Recensioni e Interviste

Demikhov – intervista esclusiva Onda Musicale

Demikhov live.

Da poco hanno pubblicato un concept album spiazzante e ossessivo, con sonorità riconducibili al post-hardcore e al noise

E lo hanno prodotto tutto da soli, nel proprio studio. Da Desenzano del Garda (Brescia) arrivano i Demikhov, che si raccontano (e ci raccontano dell’album “The Chemical Bath”) in esclusiva per Onda Musicale.

Come descrivereste lo stato di salute della scena del post-hardcore e della musica underground in Italia e quali sono le principali sfide che la band Demikhov ha incontrato per sviluppare la propria carriera?

Per quanto riguarda la prima domanda, ci sembra che la musica underground in Italia stia vivendo un periodo straordinariamente fecondo, complice anche il desiderio di aprirsi e tornare a condividere spazi e idee dopo gli anni di stallo pandemico. Per un attimo abbiamo temuto a causa delle numerose band che non ce l’hanno fatta e han deciso di terminare il proprio percorso, o per i locali e gli spazi che si son ritrovati a dover chiudere, ma in poco tempo nuove realtà sono fiorite con un entusiasmo senza pari. Altri han trovato il modo di approfittare dei mesi di sospensione per scrivere nuovo materiale, che ora viene licenziato quasi in simultanea. Se dovessimo guardare ai soli primi mesi di quest’anno, con la pubblicazione dei nuovi album di Stormo, Nadsat, Exhibit, Cani dei portici, The Turin Horse e ovviamente Demikhov, possiamo riconoscere una scena straordinariamente rigogliosa! Quanto a noi, la principale difficoltà consiste nel seguire un proprio percorso in libera autonomia, senza lasciarsi ingannare da facili mode e soluzioni, e senza ricercare la scorciatoia delle soluzioni già collaudate e riconosciute. Pur no n negando di appartenere a una scena, e riconoscendoci debitori delle sonorità post-hardcore, ciò non ci impedisce di guardare oltre le etichette di genere anche a costo di spiazzare i nostri stessi ascoltatori.

Avete recentemente prodotto il vostro album da soli. Quali sono state le principali difficoltà e quali i vantaggi di questo modo di affrontare un lavoro come la produzione di un album?

Negli ultimi anni abbiamo affiancato l’attività dei Demikhov all’inaugurazione di un nostro studio di registrazione, Produzioni Rumorose. Questo ci ha permesso di dilatare i tempi di composizione e registrazione, esplorando con sempre rinnovata curiosità le possibilità che giorno dopo giorno ci si aprivano in sala. Abbiamo potuto approfondire l’aspetto ludico, di ricerca sonora, della registrazione di un disco, un aspetto fondamentale che spesso viene tralasciato per i tempi ristretti e i costi alti delle giornate di registrazione. Abbiamo anche potuto immergerci completamente nel nostro lavoro, per lunghi giorni consecutivi, anche se ciò ha spesso portato con sé il rischio di sprofondare in una spirale di perfezionismo e insoddisfazione: il non avere scadenze o limiti spinge talvolta a voler procrastinare all’estremo la chiusura del lavoro. Lavorando da soli è sempre essenziale ricercare il giusto equilibrio tra sperimentazione e immediatezza, tra creazione e autoreferenzialità. E la decisione di chiudere i lavori consegnando l’album all’ascolto di altri diventa così un vero momento catartico, quasi una liberazione.

Il vostro nuovo album “The Chemical Bath” è un concept album. Avete lavorato prima della stesura dei brani per sviluppare l’idea alla base del concept oppure è avvenuto man mano che scrivevate i pezzi? Quali sono stati i principali temi che volevate esplorare nel narrare le assurde vicende alle quali il concept fa riferimento?

