche dalle sue componenti negative, come veicolo di scuotimento e trasformazione individuale e sociale.
A questo proposito prendo in prestito le parole di Byung-Chul Han nel suo meraviglioso saggio “La salvezza del bello”:
“Il compito dell’arte consiste nella salvezza dell’altro. La salvezza del bello è salvezza dell’altro. L’arte salva l’altro in quanto protegge se stessa dal fissarsi nella sua semplice presenza. Il bello, in quanto totalmente altro, supera la violenza del tempo”.»
Come nasce un brano di Sarah Stride? Hai un metodo compositivo?
«Ho sempre avuto diversi metodi compositivi, prima partivo dalla costruzione melodico armonica per poi lavorare al testo, per anni ho scritto partendo dalla chitarra o dalla ritmica. Poi ho iniziato a scrivere prima i testi e successivamente la musica utilizzando principalmente il pianoforte. Ultimamente invece il lavoro è molto vario e fluido, posso partire da una frase che ha già una sua musicalità e una suggestione armonica piuttosto che da un giro di accordi che mi suggerisce delle immagini. Normalmente ho una scrittura veloce in una fase iniziale, soprattutto per quanto riguarda la melodia, dopo di che dedico molto tempo alla cesellatura del testo e alla finitura della ricerca armonica»
Programmi per il resto del 2022?
«Fortunatamente quest’anno è pieno di progetti in partenza. Attualmente sto lavorando alla scrittura e produzione di questo prossimo disco solista che vedrà la pubblicazione di diversi singoli prima dell’estate, ho un disco finito con un’altra formazione che dovrebbe uscire a settembre e diversi spettacoli teatrali in partenza. Speriamo davvero di poter ripartire in pienezza!»