“Città del futuro” il nuovo capitolo per il progetto solista di Giovanni Cosma, in arte Moonari
Un nuovo capitolo per il progetto solista di Giovanni Cosma, in arte Moonari, che affonda nella scena underground romana. “Città del futuro” ci accompagna verso la stagione calda con un brano che nasce come una qualsiasi canzone d’amore. Sempre estiva, sempre avvolta da un mellifluo strato di nostalgia con un po’ di rimorso estivo, sempre speranzosa. Dedicato a chi si sposta di città in città, verso un nuovo luogo da chiamare casa e agli ultimi romantici.
Noi lo abbiamo intervistato, facendo un viaggio tra musica e città.
Leggiamo che questo pezzo è stato iniziato e lasciato più volte. Come mai? E come sei riuscito infine a finirlo? E come hai capito che era arrivato il momento giusto per farlo uscire?
A volte con le canzoni succede così. Ci sono dei brani che chiudi in una giornata e altri in cui hai bisogno di tempo per pensare. Per capire una serie di cose, soluzioni e idee. Questo specifico pezzo è nato in un periodo di grande transito, tra momenti orrendi e stupendi, tra la perdita dell’udito e la scoperta di un amore dopo tanti anni da solo. Ho avuto molto da processare, quindi questa potrebbe essere una delle motivazioni, e sono riuscito a finirlo solo quando ho messo giù l’ultima parola del testo, a Londra. Il momento giusto per farlo uscire è arrivato con la conclusione del disco di cui fa parte (4 anni dopo)!
Come nasce un brano di Moonari? E come scegli quanto esporti? Con l’utilizzo dell’italiano è cambiato qualcosa?
Non c’è una vera formula, e questa è la difficoltà e al contempo la cosa più bella. Un brano può nascere da un cazzeggio fra amici su un video di Germano Mosconi, esattamente come può nascere dall’analisi di una poesia del ‘900 o da un giro di accordi al piano e da una melodia. È tutto sempre nuovo. Esporsi è una scelta estremamente delicata, tutt* abbiamo segreti e pensieri che nessuno saprà mai. L’importante è raccontare la propria verità, perché essere onesti con sé stessi ti porta ad essere credibile alle orecchie degli altri, oltre che alle tue. Non paragoniamoci a Dalla, De André e Pino Daniele. Ognuno di noi ha una storia diversa e un linguaggio diverso, l’importante è essere sinceri in ciò che si scrive. Con l’utilizzo dell’italiano per me è cambiato tutto. È la mia lingua, so esattamente il peso di ogni parola! Sento che è l’unico vero modo per essere onesto con me stesso.
Che cos’hanno (o hanno avuto) in comune Roma, Milano e Londra?
Gli edifici, le strade, poco altro. Milano mi ha creato in quanto musicista, Londra mi ha violentemente messo davanti la realtà, Roma è il senso di appartenenza e la nascita di una cifra artistica di cui sono felice.
Riesci a fare musica anche sganciandoti dal sistema di algoritmi e playlist? La musica forse è diventata una competizione?
Io scrivo e suono perché questo è il senso della mia vita. Se ci finisco mi fa piacere, ma per me è impensabile concepire un brano per poter finire in qualche playlist. Mi sbilancerò, ma trovo molto triste avere come obiettivo ultimo per la creazione di una canzone quello di essere inserito da qualche parte su Spotify.La musica diventa competizione solo se il tuo fine è competere, e a quel punto ti direi di cambiare rotta; ci sono lavori molto meno competitivi e in cui guadagni il triplo. Se suoni e scrivi per la gioia di farlo, non ti sentirai mai un cavallo in gara.
Hai mai tenuto in considerazione la partecipazione ad un talent?
In realtà non tanto! È un tipo di format che non mi piace particolarmente.