Come per il precedente full-lenght “Experimental Transplantation Of Vital Organs” e l’esperimento autogenerativo “Music For The Flying City”, anche il concept alla base di “The Chemical Bath” affonda le sue radici nella storia opaca dell’ex Unione Sovietica, in un immaginario che ibrida scienza, storia e politico. L’album ripercorre i processi di imbalsamazione del corpo di Lenin, che sfociò nel tentativo di preservazione definitivo (il “chemical bath” del titolo), e della successiva costruzione del mausoleo a lui dedicato, secondo la volontà degli intellettuali sovietici di sconfiggere la condizione mortale dell’uomo. L’idea alla base del concept stava già circolando nei nostri discorsi ancor prima della scrittura dei pezzi: nel 2018, quando Marco è entrato formalmente nel gruppo come nuovo bassista, l’immaginario sotteso al disco aveva già cominciato a prendere forma. Questo è, d’altra parte, il nostro modo espansivo e caotico di procedere: anche oggi, a soli due mesi di distanza dall’uscita del disco, già stiamo lavorando a due diverse uscite. Da questo punto di vista, la nostra immaginazione è inarrestabile! Tornando a “The Chemical Bath”, per approfondire il concept ci siamo anzitutto documentati sulla vicenda e sull’ideologia del tempo, affiancando la condivisione di testi e libri alla composizione propriamente musicale, in modo non del tutto dissimile da quello che altri artisti da noi amati avevano già tentato (un esempio su tutti: la ripresa del Libro tibetano dei morti da parte dei Dead Elephant per il loro “Thanatology”). E non potremmo essere più soddisfatti del risultato di una simile impresa, sia per l’intima coerenza tra musica e immaginario, sia per lo straordinario lavoro eseguito da Officina Infernale nel cucire tra loro l’artwork del disco, i testi dei brani cantati e i documenti storici presi a riferimento.

Avete collaborato con etichette europee per distribuire la vostra musica. Come avete trovato queste opportunità e quali sono stati i principali vantaggi di lavorare con etichette internazionali?

Una delle fortune dei circuiti underground e DIY è quella di poter contare sul supporto e sull’iniziativa di chi incontri e conosci in anni di concerti e condivisioni. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: a questi livelli le collaborazioni procedono in parallelo alle amicizie, e questo contribuisce ad alimentare il sostegno e la fiducia reciproci. DioDrone e Nàresh in Italia, Ivan e Kontingent in Bulgaria, Christos e Sweetohm in Grecia: prima delle etichette, prima delle distribuzioni, ci sono le persone con cui abbiamo condiviso importanti momenti della nostra avventura umana e musicale.

Internet ha cambiato radicalmente l’industria musicale e ha dato a molte band indipendenti la possibilità di farsi conoscere a livello globale. Come si traduce nell’atto pratico e nei risultati questo cambiamento per una band come la vostra?

Anzitutto nella consapevolezza che non siamo soli al mondo! Per tornare al discorso precedente sulle collaborazioni europee, non avremmo mai potuto incontrare alcuni degli amici di oggi senza aver prima conosciuto tramite Internet band straordinarie come Calf e Feedbacker, vicine alle nostre sonorità e alle nostre sensibilità. Attraverso siti e social conosciamo in continuazione band che hanno sviluppato il proprio percorso in direzioni analoghe alle nostre, e questo rafforza la nostra ricerca, intreccia legami e apre a possibili incontri futuri. E l’opportunità di conoscere diventa, reciprocamente, occasione per farsi conoscere da altri, altrettanto curiosi e disponibili. Non sempre si riesce di fatto a creare situazioni di incontro, dal momento che ascoltare un disco in streaming o avviare una discussione è ben più facile che organizzare viaggi o periodi di tour. Ma in un’ottica DIY, senza booking o agenzie che gestiscono dall’alto spostamenti e compensi, la stima reciproca che si può avviare a distanza spesso è la prima tappa necessaria per poter poi procedere con l’allestimento di un tour o di una data.

Quali sono i progetti futuri per Demikhov? State già ragionando su un sequel? Avete in programma date in Europa, oltre a quelle in svolgimento adesso in Italia?

Come dicevamo prima, abbiamo già alcune idee in cantiere, sia per un vero e proprio nuovo album, sempre legato a un concept bizzarro e scabroso, all’altezza dei precedenti, sia per alcune uscite più particolari ed eccentriche, tanto in termini di sonorità che di setup. L’idea è ancora una volta quella di sperimentare nuove soluzioni ed esplorare territori che fino ad oggi non abbiamo sondato. Per quanto riguarda le date in arrivo, il fatto di essere una band underground, e di un genere tutto sommato di nicchia, implica anche una certa difficoltà nei movimenti. Quel che è certo è che, almeno per ora, vogliamo soprattutto concentrarci sui concerti, facendo girare il più possibile “The Chemical Bath”. Cosa che sicuramente in autunno ci porterà anche fuori dall’Italia.

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— Onda Musicale

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