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Big Calm, la chimica perfetta dei Morcheeba

Copertina di Big Calm

Sono un gruppo più che ventennale, ma non se ne parla abbastanza. Big Calm è l’album più famoso dell’allora trio dei Morcheeba, e nella sua essenza precede molti dei trend che ancora oggi definiscono la musica alternativa. Oltre ad essere, semplicemente, un buon lavoro.

Il meccanismo dei Morcheeba in Big Calm

I Morcheeba sono uno di quei gruppi che, pur appartenendo a un movimento culturale molto specifico, sembrano esistere da sempre. Big Calm, pubblicato nel 1998, fa parte di quel crescente movimento trip-hop in cui, preceduti dai Sade e affiancati dagli Hooverphonic, avevano deciso di raccontare con un sound delicato, eclettico e sempre aperto alle contaminazioni, uno spettro emotivo completo e senza filtri. Tristezza senza nichilismo, rabbia senza aggressione, felicità senza stupidera. Il nucleo perfetto. 

L’idea dei Morcheeba è, per i fratelli Paul e Ross Godfrey, un ricettacolo di pensieri musicali completamente liberi. Per la cantante Skye Edwards è invece uno spazio di manovra completamente libero, dove esporre una delle voci non belter più sottovalutate dentro e fuori dal mainstream. Il suo timbro, flautato e delicato e immediatamente riconoscibile, diventa a sua volta uno strumento e si adatta senza fatica a tutte le tracce. Carezzevole in The Sea, composta e teatrale in Friction, malinconica e teatrale in Fear & Love

Varietà e sperimentazione

Big Calm è un piccolo mondo in cui ciascuna traccia, pur facendo parte del banchetto completo, risulta mai del tutto uguale alle altre. Ogni brano ha un suo elemento distintivo, un suo sapore, una sua particolarità che lo fa spiccare. Let Me See ha la linea di basso, ripetuta, quasi un premio alla fine del bridge. Friction ha una strofa in patois, cantata dal dj britannico Spikey-T, che fa di essa di fatto la blueprint per un sacco di successi ibridi del decennio successivo – e in cui il contrasto vocale al centro, tra la voce sottile di Skye Edwards e il timbro ruvido del suo ospite, enfatizza e completa la sensualità di fondo anziché creare una chimica scomposta

Ultima, ma non meno importante

La chiosa The Music That We Hear si appropria dei ritmi ondeggianti e delle percussioni del latin boom in corso – risultando un più momenti una versione platonica di Smooth di Santana – e la combina con tocchi blues-retro creando un sound caldo, esaltante, dall’immediato coinvolgimento. Tutto questo di fianco a un testo quasi volutamente cheesy – “la musica che facciamo guarirà tutti i nostri errori” – a cui la forza della musica al di sotto fornisce prestigio aggiunto. Abbiamo tutti un lato sognatore: i Morcheeba lo sanno bene, e sanno come solleticarlo. È un ethos che si ripete in tutto il sound di Big Calm, e che avrebbe definito il modo di lavorare del duo inglese. 

Anche quando si arriva a una canzone come Blindfold, in cui il tema centrale è una relazione che consuma la mente, descritta come una “malvagia maledizione”, i fratelli Godfrey decidono di aggiungere un bridge orchestrale trionfante, colorato, che compensa e completa, esaltandolo, il tema di fondo. E a loro volta anche momenti più ovviamente jazz-lounge come Fear & Love si possono perdonare, pur rappresentando tasselli ben più piccoli nel quadro generale. I Morcheeba sono, innanzitutto, libertà di movimento: ci sono movimenti lenti e movimenti rapidi. 

Fino a completare il loro, al momento, magnum opus: la title track Big Calm, che nonostante il titolo è attiva, crescente, con un riff di chitarra che risulta, allo stesso tempo, imponente e calmante: it’s Morcheeba – senza alcun dubbio. Tutto quello che gli manca è tornare nella nostalgia. 

— Onda Musicale

Tags: Morcheeba
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