Recensioni e Interviste

Samuele Proto: intervista per Onda Musicale

Samuele Proto

Anticipato dai singoli “Fuliggine” , “Fragili rose”, e “Atenei” è uscito 23 settembre per SHED626 “Proiezioni” , il primo album di Samuele Proto.

Il cantautore fiorentino, Samuele Proto, racconta pensieri, sentimenti e stati d’animo racchiusi nel cambiamento, motore che alimenta il processo creativo dell’artista, dando forma reale e concreta alle sensazioni vissute. Il titolo PROIEZIONI racchiude in sé il senso del trasferimento, visto da molteplici punti di vista e rappresentato sia nell’aspetto psicologico dai testi e i racconti delle singole canzoni, che nell’aspetto geometrico e fisico della copertina.

PROIEZIONI nasce da un lungo lavoro di produzione, iniziato a febbraio 2020 e portato avanti per più di due anni, in cui fa da protagonista il groove soul ispirato alla musica Motown.

Noi dovevamo per forza fargli qualche domanda, ecco com’è andata.

In questa nuova scena di giovanissimi, da Blanco in poi, ti senti mai indietro o troppo “vecchio” rispetto ad altri? 

«Penso che ognuno abbia il proprio percorso. Sentirsi vecchio perché 2/3 anni più grande di altri artisti non fa parte di me. Io lavoro alla mia musica e sono consapevole che per motivi legati al genere e alla scrittura il mio sia un progetto che ha bisogno di più tempo. Ovviamente spero che il tempo venga ripagato e che l’esperienza accumulata possa aiutarmi al momento giusto» 

Da dove derivano le tue influenze blues e soul? Come sei entrato in contatto con la musica della Motown? 

«Le mie influenze su questi generi nascono dal fatto che prima che autore sono un chitarrista. Appassionato appunto inizialmente di musica Blues. Da piccolo ho passato un periodo alla ricerca di artisti nuovi per me, un vero e proprio studio che poi mi ha portato alla passione per il cantautorato nero degli anni 70, Il periodo appunto che possiamo definire “Motown”. C’è un filo diretto che lega la musica blues agli artisti Motown. Il resto credo sia solo un discorso di gusto personale». 

Ti trovi a tuo agio con l’italiano? È una lingua che hai scelto di utilizzare partendo dall’inglese? 

«Mi trovo a mio agio con l’Italiano perché effettivamente non ho mai scritto in altre lingue. Credo nell’italiano come lingua poetica e sicuramente dall’altra parte l’inglese ha suoni forse più musicali. Non penso in definitiva che una sia meglio dell’altra. Penso che l’importante sia riuscire a comunicare qualcosa, e ad oggi il mio modo di comunicare, forse anche per abitudine, l’ho sempre sentito più efficace in Italiano». 

Ti ricordi ancora la prima canzone che hai scritto? Com’era?

«Non ricordo esattamente la prima canzone in assoluto. Scrivo da quando ho memoria praticamente. Mi ricordo qualche canzone di quando a 13/14 anni cominciai a prendere la cosa sul serio. Ogni tanto mi capita di ritrovare vecchi mp3 e dare un ascolto. Tra una risata e l’altra mi rendo conto però come la mia idea musicale fin dall’inizio fosse bene o male quella che ho oggi. Maturata, lavorata ma comunque concettualmente vicina». 

Qual è stato il ritorno dall’esperienza di Deejay On Stage?

«Deejay on Stage è stata una grande esperienza e opportunità. Mi ha dato una forte spinta con il mio EP d’esordio. Non sono una persona che si guarda troppo indietro, cerco sempre di creare qualcosa di nuovo per me, ma sicuramente quando penso a quel momento lo faccio con il sorriso»

— Onda Musicale

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