Recensioni e Interviste

Dario Dont si racconta al nostro giornale. L’intervista

In occasione dell’uscita dell’esordio solista di Dario Dont (ex voce e chitarra dei Don Turbolento) intitolato “Grand Jeté”, ne approfittiamo per scambiare due battute con il cantautore bresciano.

Ne esce un ritratto originale e particolarmente espressivo come dimostrano i video già pubblicati. Il disco è disponibile in versione CD e MC per Vrec Music Label.

Descriviti in 5 righe. Da dove vieni, il genere che proponi. Dacci dei riferimenti ad artisti a cui ti ispiri.

La mia formazione musicale è perlopiù anglofona, per ignoranza o snobismo da ragazzino rifiutavo qualsiasi cosa fosse in italiano fatta eccezione per il prog (YS de Il Balletto di Bronzo è uno dei miei dischi preferiti in assoluto), sono cresciuto ascoltando Slayer, Led Zeppelin, Pink Floyd, Alice in Chains, Pantera per poi passare a Stone Roses, Duran Duran (una delle mie band di riferimento), Flaming Lips, Primal Scream, XTC… poi un bellissimo libro ha aperto i miei orizzonti, SUPERONDA di Valerio Mattioli ma, anche se oggi ne ascolto di più, non posso dire mi sia mai arrivata una vera passione per la musica italiana eppure non riesco più a pensare di scrivere in inglese.

Cosa ti spinge a fare musica?

Faccio musica perché sono cresciuto con il pensiero di non poter fare altro – spiega Dario Dont – perché ho una urgenza comunicativa, perché ascoltare la prima versione finita di un pezzo è la sensazione più bella del mondo.

Perchè hai intitolato il disco così?

Il titolo viene da uno dei brani contenuti nel disco che ho scritto ispirandomi al contrasto tra la fatica e il dolore dei ballerini di danza classica da un lato e la percezione di leggerezza che ha lo spettatore dall’altro. Grand Jeté è il passo con il quale il ballerino si stacca completamente da terra per fare un grande balzo ed è quello che questo disco è per me, la mia prima prova da solo e in italiano.

Qual è il brano dell’album a cui sei più affezionato? Raccontaci un aneddoto sulla realizzazione del disco.

Sicuramente proprio Grand Jeté per il significato che ha ma anche perché mi ha dato molta soddisfazione nella scrittura e arrangiamento, è partito come un esperimento su un 9/8 e da lì ho cominciato a sviluppare il brano cercando di renderlo il più leggero possibile e non far percepire l’osticità del timing. La parte centrale era stata inizialmente cancellata perché in preproduzione non riuscivamo a trovare una combinazione tra chitarre e beat che la valorizzasse al meglio, così quando Beppe Mondini venne a registrare la batteria mi chiese perché l’avessi tagliata, risposi con un’altra domanda “tu come la faresti?”, lui andò in postazione e registrò quello che si sente nel brano.

Che farai nei prossimi mesi?

Ora sto preparando il live insieme a Beppe Mondini in occasione del  release party, dopodiché punto a fare più live possibile, seguendomi su intagram si potrà sapere dove e quando.

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd, Led Zeppelin
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