Onda musicale ha fatto qualche domanda ad un protagonista della musica classica per raccontare un Festival unico nel suo genere e che anima i dintorni di Roma da anni.
Quando ha iniziato Maurizio d’Alessandro a pensare alla musica come centrale nella sua vita? Ricorda uno studio o un momento in particolare da condividere con i nostri lettori?
Intorno ai 25 anni.
Come si concilia la sua attività come musicista e direttore artistico? Cosa le piace fare nell’uno e altro ruolo?
Sebbene siano due attività diverse direi che la prima è utilissima per fare bene la seconda. La conoscenza dei repertori musicali praticati nella professione di musicista, consente di avere una visione allargata tale da permettere di articolare i programmi dei concerti con consapevolezza. In questo modo si può meglio definire una linea artistica coerente.
Albano, che è un centro piuttosto piccolo sebbene celebre. Ma anche ricco di bellezze e possiede il festival lisztiano più longevo e importante in Italia. Cosa pensa di aver regalato col suo lavoro a questa città e che rapporto intercorre tra Maurizio D’Alessandro e questo luogo che venne scelto da Franz Listz stesso?
Albano diciamo che non è proprio piccolo (40mila abitanti) e comunque da sempre rappresenta un centro di tante attività culturali che lo pongono tra i paesi più significativi nei Castelli Romani. Il festival lisztiano è frutto di un lungo lavoro negli anni che ha portato ad Albano da subito musica e musicisti di altissimo livello. E’ stata una prerogativa volta a dare un ampio significato ai concerti ma, direi anche alle attività di ricerca con convegni, mostre e pubblicazioni che hanno avuto sicuramente una ricaduta nel tempo sulla città. Il plauso che costantemente ci ritorna dal pubblico ci conferma quanto la proposta artistica nella direzione di fare cultura e non spettacolo tout court sia stata ormai ben recepita.
Nella ambizione di assumere il ruolo di riformatore della musica liturgica, Liszt ha impegnato tutto il suo talento alla ricerca di un punto di equilibrio tra tradizione antica e innovazione. Parliamo di un momento storicamente distante, ma oggi dividendosi tra mercato ed una committenza totalmente frammentata, su quali equilibri deve puntare un musicista impegnato nella musica classica?
Domanda interessante, nonché argomento per una più lunga discussione. L’equilibrio, a mio parere, dovrebbe essere nel coraggio. A dire che le scelte artistiche non devono soggiacere al mercato o, se si vuole, occorre sapere creare un nuovo mercato partendo da una creatività che possa poggiare da un acquisito per rilanciare nuove idee. La nuova ‘500 Fiat si è imposta nel mercato perché la tradizione non è stata cancellata, attualizzando nel disegno il senso della modernità. Si può fare anche nella musica pensando che le separazioni fra cosiddetti generi a volte è solo un fatto di praticità, per così dire. Tante canzoni sono nate prendendo spunto da cellule melodiche della musica classica; tanto jazz è debitore alla musica impressionista di fine ‘800. Potremmo continuare…