Come, sfortunatamente per loro, in pochi sanno, io suono il basso. Malissimo, ma lo suono. Il basso è uno strumento strano, del quale spesso si sente dire che viene notato solo quando il bassista è scarso.
In effetti, nella maggior parte dei casi, la tessitura armonica dei brani di musica pop e rock (quella fatta da voce-chitarra-basso-batteria, in generale) è molto delegata a voce e chitarra, mentre il basso segue la melodia come accompagnamento e “riempimento” a bassa frequenza, o, al limite, una linea melodica ripetuta e riconoscibile, ma solo raramente con un ruolo centrale.
Un paio d’anni fa sono usciti due studi che dimostrano come il ruolo del bassista sia davvero più critico rispetto a quello a cui siamo portati a pensare, non solo da un punto di vista artistico, ma anche scientifico. Il primo studio, basato su elettroencefalogrammi, ha mostrato come un errore nel tempo di esecuzione di una nota di 50 millisecondi sia avvertito a livello corticale in modo molto più netto (e sgradevole) per le note basse che per quelle alte. Questo studio, eseguito all’università di Hamilton in Canada, ha lasciato stupiti per primi gli stessi sperimentatori. Gli scienziati hanno messo in relazione questa sensibilità superiore alla corretta esecuzione degli attacchi per le note basse con la forma della coclea, un elemento dell’orecchio interno che convoglia le onde sonore all’organo del Corti, il vero “microfono” che trasforma i suoni in segnali nervosi.
Un secondo risultato riportato in questo studio è il fatto che per i partecipanti a questo studio è risultato mediamente più semplice, in modo statisticamente significativo, seguire il ritmo dei toni bassi piuttosto che quello dei toni alti. Ai soggetti è stata fatta ascoltare una sequenza di suoni, alti e bassi sovrapposti, con una leggera dissincronia ed è stato osservato che, se veniva loro richiesto di premere un pulsante in sincronia con il susseguirsi delle note, lo facevano con maggiore precisione quando seguivano la sequenza di bassi piuttosto che quella di alti. Per questo fenomeno non viene proposta una spiegazione fisiologica: gli autori si limitano a registrare il fatto e attribuirlo a una diversa sensibilità del cervello al timing sui toni bassi o alti. In compenso sottolineano come, in effetti, la parte ritmica di un brano sia in un’infinità di casi compito specifico degli strumenti più gravi, siano i timpani di un’orchestra o il basso e la grancassa della batteria di un gruppo rock.
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