Alix si trasferisce a Parigi in giovane età, e studia letteratura, arti visive, recitazione e danza. Vive a Montmartre in un minuscolo appartamento, alternando mille lavori, mentre esplora lo stretto legame tra musica e performance.
Per Alix Parigi non è una semplice casa. Diventa un luogo dove si intrecciano ricerche artistiche, personali e politiche. È da questa intersezione che nascono la sua scrittura e la sua musica. La voce di Elza Soares e Cesaria Evora, il suono di Mayra Andrade e Dino D’Santiago, e il mix musicale di Lisbona porteranno Alix, poi, nella capitale portoghese, dove la sua scrittura si impregna degli incontri fatti con artistə, collettivi queer e attivistə.
Tra Lisbona e Londra, scrive canzoni in portoghese, italiano e inglese, canta nei bar e collabora con altrə artistiə. Abbiamo deciso di incontrarlə, in occasione dell’uscita del suo disco di debutto dal titolo “Garçon Raté”.
Ecco che cosa ci ha raccontato.
Chi è il Garçon Raté del titolo del tuo EP?
Sono sicuramente io. Raté vuol dire uscito male – quando metti tanta intenzione a fare una cosa, e poi ti esce uno schifo. Può voler dire anche fallito – Garçon Raté è il tentativo fallito di costruire un ragazzo in piena regola. Poi è un po’ una figura per me: sicuramente è la figura che racchiude un po’ la mia storia. Non ho assolutamente un percorso lineare, non penso di aver fatto tutto bene nella mia vita. Per un sacco di persone, vistə dall’esterno potrei essere consideratə raté. E io sono molto, molto attacatə alle cose che escono male. Soprattutto nella musica, ci sono sempre delle idee interessanti nelle cose che ti escono male. E da lì si aprono delle possibilità. Per me in Garçon Raté c’è questo doppio significato: fallitə per gli altri e il mondo, ma riuscitissimə per me stessə. In generale credo che quando gli altri ti considerano un fallimento, vuol dire che stai trovando la tua strada.
Alix, quando hai capito che il francese era la lingua giusta per esprimere alcune delle cose che stavi provando?
A livello conscio, l’ho capito molto tardi. Ho fatto diversi tentativi – ho scritto in inglese, poi in italiano. Ho scritto anche in portoghese dei pezzi, perché sono lingue legate ai posti dove ho vissuto e alla musica che ascoltavo. Il francese però è la lingua che parlo da più tempo; è legata alla mia vita, ai miei affetti, alle mie esperienze; è legato al paese nel quale sono cresciutə, dalla prima relazione d’amore alle domande esistenziali, alla mia formazione artistica; anche a molte mie ispirazioni, già da piccolə era così, visto che andavo in Francia a trovare parte della mia famiglia. Ho imparato a definire quello che sentivo in francese, e poi la mia psicanalisi l’ho fatta in francese. [ride] Anche molte persone attorno a me, quando ascoltano il materiale che scrivo in diverse lingue, mi dicono che il francese è la lingua con la quale riesco ad esprimermi meglio, che dà voce alla mia emotività, è più esplicita, più netta.
E perché torni sempre a Parigi alla fine?
Perché è la mia città. Ho viaggiatə tanto e mi sono spostatə tanto – sono un’anima nomade, ne ho bisogno – ma è la città nella quale sono cresciutə, ha formato la mia personalità. La mia famiglia scelta è lì, i miei punti di riferimento pure. È una città che ha tanti difetti e che è molto dura, ma è la città della quale mi sono innamoratə da adolescente. È stata la città che mi ha permesso di emanciparmi. E mi ha dato tantissimo. Ho sempre bisogno di Parigi come base, di passare da lì per capire chi sono, nelle cose che sto facendo. Ci sono andatə per lavorare e per vivere da artista, ed è il posto nel quale ho vissuto di più, che conosco meglio.
Alix, come hai passato il periodo della primissima quarantena? E cosa ti ha lasciato?
Ero a Londra a lavorare quando hanno cominciato a chiudere tutto, prima in Italia. Ogni giorno chiudevano una città o mettevano restrizioni, non capivamo niente da Londra. Mi ricordo che le prime notizie arrivarono tipo di lunedì. Poi il giovedì anche a Londra hanno cominciato a parlare di restrizioni; l’Italia era in lockdown totale, ho preso l’ultimo volo da Londra per Lisbona, e sono tornatə lì, dove avevo una stanza in quel momento.
Il mio primissimo lockdown l’ho passato a Lisbona. È stato molto meglio che farlo a Milano o Parigi; potevamo uscire a fare delle passeggiate senza limiti, rispettando le distanze, nonostante fosse tutto chiuso. Quindi ho passato il mio tempo a scrivere pezzi e a leggere, e a fare delle lunghissime passeggiate sul Tejo. È stato da lì però che ho deciso di lasciare Lisbona, in realtà. Era chiaro dopo qualche settimana che sarebbe stata una cosa che avrebbe trasformato tutti gli equilibri attorno a me. Ho deciso di tornare a vivere tra Milano e Parigi, e sono tornatə a Milano dopo tantissimi anni. Prima di quel lockdown Milano non era mai stata nei miei piani, né l’Italia. Non mettevo piede in Italia da tantissimi anni. Mi ha lasciato un po’ questo. Un grande cambiamento di rotta e un ritorno nei due paesi che mi hanno cresciutə.
Alix, ti capita mai di riascoltare i tuoi vecchi pezzi? Che cosa provi?
Mi capita – ho un rapporto molto moody però. Non mi piace guardare a quello che ho fatto, tendenzialmente. Ci sono dei pezzi però che hanno una loro vita; quindi mi nutro del significato che hanno per altre persone. I pezzi che non sono usciti, che ho scritto tanto tempo fa, quando li riascolto la mia primissima reazione è “Oddio, che schifo!” [ride] Sono molto durə con me stessə. Poi posso riascoltarli il giorno dopo e sentire già qualcosa in più che mi piace. Ma non sono una persona che ama riguardare indietro, o rivedere quello che ho fatto in passato. A volte mi costringo a farlo, ma è per rassicurarmi che ho fatto qualcosa nella vita. Lə miə amicə mi prendono in giro perché sono una persona che ha fatto 15 milioni di cose, sono iperattivə, ma ho regolarmente delle crisi di identità in cui mi sembra di non avere un passato; quindi ho questo rapporto molto lunatico, molto irrazionale, faccio fatica a fare i conti con quello che ho fatto. Sono molto concentratə su quello che c’è da fare sempre; quando finisco un album sto già pensando all’album successivo da fare. Sono molto proiettatə verso il futuro.